Non sono onestamente in grado di distinguere quale tra i principi fondanti del SSN, dalla sua nascita ad oggi, si sia affievolito maggiormente. Credo che tutti, complessivamente, si siano ridimensionati nella loro essenza e siano, pertanto, destinati a sfumarsi progressivamente nel tempo. Faccio riferimento, più puntualmente, a due questioni:
- al senso politico che quei principi hanno rappresentato nel contesto storico in cui sono stati definiti;
- alla possibilità che quella visione sia, se non rilanciabile, quanto meno difendibile nell'attuale contesto.
Mi sono laureato un anno prima della riforma e quei principi sono stati una sorta di imprinting ideologico e deontologico, per me così come per gran parte delle generazioni di medici che quel processo hanno favorito con un impegno politico diretto, o di cui hanno condiviso il valore o nel quale, più semplicemente, si sono formati. Il SSN ha rappresentato, alla sua nascita, un'ipotesi nella quale si sono riconosciuti non solo i nuovi medici ma anche un vasto schieramento di forze politiche e sociali dei lavoratori, di associazioni culturali e scientifiche. Medicina democratica, la Società di Verifica e Revisione della Qualità, il Tribunale per i diritti del malato, la Società per la Analisi Partecipata della Qualità, Donna e Salute sono solo alcuni esempi di quella galassia (oramai in estinzione). Il cemento che univa tutti era una visione "ideologica" (in senso epistemologico) orientata verso i principi, appunto, di equità, universalità e uguaglianza per il diritto alla salute.
In ambito medico ci fu una vera e propria rivoluzione di ruolo: da antica professione liberale privatistica a moderna professione sociale. Gli stessi Ordini dei medici, in quegli anni, furono investiti da quella mutazione generazionale.
La riforma Mariotti degli ospedali, il riordino della Medicina di Base (con l'abolizione delle mutue e l'individuazione degli ambiti territoriali per i MMG) e l'istituzione del SSN con la 833 sono state, in un decennio dal 1968 al 1978, le tappe di quella rivoluzione. È bene ricordare che in ognuna di quelle fasi si sono verificate infornate massive di operatori sanitari, favorite anche dall'accesso di massa alle facoltà mediche e scientifiche. Generazioni di medici e professionisti sanitari ormai quasi tutti in pensione o quasi, con il loro bagaglio culturale oltre che professionale.
Il contesto storico attuale, purtroppo, è profondamente mutato e la tensione politica e sociale per la tutela dei principi fondanti del SSN si è, già da molti anni, allentata. E così è cambiato anche il modo di intendere il proprio ruolo professionale da parte dei nuovi operatori sanitari, con un reflusso sempre più riconoscibile verso una concezione e interessi di tipo privatistico. In assenza di memoria storica e di tradizione dell'essenza del SSN, di una formazione adeguata sui principi, ordinamento e organizzazione dei servizi nei quali si viene inseriti, è inevitabile lo smarrimento di senso della missione del SSN.
Si può stare a discutere su quali livelli della assistenza soffrano di più in questo processo di sgretolamento, ma è evidente che:
- di prevenzione del rischio ambientale e professionale, fortemente enfatizzati nella 833/78, non vi sia più cenno alcuno nelle nuove norme ordinamentali del SSN (per rischio si intende, ormai, solo quello clinico);
- il ruolo di governo delle comunità locali e la partecipazione civica per il controllo della qualità dei servizi sono un'ipotesi dell'irrealtà;
- piuttosto che una promozione della salute in tutte le politiche, si è verificata una diffusa promozione politica per i quadri dirigenti;
- la medicina di base e primaria sta abdicando dal suo ruolo essenziale di regolazione dell'accesso ai LEA e, soprattutto, di gestione e presa in carico della cronicità, ormai orfana in quanto espulsa anche dall'assistenza ospedaliera, perché "rea" di inappropriatezza organizzativa;
- le prestazioni chirurgiche LEA, trasferite obbligatoriamente al regime ambulatoriale ordinario o di day service, sono sostanzialmente inesigibili sia in ambito ospedaliero che territoriale e, a causa di lunghe e oscure liste d'attesa e di oggettive carenze organizzative, rappresentano il terreno di caccia privilegiato per le prestazioni a pagamento.
Probabilmente, il settore che reggono ancora sono quelli dell'assistenza alle gravi acuzie e dell'emergenza ospedaliera. Ma sino a quando, visto lo stato di grave sofferenza (e di crisi vocazionale) di questi servizi e il definanziamento progressivo a cui è destinata la sanità pubblica?
Eppure, continuo a sperare che, se insieme alla difesa di ciò che regge ancora della sanità pubblica, almeno si potesse sviluppare il Chronic Care Model per la presa in carico e la gestione appropriata dei pazienti cronici e fragili nei nuovi presidi previsti dal PNNR, potremmo ancora testimoniare l'esistenza dei principi di universalità, uguaglianza e equità nell'assistenza sanitaria e sperimentare una via per la sostenibilità di una sanità pubblica.
Al di là della (pretenziosa, anche se indefinita) terminologia utilizzata nei diversi documenti nazionali di programmazione sanitaria (essenziali, uniformi, garantiti, compatibili, …), di fatto la attuale definizione di LEA altro non è che l’elenco delle prestazioni che possono essere erogate sotto il cappello (cioè con le risorse) del servizio sanitario nazionale (SSN). Le attività (servizi, prestazioni, …) che non sono comprese negli elenchi LEA (ultimi quelli del 2017) possono essere erogate ma non con le risorse del SSN. Naturalmente questi elenchi possono essere modificati nel tempo, anche se, alla luce di quello che è successo in questi anni e della lunghezza dei percorsi e dei tempi amministrativi, forse è utile trovare una maniera più snella per la semplice manutenzione degli elenchi.
Nota Bene: per le finalità di questo mio contributo non è utile entrare nel merito degli elenchi di prestazioni per valutare se sono completi (incompleti? sovrabbondanti?) o se debbano essere ulteriormente modificati.
La definizione e l’indicazione delle attività erogabili (o come altrimenti le vogliamo chiamare) sono state poi integrate con una metodologia di valutazione, anche questa aggiornata nel tempo, ma la metodologia valutativa (quella oggi in vigore, o qualsiasi altra) non modifica il significato degli attuali LEA. Per esempio, non fa diventare “essenziale” quello che è semplicemente “erogabile”, per cui dalla classifica (o valutazione numerica) che emerge non si può dire che alcune regioni non erogano servizi e prestazioni essenziali (qualsiasi significato si voglia dare al termine “essenziali”) ed altre sì: al massimo si può dire che alcune regioni ne erogano di più ed altre di meno, si può dire che chi ne eroga di più è preferibile a chi ne eroga di meno (o viceversa), si può assegnare un premio o una punizione in funzione dell’esito del processo di valutazione, e così via a seconda degli obiettivi e del percorso di valutazione che si mette in atto.
Stabilito quindi cosa si può erogare (e forse è più facile farlo “ad excludendum” piuttosto che con elenchi positivi) si tratta di pensare se è opportuno alzare il livello della decisione introducendo qualche altro criterio, un criterio però (per superare l’attuale difficoltà) che corrisponda a qualche tipo di definizione esplicita. Su questa strada il contributo di Cislaghi fa chiaramente capire le difficoltà che si possono presentare, e la mia opinione è che non sia possibile (o meglio, non sia opportuno o accettabile) introdurre qualche criterio di valore (essenzialità, indispensabilità, irrinunciabilità, …) che implicherebbe qualche tipo di inaccettabile limitazione.
A questo punto si aprono a mio modo di vedere due questioni, una interna alla definizione dei LEA ed una esterna.
