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Diritto alla salute vs risorse: i nuovi indirizzi della corte costituzionale
Quando si parla di finanziamento del SSN, come mostrato nell’intervento di Cislaghi del 26/5/2025 in questo stesso blog di solito si discute di valori assoluti (miliardi di euro) o di valori relativi (percentuale sul PIL, valori pro-capite), di finanziamento a prezzi correnti (cioè senza tenere conto dell’inflazione) o a prezzi costanti (tenendo conto dell’inflazione), di finanziamento del SSN oppure di spesa, e così via, e guardando l’andamento nel tempo di questi indicatori o confrontando i valori del nostro paese con quelli (paragonabili) di altre nazioni ci si accapiglia o per dire chi (quale governo) ha messo più risorse o ne ha messe di meno (o tolte di più), o per dire che in Italia di risorse se ne mettono poche e ne servirebbero molte di più. Toni e conclusioni di parte a parte, si tratta di un dibattito necessario e di una discussione utile, fondata però (almeno fino a ieri) su un presupposto sostanziale: nel contrasto tra diritti da garantire e risorse economiche da tenere in equilibrio il privilegio è sempre stato dato all’equilibrio di bilancio, e quindi prima si stabiliscono le risorse (il finanziamento del SSN) e poi si condiziona l’erogazione (cioè la garanzia dei diritti) alla disponibilità delle risorse.
Questo percorso ha subito di recente dei significativi interventi da parte della Corte Costituzionale, culminati nella sentenza 195/2024, che meritano di essere conosciuti per le novità introdotte. Per fare questo provo a seguire, sinteticamente e senza entrare nel dettaglio delle questioni giuridiche, il percorso fatto dai giudici delle leggi, facendomi aiutare da un intervento che nell’udienza del 26 giugno 2025 delle Sezioni Riunite in sede di controllo della Corte dei Conti ha pronunciato il Procuratore Generale Pio Silvestri il quale, all’interno del “Giudizio sul rendiconto generale dello Stato 2024”, ha dedicato gran parte della sua requisitoria ad una valutazione del servizio sanitario nazionale ed ha ricostruito il cambio di rotta che ha maturato proprio la Corte Costituzionale sul tema del contrasto tra diritti e risorse.
In un paragrafo di Premessa dal significativo titolo “Diritto alla salute e spesa sanitaria nella giurisprudenza della Corte costituzionale: dal diritto alla salute come ‘diritto finanziariamente condizionato’ alla prioritaria tutela dei diritti fondamentali rispetto ai vincoli di bilancio. La recente pronuncia n. 195 del 2024” il Procuratore ha innanzitutto ricordato, riproponendo quanto la Consulta ha affermato in diverse pronunce negli ultimi anni, che “Quello alla salute è l’unico diritto che l’art. 32, primo comma, della Costituzione definisce espressamente come ‘fondamentale’ e in questo senso la giurisprudenza costituzionale ne ha riconosciuto il valore primario”.
In alcune sentenze degli anni passati relative al contenzioso tra lo Stato e le Regioni (Corte cost., 18 marzo 2005, n. 111; 13 giugno 2008, n. 203; 29 aprile 2010, n. 149) il giudice delle leggi aveva affermato che la spesa sanitaria deve necessariamente essere compatibile con “la limitatezza delle disponibilità finanziarie che annualmente è possibile destinare, nel quadro di una programmazione generale degli interventi di carattere assistenziale e sociale, al settore sanitario” (Corte cost., 18 marzo 2005, n. 111), fissando così il privilegio da dare al finanziamento rispetto ai diritti. Quindi, secondo questo orientamento: deve essere evitato l’aumento incontrollato della spesa sanitaria; occorre che il godimento del diritto alla salute sia compatibile con la limitatezza delle disponibilità finanziarie; e così via; fino ad arrivare, successivamente alla crisi finanziaria del 2008-2010, a definire il diritto alle prestazioni sanitarie come un “diritto finanziariamente condizionato” (Corte cost., n. 248 del 2011), cui è seguita con legge costituzionale (n. 1 del 2012) l’introduzione del principio del pareggio di bilancio.
