Renzo Tomatis, Uno scienziato scomodo
L’ultimo giorno d’estate, è morto a Lione, a 78 anni, Renzo Tomatis, scienziato e scrittore, ma soprattutto uomo giusto. Le reti e-mail internazionali dei movimenti impegnati per il diritto alla salute e per un ambiente pulito si sono subito riempite di messaggi di cordoglio. Le partecipazioni del mondo scientifico, per il quale era un personaggio scomodo, verranno dopo.
Eppure, Tomatis aveva un curriculum scientifico del massimo rispetto.
Di origine triestina e laureato a Torino nel 1953, dopo periodi di tirocinio in igiene e anatomia patologica a Torino e in cancerogenesi sperimentale a Chicago, iniziò a lavorare alla Agenzia Internazionale per le Ricerche sul Cancro dell’OMS (IARC) di Lione alla fine degli anni 60. Dirigeva l’Unità di Cancerogenesi e si pose subito il problema della socializzazione delle osservazioni scientifiche sui rischi di cancro ambientale, per lo più sepolte nelle biblioteche universitarie. Nacquero cosi le autorevoli Monografie IARC per la valutazione dei rischi cancerogeni. Nella produzione delle monografie Renzo – avant la lettre – seppe introdurre due grosse novità: l’approccio multidisciplinare e la coesistenza del rigore con trasparenza e comunicazione ai non addetti ai lavori di certezze e incertezze scientifiche. Renzo divenne successivamente direttore della IARC, e la sua direzione segnò una vera e propria esplosione (anche in istituzioni che collaboravano con la IARC, tra cui diverse italiane) di ricerche per produrre nuove conoscenze per la prevenzione primaria dei tumori e per convertire le nozioni acquisite in intervento operativo.
Dopo il pensionamento, dalla sua casa di Aurisina vicino a Trieste, Renzo seppe integrare la sua competenza e intelligenza in molte iniziative di base su salute e ambiente, ai due lati dell’Atlantico. Divenne anche presidente della sezione italiana della Associazione internazionale dei medici per l’ambiente.
La produzione letteraria di Renzo – a cavallo tra la saggistica e il romanzo – descrive le contraddizioni, le debolezze e i vizi del milieu scientifico. I contenuti si evolvono linearmente da Il Laboratorio (Einaudi 1965) a Il fuoriuscito (Sironi 2005). Il primo è centrato sulle contraddizioni del giovane scienziato schiacciato tra la melmosa pigrizia culturale dell’accademia italiana e le ambigue lusinghe del sistema scientifico americano. I libri più recenti raccontano le pressioni del potere economico sulla ricerca nel mondo della tossicologia e della epidemiologia e gli irrisolti conflitti di interesse dei ricercatori.
Sono molti coloro (me compreso) che hanno avuto il privilegio di fruire dei suoi consigli e della sua guida. Una serie di prove di intelligenza e di generosità che ora è importante non disperdere.
Benedetto Terracini
Direttore di Epidemiologia & Prevenzione
(Tempo Medico, 25 settembre 2007)
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