In sintesi. Passare da livelli “essenziali” a livelli “erogabili”; aumentare le garanzie verso i soggetti più fragili; introdurre criteri espliciti di razionamento per raggiungere la compatibilità economica del SSN.
Tutto questo con riferimento esplicito alla definizione di LEA, ed a prescindere dal fatto che sulla mancata erogazione ed il mancato rispetto dei tre principi intervengono fattori non imputabili alla definizione di LEA ma al cattivo funzionamento del SSN.
Cominciare con "concordo pienamente" non è di moda ma, stavolta, è dovuto.
Non è solo una questione di "coperta corta", problema reale in peggioramento, è un problema di prospettiva: qualcuno (non credo nei "poteri forti", i "colpevoli" sono persone) non da oggi sta spingendo per un disamoramento verso il pubblico a tutti i livelli. Il primo e rivoluzionario passo dovrebbe essere far sentire medici ed operatori quello che sono: una risorsa vitale per la salute della società. Utopia? Forse si ma se non si comincia con un sogno è difficile trovare energie per un'opera lunga e per nulla facile
Non c’è dubbio che, a causa delle lunghe liste d’attesa, venga tradita la promessa di equità, uguaglianza e universalità delle prestazioni sanitarie del SSN.
Potremmo chiederci, come siamo stati invitati a fare, il perché del tradimento e come sia possibile cercare di mantenere questa promessa disattesa. A proposito del perché, non è tanto una questione di finanziamenti, così come ci suggerisce Cesare Cislaghi. I cambiamenti da invocare devono essere ben più radicali. Non ci si può limitare a correggere singoli difetti o ad aggiustare in modo incrementale i bilanci della sanità. E’ folle, infatti, così come sosteneva Einstein, voler risolvere un problema ricorrendo alla stessa mentalità e alle stesse logiche che hanno contribuito a crearlo. La logica di fondo che va cambiata, perché non consentirà mai di raggiungere un appropriato equilibrio tra domanda e offerta di prestazioni sanitare, ha a che fare con un modo sbagliato di pensare ai servizi sanitari. Essi non vanno più concepiti come un settore importante dell’economia di mercato: un settore caratterizzato da un’alta intensità tecnologica, trascinato da continui progressi scientifici e suscettibile di una domanda sconfinata. In una prospettiva di economia di mercato queste caratteristiche dei servizi, per chi vuole approfittarne, alimentano una fonte sicura e inesauribile di buoni ritorni economici, anche a scapito di potenziali guadagni di salute. La sanità è ormai entrata a far parte della sfera della produzione, del consumo e della pubblicità.
Ma il posto della sanità non è nel mercato perché deve rispondere a bisogni eminentemente sociali, non solo a bisogni individuali. E’ nell’interesse di tutta la società prevenire e curare le malattie. Se si ammala il componente di una famiglia stanno male, in qualche modo, anche i suoi familiari e ne risentono, per certi versi, tutte le persone appartenenti alla rete di relazioni cui il malato è legato. Ne viene, poi, colpito anche la produzione.
I servizi sanitari devono, perciò, essere concepiti come elementi essenziali di un sistema di sicurezza sociale, non più come un settore importante dell’economia di mercato. Questo cambiamento di prospettiva ha delle implicazioni profonde sugli scopi dei servizi che non sono più identificabili con la salute dei bilanci aziendali, ma con la salute dei cittadini e dei malati. Negli ospedali non devono essere più selezionate, ad arte, le patologie che rendono maggiormente, i casi meno problematici e i trattamenti a maggior margine di profitto, anche perché, così facendo, si finisce per snaturare il ruolo tipico delle professioni di aiuto. Va cambiata la logica di fondo, vale a dire l’etica e la politica che presiedono al funzionamento dei servizi sanitari.
Ci accorgiamo, così, che nell’ambito di un sistema di sicurezza sociale assumono una pregnanza diversa i significati di alcune parole che devono costituire le basi fondamentali su cui costruire un Servizio sanitario nazionale rinnovato nelle sue finalità e nelle sue funzioni. Le basi su cui far leva sono, soprattutto, tre: la prevenzione, la definizione delle priorità e l’appropriatezza.
Per quanto riguarda la prevenzione, bisogna adottare un nuovo modo di concepire la salute. E’ stato il nuovo millennio a chiarirci le idee sulle potenzialità della prevenzione, quando ha inaugurato i progressi della epigenetica. I vari fattori ambientali interagiscono coi geni di tutte le cellule del nostro corpo e ne regolano le funzioni. Il libro della vita non è, quindi, tutto scritto nel Dna. Molto è scritto nell'ambiente in cui viviamo, nel cibo che mangiamo, nell'aria che respiriamo, nell'acqua che beviamo, nella qualità dell'accudimento che ha improntato le prime fasi della nostra vita. Alla luce di queste scoperte, si è capito che esistono delle società sane e delle società malate, profondamente inquinate. Ma l'inaugurazione dell'epigenetica tra le nuove discipline scientifiche del terzo millennio deve avere anche delle implicazioni profonde nell'ambito dell'etica e della politica. Le nuove evidenze scientifiche possono contribuire a un miglioramento significativo della qualità della vita se vengono integrate nella gestione politica ed economica della società avviando delle bonifiche coraggiose delle nostre società, impoverite da un eccesso di sperequazioni e a lungo maltrattate dai dispositivi dell'ingiustizia sociale.
La seconda leva su cui puntare è la definizione delle priorità. Stabilire le priorità è una scelta etica e politica, ineludibile in presenza di risorse scarse. I bisogni sanitari, infatti, sono virtualmente senza fondo. Bisogna, allora, stabilire, come ci ha invitato a fare Giuseppe Costa, per quali di questi bisogni esistano dei rimedi efficaci e stilare una graduatoria di questi rimedi sia sulla base dei guadagni di salute apportati che dei costi sostenuti per ottenerli. Intese in questo modo le priorità non possono essere più confuse come un impegno di retroguardia perché “limitano la portata del rispetto di un diritto fondamentale”. Al contrario, definire le priorità garantisce la tutela del diritto alla salute perché mira a ridurre gli sprechi e ad assicurare le risorse per soddisfare i bisogni reali, suscettibili di beneficiare di guadagni di salute.
Passato il filtro delle priorità, le prestazioni devono passare anche attraverso quello dell’appropriatezza: è questa la terza leva su cui puntare per un buon funzionamento dei servizi sanitari. La cultura dell’appropriatezza si combina bene con la definizione delle priorità perché ci invita, a sua volta, a tener conto dei costi e dell’efficacia delle prestazioni nel procurare guadagni di salute. Lo fa nei confronti dei singoli malati, con il corredo delle loro specifiche peculiarità. Perseguire l’appropriatezza significa, infatti, fare le cose giuste alla persona giusta, al momento giusto e nei giusti contesti. Significa anche investire in modo convinto nello studio e nella ricerca finalizzata all’affinamento delle indicazioni di farmaci, esami diagnostici e strumentali, dispositivi medico-chirurgici e interventi. Si tratta di una ricerca molto osteggiata dall’industria della salute, che ha tutto l’interesse nel dilatare le indicazioni (anziché affinarle), vale a dire ad allargare il più possibile la platea dei soggetti da trattare, indipendentemente dal fatto che ne traggano o meno beneficio. Così come succede per la definizione delle priorità anche l’appropriatezza è a rischio di essere trascurata nel caso in cui i servizi sanitari siano concepiti come un settore dell’economia di mercato. I criteri della selezione dei bisogni e della scelta delle prestazioni vengono, infatti, completamente stravolti da una visione mercantilistica della sanità.
