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COVID-19

Il Covid c'è ancora, anche se sembra di no
Dalla fine del febbraio 2020, data di dichiarazione di inizio pandemia di COVID-19 in Italia, ad oggi, 23 luglio 2025, sono trascorsi 2.000 giorni, più di cinque anni; eppure il virus SARS-CoV-2 è ancora tra di noi, anche se non se ne parla e molti pensano che sia sparito.
I dati disponibili per saperne qualcosa non sono molti: il Ministero della salute continua a pubblicare la Dashboard dell’epidemia, i Report e i Monitoraggi, tutti a scadenza settimanale.
Anche l’Istituto Superiore di Sanità, Epicentro, continua meritevolmente a pubblicare i suoi rapporti, da cui risulta che perlopiù i casi registrati negli ultimi 30 giorni sono casi prevalentemente asintomatici.

Ciò fa supporre quanto aspettato, cioè che ormai la quasi totalità dei tamponi registrati siano solo quelli effettuati nei pronto soccorso, e nell’ultima settimana (17-23 luglio), i cui dati sono pubblicati oggi, i tamponi sono stati 21.135, cioè circa 3.000 al giorno; non molti.
La frequenza dei tamponi registrati risulta praticamente stabile nelle ultime settimane e nella settimana 17-23 luglio sono risultati positivi il 2,3%, cioè 484: un dato veritiero? Sì, se consideriamo i soli tamponi effettuati; no, se pensiamo che questa sia l’incidenza reale dei contagi che, invece, da questa fonte, quasi certamente risulta del tutto sottostimata.



Ma allora questi dati sono da “buttar via”? Ovvero possono fornirci indicazioni?
Non pensiamo che ci siano delle ragioni per cui in queste settimane si facciano tamponi in occasioni molto diverse, per cui è probabile che la percentuale dei tamponi positivi possa indicare, seppur con un grado di approssimazione, la tendenza reale della circolazione del virus nella popolazione.
Bisogna, innanzitutto, rilevare che i dati di mortalità segnano una costante diminuzione e l’ultima settimana – dal 17 al 23 luglio 2025 – è la prima in cui non si sono registrati decessi attribuibili al contagio con il virus SARA-CoV-2. Da questa osservazione, sembrerebbe possibile dire che il COVID-19 abbia terminato di essere la patologia letale che in Italia ha fatto morire duecentomila contagiati, ma rimane comunque la necessità di controllare l'andamento della sua circolazione nel timore che una possibile variante diventi più contagiosa superando le attuali immunizzazioni e che – non sia mai – sia più aggressiva e letale.

Per capire il grado di completezza attuale dei dati forniti dal Ministero può essere utile analizzare l'andamento reciproco dei dati di prevalenza ospedaliera e di incidenza giornaliera di tutti i contagi registrati, sia ricoverati sia non ricoverati. Nei due anni che vanno dal 23 luglio 2023 al 23 luglio 2025, la media delle prevalenze giornaliere è stata di 1.821 e la media delle incidenze di 1.463. Per confrontare tra di loro i due andamenti, si sono calcolati i rapporti tra i dati giornalieri e le medie del periodo.

È ipotizzabile che, nei periodi in cui vi è stata una circolazione elevata del virus, la popolazione abbia effettuato molti tamponi presso laboratori o farmacie, non solo in pronto soccorso. Nei periodi, invece, in cui la percezione era di poca presenza del virus, allora i casi venivano diagnosticati prevalentemente, se non esclusivamente, nei pronto soccorso.
Se i dati di prevalenza e di incidenza riguardassero con completezza la stessa popolazione, il rapporto tra di loro stimerebbe la durata della malattia. In realtà, mentre è probabile che i dati di prevalenza sfiorino la completezza, i dati di incidenza sono molto incompleti e purtroppo non si conosce l'incidenza ospedaliera. Analizzando il rapporto tra i due indicatori, si osservano valori che vanno da un minimo di 0,48 a un massimo di 19,23. Se si accetta l'ipotesi che la percentuale di contagiati che vengono ricoverati non si sia eccessivamente modificata nel tempo, questa variabilità non dovrebbe essere attribuibile, se non prevalentemente, all'incompletezza dei dati di incidenza.

Nei periodi di minor allarme sociale per il COVID-19, i tamponi al di fuori dei pronto soccorso vengono poco o per nulla effettuati e l'incidenza probabilmente è solo un'incidenza ospedaliera. Non è possibile calcolare esattamente quale sia la perdita della registrazione dei casi non ospedalieri, ma quando vi è stata una probabile totalità di registrazione i casi totali erano 10 volte di più dei casi che ricorrevano alle cure ospedaliere. Se poi le nuove forma di contagio sono state meno gravi, allora questa proporzione diventa ancora maggiore. Non crediamo, quindi, di fare un grave errore ipotizzare che i circa 70 casi di contagio oggi registrati potrebbero nascondere anche una frequenza di quasi mille contagi giornalieri.
In ogni caso, è importante seguire ancora l'andamento degli indicatori che ci sono messi settimanalmente a disposizione, perché delle variazioni, soprattutto nel breve periodo, dovrebbero essere indicative della reale tendenza della circolazione del virus. Attualmente, le variazioni sono modeste, ma ci sono e devono essere osservate, perché, se dovessero crescere, dovrebbero portare a considerare quali provvedimenti sia bene adottare.