La peer review è considerata lo strumento fondamentale per garantire la qualità dell’informazione scientifica. Eppure, da oltre 25 anni viene messa in discussione non soltanto la capacità di questo strumento di filtrare in modo efficace la produzione scientifica, ma anche l’etica di un percorso che può danneggiare i ricercatori più giovani, discriminare le autrici donna, ritardare la condivisione di risultati importanti, penalizzare la vera innovazione o i ricercatori realmente capaci di pensare out-of-the-box. Uno strumento in crisi, dunque, ma di cui non si riesce a fare a meno. Recentemente, gli aspetti critici sono diventati ancora più evidenti sotto la pressione dell’enorme mole di ricerche scientifiche associate a COVID-19 e sottoposte all’attenzione delle riviste. 
La peer review rimane la maggiore garanzia della qualità delle pubblicazioni biomediche. Tuttavia, vista l’esponenziale recente produzione scientifica, viene da chiedersi se le riviste continuano a garantire questa qualità o se, invece, in momenti particolari come questo, il sistema sia messo in crisi.1 Per esempio, siamo sicuri che i revisori siano sempre qualificati? Come si può assicurare che il processo di peer review assicuri sempre la qualità delle pubblicazioni? È possibile immaginare dei correttivi? Il gruppo giovani dell’Associazione italiana di epidemiologia ha raccolto l’invito giunto dai curatori del progetto Forward a loro volta sollecitati da alcuni medici oncologi – Fotios Loupakis, Massimo Di Maio, Raffaele Giusti e Chiara Cremolini – che da tempo si interrogano sui modi per ripensare la revisione critica. L’obiettivo è dialogare su proposte concrete che esortino editor e publisher scientifici a considerare correttivi traducibili in benefici per i ricercatori e per la rapidità e la qualità della disseminazione della ricerca.
Questa rubrica vuole anticipare alcuni degli spunti di riflessione emersi dal dialogo condotto negli ultimi mesi. Inoltre, in occasione del XLV Convegno AIE (2021),2 il gruppo di lavoro si è impegnato a raccogliere dati e proposte attraverso un questionario online compilato da 518 ricercatori, diversi per genere, età, anni di esperienza e discipline professionali. I risultati di questa indagine verranno raccolti dal gruppo AIE-giovani e sintetizzati in un articolo scientifico che riassumerà, tramite numeri e statistiche, la voce e l’opinione dei ricercatori coinvolti. 
L’obiettivo finale sarà di valutare e descrivere quali possano essere i determinanti che caratterizzano la risposta del ricercatore al mondo della peer review
Per essere il più concreti possibile, la discussione realizzata fino a oggi si è concentrata su alcune tematiche specifiche che ruotano nell’ambito dei processi di peer review

Format del contenuto

Ogni rivista sceglie il format col quale pubblicare i propri contenuti. Però, adattare i propri contributi a istruzioni per autori sempre diverse ad ogni successiva submission è – per gli autori – un onere pesante e non giustificato. Proponiamo dunque che le riviste accettino di valutare articoli preparati secondo le linee guida formali degli Uniform Requirements dello International Committee of Medical Journals Editors (ICMJE). Solo successivamente all’accettazione del lavoro ciascuna rivista potrà redazionalmente apportare le eventuali modifiche utili ad uniformare i documenti alle proprie Instructions for Authors. Perché non adottare questa semplificazione per alleggerire il lavoro di autrici e autori?

Numero degli autori

La firma di un lavoro (authorship) conferisce credito e ha importanti implicazioni accademiche, sociali e potenzialmente anche economiche. La authorship implica anche responsabilità e accountability per il lavoro pubblicato. È sempre più condivisa l’esigenza di promuovere e condurre ricerca collaborativa e questo può portare alla condivisione della authorship tra molti clinici e ricercatori. Ciò premesso, perché non lasciare libero il numero degli autori di un articolo di ricerca, qualora siano rispettate le regole per la authorship previste dalla ICMJ)?

Tempi di valutazione

I tempi di valutazione degli articoli sono spesso molto lunghi e l’elevato numero di submission e la ridotta disponibilità di referee rende questo problema sempre più sentito dagli autori. Alcune riviste dichiarano il tempo medio che intercorre tra sottomissione e pubblicazione, mentre alte prevedono la possibilità di attivare procedure accelerate in relazione al tema della ricerca. Tuttavia, manca una generale presa in carico del tema legato ai tempi che intercorrono tra la sottomissione dell’articolo e la pubblicazione. Fermo restando il diritto di ogni rivista di decidere autonomamente i tempi della revisione, il rispetto delle legittime aspettative delle autrici e degli autori dovrebbe tradursi in un’esplicitazione del tempo massimo almeno per la prima risposta da parte della rivista. Perché non lasciare liberi gli autori di sottoporre il proprio lavoro a un’altra rivista – beninteso, rinunciando alla prosecuzione del percorso di revisione avviato – in assenza di riscontro da parte dell’Editorial Office entro il tempo limite indicato dalla rivista stessa?