C'è qualcosa di radicalmente sbagliato in quello che accade. La politica deve dar prova di riconoscerlo. Si tratta di non tradire un principio molto semplice: la sanità deve giovare prima di tutto ai cittadini e ai malati. In conseguenza dei benefici che arreca, essa è perfettamente in grado di giovare a numerosi altri attori del sistema sanitario. Non è uno scandalo, infatti, che, grazie alle utilità che procura, possano riversarsi sostanziali vantaggi anche su industrie, istituti, società, ospedali e professionisti. Non deve, invece, più accadere che, per saziare l’avidità di qualcuno, medicina e servizi non solo perdano di vista il bene del malato, ma talvolta finiscano, addirittura, per fare consapevolmente il suo male.
Mi preoccupano le aggressioni al personale sanitario; le liste d'attesa che rimandano a ospedali a 250 km di distanza; l'atteggiamento di molti medici che, depressi dallo statu q quo, lavorano come in catena di montaggio.
E' la Medicina che mi preoccupa: sempre più connessa alla farmaceutica. Vedo vecchietti in farmacia che escono con un sacchetto della spesa pieno zeppo di farmaci, molti dei quali servono a contrastare l'interazione dei farmaci precedenti...
Mi preoccupa che non sia più una Medicina della Cura, una Medicina dell'attenzione e della valutazione.
Mi preoccupa che oggi l'AI possa fare diagnosi più precise di un Medico esperto che non ha tempo per ragionare sui dati.
Mi preoccupa quanto è sfruttato il personale sanitario...(turni, responsabilità, stipendio)
...e siamo considerati il miglior Sistema Sanitario d'Europa...
Talmente d'accordo con quanto scritto che porrei come prima questione quella del recupero del significato nel nostro Paese del SERVIZIO PUBBLICO e all'interno di esso della SANITÀ e del SSN.
Per questo l'aggiornamento del SSN, a fronte del preponderante consumismo di utenti e affarismo di operatori (corporativamente tutelato), richiede la disciplina dei conflitti di interesse, il pieno riconoscimento statutario di chi sceglie di operare in esclusiva per il SERVIZIO PUBBLICO e le regole di ingaggio dei professionisti a prestazione, la radicale riforma della medicina generale (insegnare e curare richiedono operatori pubblici dedicati), un'autority articolata a livello regionale con funzioni di vigilanza oltre che di indirizzo.
Equità, Uguaglianza, Universalità, Non pervenute, forse un tempo ma oggi traspare la volontà di rendere il SSN un servizio di serie C al fine di favorire il privato. Credo che sia una volontà politica mossa da interessi economici personali.
Lucido e propositivo come sempre, Cesare Cislaghi, in questa analisi inappuntabile... Io credo che oggi la sopravvivenza del SSN si giochi nel territorio, e mi fanno rabbrividire alcune proposte, in Lombardia, di affidare la gestione delle Case della Comunità a cooperative private!
Con Marco ho condiviso i miei primi 20 anni di attività di ricerca, dal ‘78 in cui iniziai la mia tesi di laurea su applicazioni di analisi discriminante in antropologia e con lui, mio correlatore, usammo il pacchetto SPSS versione 6 (adesso siamo alla 30). Marco aveva una scrivania in una stanza della Fisiologia Clinica del Cnr, nell’ospedale di Pisa, in cui avevano una scrivania Rodolfo, ormai trasferito a Lione, Mariangela Vigotti, Giuseppe Rossi, Fabio Mariani, Renzo Cristofani e alcuni altri che ruotavano sulle stesse scrivanie o ne condividevano porzioni. Si lavorava con telescrivente, i primi monitor IBM, e schede perforate in una macchina che prendeva metà della stanza contigua. Marco, che tutti i giorni veniva da Firenze, era assistente con incarico di Statistica a scienze Biologiche, arrivato l’anno prima da Statistica medica e Biometria di Milano, dove aveva fatto parte del gruppo dei giovani di Maccacaro, e si trovava lì il 15 gennaio del ‘77 quando venne stroncato da un infarto, da poco conclusa la riunione del comitato di redazione di EP.
Con Marco ho condiviso la stanza in tutte le sedi successive, collaborando sui sistemi statistici per la sorveglianza epidemiologica che Marco proseguirà ad approfondire con Giuseppe Rossi e altri colleghi, sui registri di patologia e in particolare quelli delle malformazioni congenite che stavamo sviluppando in Italia e in Europa, sull’organizzazione degli osservatori epidemiologici regionali, e su diversi altri argomenti.
Con Marco siamo stati colleghi e amici, anche dopo il suo ritorno a Firenze.
A Marco devo il suo insegnamento di statistica, le lunghe discussioni di politica sanitaria dopo la legge 833, la sua pervicace combattività, la condivisione di tante collaborazioni preziose e formative, un rapporto fraterno mai conflittuale. Con Marco se ne va anche un pezzo di me stesso e sono mortificato di apprendere la notizia mentre sono all’estero e di non poter essere a Firenze e stringermi a tutti i suoi cari.
Solo ora ho saputo che non ci sei più! Cara Nunziella, l’ultima volta ti ho sentito al citofono della tua casa nel 2021. Sapevo dove abitavi e, andando per patronati intorno a Piazza Vittorio per la prossima pensione, non ho resistito all’idea di salutarti e di proporti un caffè. Mi hai risposto che eri immobilizzata con stampelle e non potevi scendere ma eri stupita che, dopo diversi anni, “ti venissi a cercare” semplicemente come ci fossimo lasciate il giorno prima. Ci eravamo lasciate nel 2016 quando eravamo insieme nella giornata in ricordo di Antonio Reggiani all’Istituto Superiore di Sanità (“una “bella figura” di medico del lavoro pubblico, una delle più belle dell’Italia repubblicana”, come ha scritto Franco Carnevale). Così ci siamo brevemente raccontate delle nostre vite a distanza. Il tuo stile era rimasto quello di sempre sintetico per niente cambiato, poche parole bersagli sicuri sul vero, così come la tua feroce e puntuale critica su quanto stava accadendo nella nostra sanità pubblica, passione comune. Ci siamo conosciute e stimate nel servizio territoriale di igiene e sanità pubblica di Aprilia (Latina), tu testardamente e precocemente impegnata nel difendere l’ambiente e contrastare l’inquinamento del fiume Sacco dai pesticidi, io sul fronte della salute al lavoro tra infortuni e malattie. Sono passati poco meno di quaranta anni e i problemi di inquinamento del fiume Sacco, che tu avevi da subito identificato come prioritari, sono ancora lì nell’ultima ora del telegiornale regionale del Lazio …. Sei stata sì una bella persona di grande coerenza con una storia difficile, di poche parole ma di grande sensibilità e onestà intellettuale. Una perla rara e ringrazio Francesco Forastiere che ha saputo preservare negli anni la tua competenza e trovato le mediazioni possibili con un sistema respingente che, mi riferivi con disappunto, ti aveva penalizzato anche nella pensione. Grazie Nunziella per essere stata una “giusta” e aver portato la tua visione autentica in un mondo così difficile esponendo il tuo fragile e forte cuore venuto dalla Sicilia. Ti porto con me. Silvana Salerno
Manteniamo una forma ridotta di uso di carta riciclata. Non priviamoci totalmente dei piaceri cui siamo abituati, soprattutto se sono innocenti.
Difendiamo i diritti delle minoranze, anche di quelli che sospettiamo a volte che l'informatica ci ha complicato la vita e, comunque, la ha resa meno bella o divertente. Sicuramente più efficiente! Ma a volte....
D'altra parte, come amava citare un mio vecchio professore di farmacologia - tra i primi negli anni sessanta del secolo scorso a fare analisi con giganteschi elaboratori elettronici e schede perforate (comprese le tesi di laurea degli studenti!)- : " è meglio una tavola pitagorica in mano ad Enrico Fermi, che un calcolatore elettronico in mano a un cretino"....