Questo approccio ha ricevuto un primo scossone nel 2016, sempre da parte della Corte Costituzionale (pronuncia n. 275 del 2016) che rivedendo le proprie precedenti decisioni ha affermato che “una volta normativamente identificato, il nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivo il diritto [alla salute] non può essere finanziariamente condizionato in termini assoluti e generali”, perché “è la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione”. In pratica la Consulta fa un deciso cambio di marcia e di impostazione perché stabilisce che nel rapporto tra diritti sociali ed esigenze di bilancio la priorità spetta ai primi, mentre le esigenze economiche devono avere un ruolo di servizio. Su questa linea della affermazione del primato dei diritti rispetto ai vincoli economici sono poi seguite ulteriori pronunce della Corte Costituzionale fino alla più recente sentenza n. 195 del 2024 con la quale, in linea con le sentenze successive al 2016 si afferma “il principio secondo cui alle spese destinate a fornire prestazioni inerenti ai diritti sociali, alle politiche sociali e alla famiglia, nonché alla tutela della salute, deve essere riconosciuta una ‘preferenza qualitativa’, trattandosi di spese costituzionalmente necessarie”. E’ proprio il concetto di “spesa costituzionalmente necessaria” il nucleo di considerazioni che ha fatto cambiare approccio alla Consulta, che in quest’ultima sentenza (relatore Luca Antonini) oltre ad affermare una preferenza qualitativa verso alcune tipologie di diritti (diritti sociali, politiche sociali e alla famiglia, tutela della salute) ha anche indicato la via che deve essere seguita per raggiungere questo obiettivo: “la nozione di ‘spesa costituzionalmente necessaria’, funzionale a evidenziare che, in un contesto di risorse scarse, per fare fronte a esigenze di contenimento della spesa pubblica dettate anche da vincoli euro unitari, devono essere prioritariamente ridotte le altre spese indistinte, rispetto a quella che si connota come funzionale a garantire il ‘fondamentale’ diritto alla salute di cui all’art. 32 Cost., che chiama in causa imprescindibili esigenze di tutela anche delle fasce più deboli della popolazione, non in grado di accedere alla spesa sostenuta direttamente dal cittadino, cosiddetta out of pocket”.
[Nota Bene. Le spese indistinte dello Stato, nel contesto del bilancio pubblico, si riferiscono a quelle voci di spesa che, all'inizio dell'anno finanziario, non sono ancora state assegnate a specifici capitoli o destinazioni d'uso. Sono quindi fondi disponibili che verranno poi ripartiti tra diverse finalità o tra diverse amministrazioni pubbliche nel corso dell'anno, a seconda delle esigenze che emergono. In concreto, si tratta di una riserva di fondi che consente allo Stato di far fronte a esigenze impreviste o di allocare risorse in modo più flessibile durante l'anno.]
In pratica, il diritto alla salute non può essere sacrificato “fintanto che esistono risorse che il decisore politico ha la disponibilità di utilizzare per altri impieghi che non rivestono le medesime priorità”.
Dietro a questa nuova posizione dei giudici delle leggi ci sono quindi due concetti: da una parte la salute viene considerata “incomprimibile diritto fondamentale” (e per salute il richiamo va alla definizione dei LEA, Livelli Essenziali di Assistenza); dall’altra, nel caso in cui si debba agire con tagli alla spesa pubblica, prima di toccare le spese per i diritti incomprimibili occorre intervenire sulle altre disponibilità cosiddette indistinte. Pertanto lo Stato deve garantire il finanziamento dei LEA perché essi sono una spesa costituzionalmente necessaria per l’esercizio del diritto alla salute.
E quanto dovrebbe essere, economicamente parlando, questa spesa costituzionalmente necessaria? La sentenza 195/2024 non lo dice, ma in un inciso della pronuncia, parlando della spesa sanitaria la Corte osserva criticamente che essa è “già, peraltro, in grave sofferenza per l’effetto, come si è visto, delle precedenti stagioni di arditi tagli lineari”, facendo così da una parte una aperta (per quanto generica ed indiretta) critica al volume attuale del finanziamento del SSN (la spesa sanitaria è ritenuta “in grave sofferenza”) e dall’altra censurando soprattutto le modalità con cui tale finanziamento è stato definito negli anni passati (“arditi tagli lineari”).
Con questa sentenza la Corte Costituzionale però non si è limitata alla critica bensì ha fornito in positivo una prospettiva di finanziamento per il settore sanitario quando, a modifica degli approcci seguiti in precedenza, ha indicato che prima di procedere attraverso eventuali tagli o compressione di spese per la sanità si deve agire sulle risorse che il decisore politico ha a disposizione e che sono indirizzate verso altri impieghi che non hanno la stessa priorità della sanità (spese indistinte).
Certo, sarebbe stato bello avere un po’ il senso pratico di come i giudici delle leggi e quelli dei conti pensano che gli obiettivi indicati dalla sentenza 195/2024 possano essere raggiunti in concreto, ma in realtà nessuna delle due Corti ha fornito esempi specifici di cosa (o quali) siano le “altre spese indistinte” a cui il decisore politico può accedere senza intaccare quelle dedicate alla sanità: si sollecita però “il legislatore, al fine di scongiurare l’adozione di tagli al buio, ad acquisire adeguati elementi istruttori sulla sostenibilità dell’importo del contributo da parte degli enti ai quali viene richiesto”.