Trasparenza della peer review

La visibilità agli autori e ai lettori dei nomi dei referee è considerato un elemento utile per rafforzare il senso di responsabilità del revisore. Del resto, è ormai prassi consolidata esplicitare a margine del lavoro pubblicato alcuni punti essenziali del processo di revisione, come per esempio la data della submission o le caratteristiche della revisione (“Invited paper”, “Internal or external peer review” eccetera). Perché non indicare anche il nome del o dei referee?

Bias di genere

Negli Advisory board di gran parte delle riviste c’è un frequente e marcato squilibrio di genere che può influire negativamente sull’ampiezza di sguardo e sulla completezza della valutazione. Pur non avendo a disposizione una statistica specifica rispetto all’attività di revisione scientifica, è plausibile attendersi che le differenze di genere rilevate nei comitati scientifici possa avere un impatto sulla costruzione degli indici delle diverse riviste. Perché non garantire un’equilibrata rappresentanza di genere tra chi governa il contenuto scientifico delle riviste che si rifletta anche in una più bilanciata attività di revisori di genere femminile?

Riconoscimento/incentivo per il lavoro di revisione

Attualmente, diverse riviste offrono ai revisori una “ricompensa” per il lavoro svolto: abbonamento alla rivista stessa, libri in dono, talvolta crediti formativi. Cosa potrebbe realmente rappresentare un reward per chi svolge con accuratezza il lavoro di revisione? Perché non pensare di inserire ufficialmente tale attività nella carriera e nei percorsi di formazione continua di ricercatori e degli operatori sanitari?
Si tratta di domande aperte a cui abbiamo provato ad associare alcune possibili soluzioni realizzabili anche a breve termine, ma che necessitano un rinnovato accordo tra le parti. In prospettiva, si potrebbe pensare a un sistema totalmente rinnovato, dove le ricerche presentate nel loro insieme (protocollo, risultati e appendici varie) trovino spazio su piattaforme aperte e la revisione venga lasciata direttamente alla comunità scientifica, libera di interagire direttamente con critiche e commenti utili a migliorare la qualità del lavoro fatto. Le riviste, a questo punto, potrebbero diventare un luogo di incontro per il dibattito scientifico con aggiornamenti, scambi di idee e approfondimenti anche ricorrendo agli strumenti del giornalismo investigativo.
Ci auguriamo che i risultati della survey in corso potranno arricchire e tener viva questa discussione contribuendo a mantenere vivo il dibattito su uno strumento tanto utilizzato quanto bisognoso di una revisione critica condivisa.

Bibliografia

  1. Else H. How a torrent of COVID science changed research publishing - in seven charts. Nature 2020;588(7839):553.
  2. XLV Convegno dell’Associazione italiana di epidemiologia. Transizioni epidemiologiche. Disponibile all’indirizzo: https://www.epidemiologia.it/xlv-convegno-aie-2021

L’Associazione italiana di epidemiologia ha invitato Forward a curare una sessione del Convegno 2021 dedicata alla peer review: è stata l’occasione per ragionare su alcuni aspetti importanti della valutazione della ricerca e per definire 6 punti preliminari da portare all’attenzione di direttori di riviste scientifiche.

Alla discussione e alla preparazione di questo documento hanno contribuito: Dipartimento di Epidemiologia del Servizio sanitario regionale del Lazio, ASL Roma 1: Antonio Addis, Federica Asta, Lisa Bauleo, Valeria Belleudi, Tiziano Costantini, Ursula Kirchmayer, Francesca Mataloni, Matteo Renzi, Alessandro Rosa; Università di Pisa: Chiara Cremolini, Davide Petri; Il Pensiero Scientifico Editore: Luca De Fiore, Rebecca De Fiore; Università degli Studi di Milano e Agenzia per la Tutela della Salute della Città Metropolitana di Milano: Francesca De Nard, Rosella Murtas; Dipartimento di Oncologia, Università di Torino, AO Ordine Mauriziano di Torino: Massimo Di Maio; Servizio di Epidemiologia, Azienda USL- IRCCS di Reggio Emilia: Olivera Djuric, Marta Ottone, Francesco Venturelli; Azienda ospedaliera Sant’Andrea di Roma: Raffaele Giusti; Cergas, Università Bocconi: Elisabetta Listorti; Associazione KISS Onlus: Fotios Loupakis; Università di Torino: Alessandra Macciotta, Giovenale Moirano; Università degli studi della Campania “Luigi Vanvitelli”: Vittorio Simeon.

 

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