Valutate per un attimo quanti fastidi quotidiani ci apporta la pur necessaria e benemerita informatica, oppure quante persone, Enti o imprese (banche!!!) ne approfittano: salviamo quindi per noi minoranze arretrate (zoccoli duri!) il piacere di sentire tra le mani notizie e risultati di studi che confermano, trascorsi i decenni, l'utilità di come abbiamo vissuto. Quindi, rimandiamo l'abolizione totale della carta di un altro breve, sopportabile lasso di tempo, in attesa che i vecchi ruderi saremo definitivamente scomparsi. Cmq:BUON LAVORO e grazie.
Grazie a Franco Carnevale per questo meraviglioso regalo, che non è il primo.
E grazie per tenere viva e attenta la memoria sui fatti accaduti, in modo da trattenerli nel presente come monito, avvertimento ma anche ricordo e celebrazione delle vittime!
Condivido in pieno l'intervento di Cesare Cislaghi. Lo scopo della norma è differenziare sempre più le disuguaglianze tra Nord e Sud. Non si sente più parlare di interventi strutturali per il Mezzogiorno (a parte l'abominio del ponte sullo stretto). La questione meridionale di Salvemini per me è solo un vago ricordo liceale, di oltre 50 anni fa.
Al di là di queste considerazioni sulle dinamiche mondiali del potere, oggi le risorse a noi disponibili dipendono dal nostro PIL, dell'entità del gettito fiscale e in definitiva dal bilancio dello Stato. E quindi, nel breve e nel limitato nostro orizzonte, dobbiamo ragionare su come meglio utilizzare le nostre limitate risorse. Poi se lo scenario mondiale cambierà (temo possa cambiare in meglio) faremo altri ragionamenti!
Caro Carlo,
grazie per il tuo commento. Io la penso un po’ diversamente dal tuo ragionamento per me troppo « ingegneristico ». Tu parti dai diritti/bisogni e pensi che stimando i costi per soddisfarli si può arrivare a determinare il fabbisogno sanitario.
Uno però degli assiomi accettato dagli economisti sanitari è che la domanda in sanità può considerarsi infinita, senza limiti, almeno nei dintorni dell’attuale domanda soddisfatta. Il problema quindi, secondo me, deve essere rovesciato. È sí necessario determinare i diritti e rilevare i bisogni ma poi, con una scelta che non può non essere che del tutto politica, si deve determinare quante risorse si vogliono raccogliere e di queste quante poi assegnarle alla sanità! Determinato il fondo sanitario disponibile allora il problema diventa la scelta delle priorità e la misura di risposta ai vari bisogni, compito che è dalla programmazione sanitaria che è un mix di politica e di buona tecnica. Ciascuno, vuoi ciascuna Regione, vuoi ciascun settore sanitario, vuoi ciascuna fascia di popolazione, vorrebbe ovviamente che i propri bisogni fossero interamente soddisfatti, ma questo non può avvenire a scapito dei bisogni altrui. Se le risorse pubbliche sono di tutti, indipendentemente da chi le ha conferite, allora non è corretto voler dare a qualcuno di più che agli altri. In questo senso credo che i LEA determinino di più ciò che NON deve essere erogato che ciò di cui si ha diritto che venga erogato. Insomma rendiamoci conto che viviamo in una realtà con risorse limitate e se diamo a qualcuno di più é inevitabilmente dare ad un altro di meno. E credo che in sanità l’equità sia un criterio assoluto imprescindibile anche se purtroppo spesso violato.Ho conosciuto Nunziella nei primi anni Ottanta, periodo di crescita vigorosa dell’epidemiologia in Italia , e in tanti altri Paesi. Di lei ricordo innanzitutto la passione per questa disciplina che offriva una criteriologia elegante per graduare la persuasività scientifica degli interventi di sanità pubblica. Il suo rigore metodologico si coniugava già allora con la forte attenzione per le problematiche etiche sottese alla ricerca in sanità pubblica.
Nunziella da un lato si misurava con lo studio dell’epidemiologia con un respiro internazionale, e al tempo stesso osservava, nei territori in cui operava, conferme, ovvero mancate conferme, alle indicazioni fornite dalla letteratura. Tutto questo con semplicità e leggerezza, coinvolgendo i collaboratori e sempre contribuendo alla crescita dei giovani.
Nunziella era forte e sincera e portava avanti con decisione le sue idee, sempre motivandole. Era generosa e tenace, una vera civil servant.
Caro Cesare,
premesso che i quattro miliardi di cui parli io ce li avrei, anche se non saprei come passarli al SSN (in contanti: ma a chi? con un unico assegno – ma si puo'? – o con tanti assegni da 4.000 € - e questo so che si può; oppure con un bonifico bancario – ma non so se il SSN ha un IBAN), ti dico subito che non li do al servizio sanitario, e questo non perché sono tirchio e ho il braccino corto bensì perché non penso che il problema del SSN di oggi siano 4 miliardi in più (o magari anche 8). Oh, intendiamoci, un po’ di risorse in più fanno certamente bene perché permettono di fare cose che oggi non si fanno o di fare meglio cose che oggi non si fanno bene (come nel lungo elenco di possibilità che hai provato ad esemplificare): la questione fondamentale però è il rapporto che c’è (o che non c’è, come io penso) tra diritti e risorse. Vediamo cosa vuole dire.
Da una parte, i legislatori, diversi nel tempo, che hanno stabilito i diritti che il SSN deve garantire (art. 32 della Costituzione, Legge 833/1978, Dlgs 502/1992, Dlgs 229/1999, Dpcm 29.11.2001, Dpcm 12 gennaio 2017, …) non hanno però saputo indicare quante risorse servono per garantire quei diritti; d’altra parte, i governi che si sono succeduti, anch’essi diversi nel tempo, hanno stabilito le risorse da allocare al SSN ma nessuno di loro è stato in grado di dire se le risorse messe a disposizione permettono effettivamente di garantire i diritti stabiliti dai legislatori. Diritti e risorse sono due oggetti che non si parlano, due linee che non si incontrano, come le rette parallele nella geometria euclidea. Certo, lo so che ci sono anche altre geometrie dove le rette parallele si incontrano (all’infinito, ad esempio) ma queste geometrie non si applicano al caso dei diritti e delle risorse del SSN.
Proviamo (a scopo di ragionamento) a partire dall’ipotesi che sono validi i principi in vigore (universalismo, uguaglianza, equità, …) e che i livelli essenziali di assistenza (LEA) siano i servizi/prestazioni da erogare per garantire i suddetti principi. Quante risorse ci vorrebbero per questa operazione? Giusto per fare le cose semplici visto che si sta ragionando, è evidente che per rispondere occorrono due elementi: un indicatore economico (prezzo, tariffa, costo, …) da attaccare ad ogni servizio/prestazione (chiamiamolo Ti) ed un numero di attività da erogare per ogni servizio/prestazione (chiamiamolo Ni). Con queste informazioni la risposta è matematicamente semplice:
Risorse = Somma di (Ti x Ni) estesa a tutti i servizi/prestazioni.
Al di là del fatto che questa operazione in pratica non è per nulla banale, cosa si è fatto in realtà? Per alcuni servizi è stata identificata una tariffa o prezzo (si pensi ai DRG per le prestazioni ospedaliere, alle tariffe delle prestazioni ambulatoriali, al prezzo dei farmaci, e così via), ma tale valore economico non è stato identificato per tutte le attività comprese nei LEA (si pensi a tutto il tema della prevenzione, alle attività sociosanitarie, all’emergenza-urgenza, …), da una parte; d’altra parte nessuno si è preso la briga (capisco che è attività complessa) di stimare Ni, cioè il numero di attività che il SSN dovrebbe erogare per garantire i LEA. Ne consegue che partendo dai diritti e dai servizi/prestazioni che li dovrebbero interpretare non si è in grado di dire quante risorse occorrono per garantire quei diritti: di più o di meno di quelle immesse oggi nel SSN? Non si sa.