È vero che la Corte non indica esplicitamente a quali “altre spese indistinte” si debba fare riferimento, e mi rendo conto che questo è un compito che non compete a loro ma che tocca al governo ed al parlamento, a maggior ragione in un tempo in cui si stanno aprendo prospettive di altri capitoli di spesa che certamente fanno a pugni con le indicazioni della Corte Costituzionale, ma il rimando al decisore politico sta anche a significare che la Corte, per quanto non citate direttamente, ritiene che siano presenti nel bilancio dello Stato spese che non hanno la stessa priorità della spesa sanitaria e che pertanto potrebbero essere compresse in favore della spesa per la salute. Ho le mie idee e preferenze in proposito e non mi sento quindi di indicare arbitrariamente quali potrebbero essere le spese indistinte da tagliare: non sfugge però nemmeno alla casalinga di Voghera che il primo pensiero possa andare (almeno esemplificativamente) ai tantissimi miliardi messi in gioco da precedenti governi in tema di “diversi tipi di bonus per il rifacimento di facciate e altro” grazie ai quali moltissimi cittadini hanno sistemato le proprie abitazioni a spese dello Stato.
La priorità assegnata alla spesa sanitaria (spesa costituzionalmente necessaria) rispetto ad altre spese indistinte non significa però “una sorta di passepartout per qualsiasi spesa sanitaria” (“Pensare la sanità”, L. Antonini e S. Zamagni, Studium Edizioni, 2025). Da questo punto di vista la Corte Costituzionale è intervenuta più volte con pronunce che hanno cercato di chiarire questa prospettiva: l’argomento è trattato nel citato volume, che riporta anche alcuni esempi di queste sentenze.
Stabilito dai giudici delle leggi e confermato da quelli dei conti che dal diritto alla salute come ‘diritto finanziariamente condizionato’ (cioè ieri) si debba passare alla prioritaria tutela dei diritti fondamentali rispetto ai vincoli di bilancio (cioè oggi), riusciranno i nostri eroi (cioè governo e parlamento) a trovare (cioè domani) la maniera di realizzare in pratica questo cambio di direzione nel contrasto tra diritti da garantire e risorse economiche da tenere in equilibrio? Staremo a vedere.
Link alle sentenze della Corte Costituzionale, alla relazione della Corte dei Conti, alla Legge Costituzionale, citate nel testo
- Corte Costituzionale, sentenza 18 marzo 2005, n. 111 (https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?param_ecli=ECLI:IT:COST:2005:111)
- Corte Costituzionale, sentenza 13 giugno 2008, n. 203 (https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2008&numero=203)
- Corte Costituzionale, sentenza 29 aprile 2010, n. 149 (https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2010&numero=149)
- Corte Costituzionale, sentenza n. 248 del 2011 (https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2011&numero=248)
- Legge Costituzionale n. 1 del 2012 (https://www.rgs.mef.gov.it/_Documenti/VERSIONE-I/Selezione_normativa/LeggiCostituzionali/LC-20-04-2012.pdf)
- Corte Costituzionale, pronuncia n. 275 del 2016 (https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?anno=2016&numero=275)
- Corte Costituzionale, sentenza 195/2024 (https://www.cortecostituzionale.it/actionSchedaPronuncia.do?param_ecli=ECLI:IT:COST:2024:195)
- Procuratore Generale Pio Silvestri: Giudizio sul rendiconto generale dello Stato 2024. Corte dei Conti, udienza del 26 giugno 2025 delle Sezioni Riunite in sede di controllo (https://www.corteconti.it/HOME/Documenti/DettaglioDocumenti?Id=5c58f482-2c30-47b4-bfbd-f46180b042f7)
Commenti: 2
1.
Peró…
È sicuramente bene che la Corte abbia ora dato priorità ai bisogni di salute, ma non lo ha sempre fatto come nella sentenza 104 del 2025 (gioco d'azzardo on line) in cui , alla faccia del fondamentale diritto alla salute, vien fatto ahimè prevalere la cosiddetta libertà di impresa senza tentare un benché minimo bilanciamento!
2.
La questione delle priorità
Sono molto grato a Carlo Zocchetti per le sue riflessioni così importanti sui nuovi indirizzi della Corte costituzionale, che ci rimandano alla questione attualissima delle priorità. Mi vengono in mente i contributi dell' Oregon, dell' Olanda e della Svezia negli anni 90 sui criteri da adottare per la definizione dei problemi prioritari. Bisognerebbe ripartire da lì per ulteriori approfondimenti. E sono grato anche a Cesare Cislaghi che ci offre ulteriori spunti. Quanto è conveniente, ad esempio, oltre che legittimo , per la collettività, privilegiare la libertà di impresa, a proposito del gioco di azzardo trascurando il fatto che l' attività economica "non può svolgersi in contrasto con l' utilità sociale o in modo da recar danno alla salute..." (Art. 41 della Costituzione). E che dire degli effetti che si potrebbero ottenere sulla salute tramite imposte marginali su alcol, fumo e bibite zuccherate. Oppure sulle successioni multi-milionarie o sui patrimoni superiori a svariate decine di milioni? Non varrebbe la pena di essere più creativi e propositivi, come ci invitano a fare Zocchetti e Cislaghi?