Facciamo allora il discorso al contrario (cioè dalle risorse ai diritti), che è il vero approccio adottato per il nostro SSN. Non avendo a disposizione i Ti per tutti i servizi/prestazioni LEA è evidente che non si può girare la formula per calcolare gli Ni (che sarebbero l’espressione dei diritti) e valutare se i diritti sono garantiti. Con questo approccio dalle risorse ai diritti, però, è possibile valutare se a partire dalle risorse disponibili si possono individuare segnali che dicono che i diritti sono o non sono garantiti. Propongo degli esempi.
Come si vede, la lista degli esempi e dei segnali di mancata erogazione di servizi e prestazioni essenziali (o di prestazioni gratuite agli indigenti) non solo va ben oltre la semplice valutazione fatta per individuare le regioni che non raggiungono la sufficienza nella erogazione dei LEA, ma dice anche che in sanità siamo di fatto, e da decenni, in un regime che viola sistematicamente i diritti che dovrebbero invece essere garantiti. In altre parole le risorse a disposizione del SSN non sembrano sufficienti per garantire i diritti stabiliti dalle leggi sanitarie.
Certo, la soluzione più semplice (a partire dalla immodificabilità dei diritti) sarebbe quella di aumentare le risorse, ma (nell’ovvia ipotesi che ci siano le disponibilità economiche) di quanto? Chi è in grado di dirlo? Alcuni segnali, come ad esempio la spesa privata, suggerirebbero un aumento sostanzioso delle risorse (decine e decine di miliardi), ma il vero punto è la incapacità di definirne il valore reale (a prescindere poi dalla effettiva disponibilità di tali risorse).
In altre parole, la linea dei diritti e quella delle risorse nella attuale geometria del SSN continuano a non incontrarsi ed a viaggiare ciascuna per proprio conto: o ci mettiamo a lavorare per trovare un punto di incontro tra diritti e risorse (probabilmente dovendo agire su entrambi i fattori) oppure saremo qui continuamente a lamentarci o che le risorse sono poche o che i diritti non sono garantiti, un dibattito sfiancante e, a mio parere, totalmente inutile.
Interessante...la riflessione posta in questo articolo...segnalo un errore di fondo drammatico. Non è vero che mancano i soldi! Per sostenere la tesi che scarseggiano i soldi...bisognerebbe esplicitare alcune questioni essenziali al dibattito. Chi controlla il denaro? La grande finanza...a cui appartiene il controllo pressochè totale dei mezzi di comunicazione, a cui si piegano le sovranità nazionali, che fanno affari con le guerre, preparate decenni prima con i grandi piani finanziari, di approvigionamento delle materie prime, delle risorse energetiche, di quelle alimentari. Bisognerebbe aprire una riflessione sul senso o non senso del patto di convivenza mondiale che è basato sull'ideologia del capitalismo...parola che non è più di moda...sistema che si fonda su un assunto del tutto falso e insensato...ovvero quello dello crescita infinita. Bisognerebbe saper rispondere ad una domanda semplice, che è poi una legge della Fisica: in un sistema finito di risorse (la Madre Terra) una crescita infinità è possibile?Evidentemente la risposta è no...come ha dimostrato anzi ri-dimostrato a distanza di qualche decennio uno studio scientifco attendibile del Club di Roma. Siamo guidati da un manipolo di folli, malati mentali, che pensano ancora di essere i soli a sopravvivere alla catastrofe. La questione dei soldi e della sanità non può prescindere da questo contesto senza rischoare di essere chiacchiere. La salute è anche consapevolezza di come funziona il mondo globale dal quale dipende il futuro e la salute dell'umanità. Grazie
Non dimenticherò la generosità e disponibilità di Nunzia che con la sua sensibilità e riservatezza è stata capace di trasmettermi tutto il su affetto nei momenti difficili, con piccoli gesti e poche parole, scelte premurosamente.
Grazie Nun
Cara Nunzia,
Non voglio sfuggire a questa tua sfida. Trovare parole alla tua altezza per trattenerti un pó ancora con noi. Sono divisa fra il desiderio e l'impossibilitá di condividere. Perché infondo la nostra amicizia era fondata sulla nostra maniera di essere solitarie.
Mi faccio prestare le parole di un tuo conterraneo per spiegare come di tanto in tanto ti ho cercata, fino a poco tempo fa, per dirti del mio secondo figlio.
"E ti vengo a cercare
Anche solo per vederti o parlare
Perché ho bisogno della tua presenza
Per capire meglio la mia essenza."
(Franco Battiato, 1988)
Nei commenti delle persone che hanno conosciuto e frequentato Nunziella si avverte l'elogio della sua bellezza umana e di sguardo. Un dono avere avuto la possibilità di incontrarla.
Cara Nunzia non so se lo sapevi, ma ero profondamente affezionata a te… avevo anche tantissima stima di te, anche se non lavoravamo nella stessa UOC, ho imparato sempre tanto da te nelle occasioni di lavoro specialmente durante convegni e seminari. Per me non era sempre facile parlarti, ma quando ci riuscivo, superando le mie incertezze, vedevo il tuo viso illuminarsi di un sorriso gentile e la tua disponibilità ad ascoltare e chiedermi delle cose che amavo, mio marito, i miei nipotini, il mio cane. Ti ho sentita sempre vicina, ma era difficile se non impossibile poter ricambiare le tue gentilezze, come è stato detto in questo bellissimo editoriale su di te. Ho un libro che mi hai regalato e che tengo sulla scrivania da quando ho saputo della tua scomparsa. Ogni tanto lo guardo e ti penso. Grazie di tutto cara Nunzia.
manuela
Peccato siano pochi ... comunque darei priorità dividendo in parti uguali a
1mld in prevenzione, medicina di prossimità ed empowerment del paziente;
1mld in informatizzazione (seria);
1mld per la formazione e aggiornamento degli operatori
1mld in gestione risorse umane includendovi incentivi economici, esodi incentivati per dare spazio ai giovani, supporto psicologico, e adeguate dotazioni organiche.
Suppongo che ci siano libri di testo e estesi documenti che indicano come allocare le risorse economiche anche in sanità, ma pur non essendo esperta in questo settore apprezzo la domanda e la provocazione che mette in fila una serie di aspetti molto rilevanti per il nostro servizio sanitario. Il problema di fondo però è capire su quali dati fare le scelte per allocare risorse e sulla quantificazione dei benefici desiderabili.
Di ogni criterio da adottare è necessario disporre del peso relativo sulla salute degli italiani e così anche prevedere come misurare l'impatto di eventuali interventi.
Sarebbe interessante costruire una tabella in cui il peso di ogni aspetto elencato viene definito in modo quantitativo e altrettanto viene stimato il potenziale impatto di un intervento e anche gli eventuali co-benefici di ogni singola azione e la possbilità di sinergie con istituzioni non prettamente sanitarie. La tabella servirebbe anche per definire i "buchi" di conoscenza su determinati aspetti e poter rimediare.
I dati su ogni specifico aspetto però devono essere accessibili a tutti e non sepolti nelle stanze delle autorità. La trasparenza sui dati e sui criteri delle scelte (si spera) razionali facilitano il consenso rendendo meno attraenti polemiche ideologiche.
1) dotare finalmente il ssn di un sistema informativo degno di tale nome, funzionale,sistematico,indipendente che sia la base per dimostrare e sostenere le motivazioni delle scelte di allocazione delle risorse, degli esiti attesi ed ottenuti,della qualità dei professionisti 2)stabilire un sistema di relazioni con i cittadini che li faccia divenire partecipi del processo di "cura" ( le dimensioni sempre maggiori degli ambiti territoriali titolari del processo di cura hanno nettamente peggiorato la percezione della qualità dei servizi senza alcuna economia) 3)aumenti retributivi al personale 4) riforma degli studi universitari totalmente non funzionali ai bisogni e ai modelli de ssn.
Ho avuto da fuori Roma la brutta notizia e ne sono rimasto scosso e dispiaciuto profondamente, anche per la tragica modalità. I nostri contatti diretti risalivano agli ultimi anni di Cattolica ed ai primissimi dì lavoro, anche precari, e Nunziella dimostrava da allora - politicamente e professionalmente- lo stesso rigore e valore che confermano tutti quelli che hanno avuto il privilegio di averla vicina negli anni successivi.
Ho continuato a seguire le sue pregevoli produzioni e, a distanza o per necessità, le sue vicende lavorative che ne fanno la più meritevole tra quanti non hanno ricevuto i meritati riconoscimenti. Credo a causa della sua severa intransigenza che erano pura competenza e serietà, addolcita dalla sua ironia ed autoironia che a volte ho condiviso in alcune circostanze.
Penso che dovunque si trovi sarà compiaciuta di tutti i sinceri e profondi apprezzamenti che le rendono omaggio, mai abbastanza per Nunziella.
Cara Nunzia,
Cara Nunzia,
analisi complicatissime, al freddo di una stufetta fuorilegge.
Senza sovrastrutture, fino in fondo.
Così, ti ricorderò.
L'aumento della spesa sanitaria privata (=non finanziata dal SSN) è un trend storico che parte almeno dal 1980, il primo anno del SSN. Secondo l'ISTAT (Conti della Protezione Sociale e di contabilità nazionale per l'OOP) nel 1980 la percentuale sul totale nazionale di 11,6 mld di € era del 17,8% e nel 2022 del 24,6% su 171,6 mld di €. Alla stessa conclusione si arriva prendendo i Conti della sanità (SHA) dell'ISTAT, come mostra questo prospetto (appena elaborato in vista di una lezione) per gli anni più recenti. Piaccia o non piaccia, i dati ufficiali confermano questo trend, che sembra accentuarsi negli anni più recenti
Nunziella cuginetta cara, dovremo fare a meno della tua intelligenza vivace e della tua sottile, lucida ironia caratteristica di molti illuminati della tua terra sicula.
So di non essere stato un buon cugino, che per tanti anni, dopo la fanciullezza, non ci siamo più frequentati, lontani nello spazio e nelle idee dei nostri anni più burrascosi. Ho cercato di recuperare in questi ultimi anni e ho cercato di starti il più vicino che ho potuto negli ultimi tempi, sia pure da isolano d'adozione anch'io, ormai. Ovviamente non ci sono riuscito come avrei voluto. Soprattutto non volevo che andassi via da sola, e non sono riuscito nemmeno a questo, nemmeno a tutelarti a sufficienza e a stemperare la severità nei confronti di te stessa che hai sempre avuto.
Chissà se ti saresti infuriata quando, in occasione dell'ultimo saluto, mi sono commosso tanto quando ho abbracciato forte Giovanna, la tua vicina di casa, perché in questi giorni ho avuto la netta sensazione che lei ti volesse bene con la più grande naturalezza e spontaneità. Abbracciando lei ho abbracciato te, notoriamente restia a ogni contatto fisico.
Ora voglio credere che il tuo spirito voli via, libero, lontano da tutto. Comunque e ovunque.
Innanzitutto desidero ringraziare Francesco e Antonio per aver condensato nel loro messaggio i tratti fondamentali professionali, umani e personali di Nunziella, una testimonianza che solo chi l’ha conosciuta e apprezzata poteva scrivere. Poi ringrazio la redazione di EP per averci regalato una foto così bella e fedele.
Avevo conosciuto Nunziella negli anni ’80 ma è nel mio periodo romano dal 2004 al 2014 che ci eravamo frequentati, grazie all’amicizia di vecchia data che Nunziella aveva con Liliana Cori.
Ricordo con piacere le chiacchierate a casa sua su politica, sistema sanitario, epidemiologia, AIE, e molto altro, sempre utili e quasi sempre con ampia convergenza di vedute, il quasi è d’obbligo discutendo con una persona in cui il rigore scientifico e insieme etico era tratto distintivo e stile di vita.
Talvolta parlava, specie con Liliana, anche di cose personali, opportunamente dosate da Nunziella, secondo me in virtù di una stretta combinazione tra sua riservatezza costitutiva e valutazione sulla potenzialità di incidere effettivamente sui problemi.
Una decina di anni fa convocò Liliana in un bel negozio romano per acquistare un regalo per noi di un oggetto che ci fosse utile nel tempo: da allora tutti i giorni usiamo una bella scaletta di design per accedere ai piani alti di armadi e librerie e tutte le volte ci viene da pensare a Nunziella, con piacere e serenità in netta prevalenza rispetto alle asperità della vita.
Concordo con Cesare sulla opportunità di non concentrarsi sulla solo quantificazione della crescita del privato per cercare di entrare nel merito delle eventuali cause ed effetti. Sulla crescita a mia conoscenza non c'è una analisi che la dimostri a tipo pistola fumante, come testimoniato anche dal capitolo sui consumi proivati nell'ultimo Rapporto OASI della Bocconi (2023). Ci sono però tanti segnali che vanno in quella direzione. Sulle cause e sugli effetti di tale crescita vorrei sottolineare due cose. Tra le cause a mio parere e nella mia esperienza gioca un ruolo fondamentale la perdita progressiva di qualità della componente pubblica del Ssn sempre più condizionata dall'intreccio tra una politica scadente e una classe dirigente acritica. Tra gli effetti ricordo la perdita di attrattività del lavoro nelle strutture pubbliche. Ultima annotazione: temi così ampi e rilevanti mal si prestano a essere approfonditi con un articolo introduttivo e successivi commenti. Meglio un forum o come lo si vuol chiamare perchè i commenti per stare entro le 2.500 battute offrono assaggini su un argomento da affamati.
Si potrà salutare per l'ultima volta Nunziella domani, venerdì 13, dalle 9 alle 11,30, nella Camera Mortuaria del San Giovanni, in via di Santo Stefano Rotondo n.5.
Ho saputo quasi per caso della morte di Nunziella. Di lei ho un ricordo antico, degli anni '70, all'Università Cattolica di Roma, dei vari appartamenti che abbiamo condiviso per almeno 7 anni, prima nelle palazzine "studentato" dell'università, poi nel "mitico" appartamento di Via dei Savorelli. Poi mi sono trasferita in Lombardia, siamo rimaste in contatto per qualche anno poi ci siamo perse di vista. La riconosco com'era, nel ritratto di lei che emerge dai ricordi che leggo, intelligenza e sensibilità rare, rigore fino alla severità......Nelle discussioni infinite era lei che alla fine "dettava la linea". Però allora c'era anche la leggerezza, la quotidianità sbrindellata e comica, l'ironia siciliana impagabile, le prelibatezze siciliane che sua madre, donna meravigliosa e bizzarra, ci faceva avere ogni tanto e divoravamo insieme con grandi feste.... e mille altri ricordi. Ciao Nunziella, è stato un grande privilegio averti conosciuta.
Per evitare che la discussione su questo post diventi un confronto sterile, alleghiamo per i nostri lettori le tabelle elaborate sui dati dall’ISTAT, sistema dei Conti della Sanità, che illustrano separatamente per il 2016 e il 2022, per ogni voce di spesa (funzioni), il tipo di finanziamento per l’assistenza sanitaria. In fondo a ogni tabella è indicata la percentuale del totale della spesa spesa non-SSN sul totale della spesa sanitaria. La tabella riassuntiva fornisce l'incremento percentuale del 2022 rispetto al 2016.
Appare chiaro che rispetto ai finanziamenti, non cresce la spesa diretta delle famiglie mentre crescono in modo importante i finanziamenti volontari e le assicurazioni volontarie.
Rispetto alle funzioni invece non cresce la spesa privata nell'assistenza ospedaliera in regime ordinario mentre cresce principalmente in day hospital e nell'assistenza ambulatoriale.
Invitiamo i lettori e le lettrici ad arricchire il dibattito sulla spesa sanitaria del nostro Paese segnalando analisi utili ad approfondire il tema. Per esempio segnaliamo la relazione su "pubblico e privato in sanità" presente nei materiali pubblicati da Laboss 2023 e la sintesi dei vari contributi che potete leggere qui.
Quanto ci addolora la notizia della morte di Nunzia!
Abbiamo avuto modo di lavorare con lei ad un progetto per la stima della BPCO a Brindisi e provincia. Ci lavoravamo con Antonella e Mariangela, ispirandoci ad un articolo che Nunzia aveva pubblicato su e&p qualche anno prima. Le chiedemmo per questo di guidare il nostro gruppo di lavoro. E lo fece. Da par suo.
Cara Nunzia, ti ho conosciuta non nell'ambito del lavoro ma in momenti di tempo libero, ci piaceva andare per mostre e parlare d'arte oltre che di politica...terreno rischiosissimo.
Ti ricorderò non solo per la tua intelligenza che spiazzava, ma in particolare per quella sensibilità delicata e vibrante che un aspetto ed un contegno severi, quasi austeri, non riuscivano a nascondere del tutto.
Spero, ovunque tu sia, che attorno a te ci siano colori, luce e festa autentici.
Cara Nunzia,
saranno sempre belli i ricordi in cui venivi a trovarci da "Le grafiche". A noi mostravi il tuo lato leggero, il tuo umorismo sottile e quando entravi nella nostra stanza per chiedere un supporto mettevi sempre allegria. Ma eri anche profonda, le tue visite andavano oltre il lavoro, sempre la prima a dare una mano se avevamo bisogno.
Ti abbiamo voluto tanto bene e so che anche tu ne hai voluto a noi.
Alligator, cara Nunzia
Cara Nunzia... anzi no, non vorresti che io parlassi ad un "anima" da solida laica quale mi ti ricordo. Parlerò a chi la conosceva ricordando cose divertenti, malgrado la sua immensa serietà. Quando entrai all'OER con una borsa di ricerca ricordo che mi venne "anticipata" come un Babbau, persona dura e difficilmente tollerabile. Ricordo che i primi mesi furono molto duri con lei ma imparai un mare di cose e il modo giusto di farle. Col tempo imparai ad apprezzarla e con il mio compagno di lavoro dell'epoca, Paolo, imparammo a farla sorridere e, talora, anche qualcosa di più. Da lì il lavoro fu tutto facile e in discesa fino alla separazione delle nostre strade lavorative. Mi mancherà, anche se non la vedevo da qualche anno, per la sua onestà intellettuale e mi dispiace non poter dire arrivederci, vista la nostra laicità, ma sono contento di dire che è stato bello.
Sottoscrivo parola per parola. Sono stato per molti "inquilino" della stanza accanto, al quarto piano in via di Santa Costanza. E talora ho ricevuto rimproveri per il mio tono di voce quando eccedevo... ma Nunziella era una donna di una Onestà senza pari, senza sconti, "giacobina", innanzitutto con se stessa. Quando fui vittima di un "torto" doloroso, fu l'unica che si espose pubblicamente per sostenerlo. Mi rimprovero di averla persa di vista, di non aver fatto nulla per lei in questi ultimi anni della sua vita. Nunziella, hai scelto di vivere non nella maniera più semplice, hai evitato ogni scorciatoia. Che un oceano di luce, per citare un tuo concittadino, sia lo spazio della tua nuova vita.
Ciao Nun,
mi dispiace che tu sia morta da sola affogata nel tuo sangue e nel dolore muto
sai che non ho mai creduto nei legami familiari e comunque sia abbiamo avuto radici di nuvole, di niente
sei stata davvero tanto intelligente e anche tanto sola, spero che possa trovare quella pace che non hai mai avuto nei giorni di questa terra
Buona notizia: ciò che si dice, e cioè che il SSN è in crisi e la sanità a pagamento cresce è una falsità! I rispondenti alle varie indagini che dicono che si spende di più per curarsi si sbagliano o imbrogliano. La crescita importante delle assicurazioni malattie è un businnes basato su false credenze, in sanità non c'è nulla di più da assicurare. Pure il MEF ci si mette pubblicando dati che dicono il contrario e non si sa allora perchè li pubblica inducendo così pericolose credenze. I pagamenti in nero a medici, infermieri ed altri operatori non ci sono più, tutti fanno onestamente fattura e tutto viene registrato. Sembra persino che stiano addirittura fallendo le imprese che erogano prevalentemente prestazioni sanitarie non finanziate dal SSN. Insomma non preoccupatevi, non avrete alcun bisogno di ricorrere a prestazioni a pagamento perchè il SSN ve le garantisce con vostra completa soddisfazione nei tempi e nei modi necessari.
Sogno o son desto? svegliatemi per favore ...
Mi perdoni ma come fa a disquisire sull'aumento di qualsiasi cosa, partendo da dati errati? Se si parla di spesa corrente, aumenta anche la spesa pubblica; se si parla di spesa rispetto al Pil, la spesa privata sostanzialemente resta invariata nel tempo; se si guarda alla spesa delle famiglie la spesa sanitaria è rimasta identica; se si analizza rispetto al potere di acquisto è ancora un'altra storia.
Che cosa sta considerando lei? Perchè non è affatto chiaro.
Il fatto che questi articoli riportino TUTTI informazioni errate e letture sbagliate dovrebbe non farci proseguire sulla stessa strada ma, al contrario, utilizzare dati affidabili e interpretarli in modo corretto.
Non è gossip; è la salute degli italiani.
Non è materiale su cui aprire il dibattito del "secondo me". Non è una partita di calcio.
Il modo spiacevole di colloquiare lo ha inaugurato Lei, apostrofando il mio nome e cognome e la qualifica. Chiaramente se anzichè rispondere nel merito, si persevera nell'errore e si continua ad arrampacarsi sugli specchi al punto di dire che nulla valgono le ipotesi di una argomentazione perchè l'importante è parlare di tesi tratte da ipotesi errate, alzo le mani.
Infine lei ha parlato di "aumento del ricorso ai servizi sanitari privati" che non significa accesso privato ai servizi ma significa accesso a servizi privati e non c'è interpretazione che tenga.
Visto che - per formazione - resto convinta che sia possibile partire da dati di realtà non solo in ambito accademico o tecnico-scientifico, ma anche negli spazi di divulgazione, mi auguro, invece, che questa discussione ci porti ad essere più attenti nel formulare le nostre ipotesi.
Perchè argomentare ipotesi errate è un esercizio di stile poco nobile.
Mi dispiace constatare che Lei non desidera colloquiare serenamente senza offendere! mi pare non sia il caso di andare oltre anche perchè ripeto che il mio post non era sulla definizione della misura corretta di spesa privata ma sulle ragioni per la quale la spesa sannitaria NON finanziata dal SSN sta crescendo.
Il richiamo agli articoli dei giornali era proprio per evidenziare come l'argomento sia diffuso e vale la pena ragionarci sulle motivazioni. Questo è un blog e non è un articolo accademico! si parla di argomenti di attualità riferendo idee ed opinioni e non solo "verità" documentate e provate.
Non ho mai parlato poi ovviamente di accesso ai servizi di produttori privati, bensì di accesso privato ai servizi; forse una mia espressione poteva essere equivoca ma vedo il suo gusto nell'enfatizzare ogni eventuale imprecisione.
Quindi non risponderò più nel merito delle cifre della spesa, che non era lo scopo del mio post, ma invito chi voglia proseguire il dibattito a ragionare sul perchè cresce l'accesso alle prestazioni sanitarie non finanziate dal SSN, cioè "grossolanamente", la sanità a pagamento!
Va considerato che nei dati ISTAT (Sistema dei conti della sanità) non si tiene conto della spesa che passa attraverso le forme di sanità integrativa, con premi a carico delle imprese (la parte relativa alle imprese riguarda le sole spese dirette per prevenzione a favore dei lavoratori), plausibilmente quella che cresce di più.
Inoltre il SSN finanzia il privato accreditato.
Bisognerebbe guardare anche i dati dal lato della produzione/erogazione di servizi.
Professore, non è da lei.
Ma stiamo davvero confondendo spesa sanitaria privata con ka spesa per servizi sanitari privati?
Ma come si può immaginare di fare informazione o di aprile a una riflessione se si confonde addirittura la fonte del finanziamento con la natura giuridica dei soggetti erogatori presso cui si acquistano i servizi?
Un paziente può spendere i propri risparmi per rivolgersi a un servizio in intramoenia (ovvero un servizio privato erogato da strutture pubbliche); gli utenti del SSN pagano di tasca propria il ticket (spesa privata che va allo Stato); parte del finanziamento pubblico va a pagare servizi presso strutture private accreditate.
Si tratta di due concetti diversi!
Rispetto ai dati sui quali lei basa la sua analisi, continua a non comprendere la falla: il punto non sono "le voci già presenti nel 2016" ma è la popolazione che non è confrontabile.
Faccia una chiamata alla Ragioneria: glielo spiegheranno sicuramente meglio di me.
Ma è tra l'altro evidente, lampante: come si può pensare a un incremento di quel tipo, anni luce lontano da tutte le altre fonti ufficiali?
Quanto alle fonti da lei riportate, posso solo sorridere: le analisi delle persone della sua statura e con le sue conoscenze dovrebbero servire a fare conoscenza e non ad alimentare la disinformazione.
Ma che fa? Mi cita le fonti secondarie? I quotidiani?
Io le riporto i dati ufficiali e lei mi riporta il link della "Mia partita Iva"?!
Concludo dicendo che se lei avesse voluto davvero aprire un dibattito sulle ragioni degli andamenti della spesa sanitaria pubblica e della spesa sanitaria privata avrebbe fatto un'analisi molto diversa, prendendo in considerazione il PIL, l'inflazione, il potere d'acquisto degli utenti.
Una volta partito da dati di realtà, si sarebbe potuto ragionare sui comportamenti di spesa degli italiani.
E invece si cade sempre nel vizio tutto italiano di urlare forte per richiamare attenzione, anzichè fare cultura e ragionare delle criticità REALI del nostro Servizio sanitario nazionale.
Ma è solo questo blog a ritenere che la sanità privata stia crescendo? qualcun altro ne parla:
https://www.internazionale.it/notizie/laura-melissari/2020/12/09/italia-sanita-privata
https://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=110245
http://www.sportellopmi.it/sanita-privata-un-settore-in-costante-crescita/
https://ilmanifesto.it/affari-in-crescita-per-i-colossi-della-sanita-privata
https://gipo.it/blog/strutture-sanitarie/sanita-in-italia
https://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=79492
https://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=106776
... eccetera ...
Le critiche costruttive sono sempre positive e ben accolte anche quando segnalano eventuali errori nelle analisi presentate, più difficile è accettarle quando la critica è fuori target.
Nel nostro post, dedicato all’aumento della spesa privata in sanità, l’obiettivo non era di quantificare in modo puntuale questo aumento, ma riflettere sulle ragioni che lo hanno determinato. A tale scopo, si è fatto cenno a un panorama di fonti differenti che, pur quantificando in modo diverso la crescita della spesa privata, concordavano nel mostrarne l’esistenza. L’aumento del ricorso ai servizi sanitari privati è registrato anche da più indagini, come ad esempio dai dati della Multiscopo Istat che, per quanto rilevati diversamente dalle altre fonti, non sono certo oggi confutabili.
Nel file qui allegato, che praticamente riprende gli stessi valori già pubblicati nel post, sono riportati i dati come risultano dalla relazione della spesa sanitaria del MEF del 2023 (dati con le sole voci già presenti nel 2016 e dati anche con le voci successivamente aggiunte), dai dati Istat dei Conti della Sanità con l'aggiornamento al giugno 2024, oltre ai dati delle Indagini Multiscopo Istat del 2018 e del 2022. Le differenze tra le fonti erano già esplicitamente evidenziate nel testo del post originario e forse potevano, e forse dovevano, essere più approfondite le ragioni delle differenze.
Spero chiusa questa non piacevole querelle e auspico invece che qualche lettore vorrà commentare, anche magari confutandole, le interpretazioni sulle ragioni di questa crescita della sanità privata, che questo era l'obiettivo del nostro blog.
Professore,
le ho riportato:
- le fonti dei dati richieste
- i dati ufficiali che può verificare direttamente nelle relative fonti
- ben tre valutazioni distinte: quella sul Sistema dei Conti della Sanità, quella OCSE e quella sul Sistema contabilità nazionale
- le ragioni per le quali, invece, i dati da lei riportati nel suo articolo non hanno validità: ragioni che sono riportate dallo stesso Ministero dell'Economia e delle Finanze nello stesso documento dal quale lei li ha estratti.
Consideri che secondo la Ragioneria di Stato i dati da Tessera sanitaria sono incompleti anche nell'ultimo anno di valutazione; si figuri nel 2016.
Non mi sono limitata a criticare: le ho chiarito perfettamente dove risiede l'errore.
Non saprei come altro dimostrarle la non validità delle analisi da lei riportate.
Se i dati che si utilizzano nelle proprie elaborazioni sono di scarsa qualità le analisi peccano di invalidità. È lapalissiano.
Per quanto riguarda il rapporto del 2022, si', è il 26%. Lo 0,4% in più rispetto al 2016 (errore di digitazione, sorry).
Dunque, non si passa dal 20% al 25% come da lei riportato, ma dal 25,6 al 26,0%.
Del resto era perfettamente intuibile dalla Tavola1 che lei stesso ha pubblicato.
Buon lavoro!
Poichè la “Tempesta perfetta” citata da Costa è già tra noi (invecchiamento della popolazione, aumento del costo dei processi diagnostici e di alcune tipologie di farmaci, consumismo sanitario – e medicina difensiva- con conseguente aumento di prestazioni inappropriate), sì: la riorganizzazione del SSN è indispensabile, e non serve solo un aumento del finanziamento.
E’ una situazione estremamente complessa quella che i tre interventi tratteggiano in cui i vari temi si interconnettono e si fatica a districarsi per individuare da dove partire. Soldi in più sì, ma per metterli prioritariamente dove? In relazione all’invecchiamnto della popolazione e al conseguente carico di cronicità, spesso multiple, a me pare che uno dei punti cruciali sia la figura del MMG, ora prevalentemente prescrittore di interventi proposti da vari specialisti, mentre dovrebbe essere la figura che fa sintesi, indirizza, ha una relazione privilegiata con il paziente. Come fare per fargli cambiare sostanzialmente ruolo? Dipendente invece che convenzionato (FIMMG dissenziente), lavoro nelle Case di comunità (per fare che cosa?), robusto intervento formativo, già in Università? Forse tutto ciò insieme. E forse l’attenzione dell’epidemiologia sul suo lavoro (esiti, appropriatezza) potrebbe dare una mano al cambiamento.