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Sanità Pubblica; Prevenzione

Un decalogo... sarà rispettato da chi l’ha fatto?
Non si tratta dei comandamenti che Mosè ha ricevuto sul monte Sinai e non si sa chi questi li abbia scritti e offerti al popolo della sanità, ma la nostra rivista – che ha il termine “prevenzione” nel titolo voluto da G.A. Maccacaro come naturale obiettivo dell'epidemiologia – non può non presentare il decalogo della prevenzione presentato dal Ministero1:
Decalogo della prevenzione
PREVENZIONE È:
1. Una svolta culturale: passare da una sanità “reattiva” a una “proattiva”, in grado di intervenire prima dell’insorgenza delle patologie. La prevenzione è il farmaco più efficace di cui disponiamo per tutelare la salute pubblica e migliorare la qualità della nostra vita.
2. Un investimento fondamentale per le persone, la sostenibilità del SSN, la crescita economica del Paese. Un investimento strategico, non una semplice voce di spesa corrente. Investire in prevenzione significa costruire sostenibilità per il SSN, generare risparmi, guadagni in salute e produttività.
3. Consapevolezza e promozione di corretti stili di vita, che includano una dieta equilibrata, attività sportiva, lotta al tabagismo e all’abuso di alcol, riduzione dell’evasione scolastica, un ruolo attivo delle scuole, sicurezza nei luoghi di lavoro e contrasto alle disuguaglianze territoriali e sociali.
4. Sostenere le campagne di vaccinazione e potenziare gli screening, che non possono ridursi ad adempimenti burocratici. Serve un investimento attuale e concreto per migliorarne qualità, diffusione e accessibilità. È fondamentale promuovere la cultura del loro valore attraverso campagne di comunicazione efficaci, in sinergia con Comuni e professionisti sanitari, per aumentare l’adesione e cogliere le nuove opportunità offerte da innovazione e ricerca.
5. Presa in carico delle patologie croniche come priorità epidemiologica del SSN: prevenire l’insorgere, ritardare la cronicizzazione e limitarne l’aggravamento significa migliorare la qualità della vita dei nostri anziani e ridurre il peso sui servizi sanitari.
6. Il prevention hub, con l’ecosistema digitale one health, il portale della prevenzione (la “casa” della prevenzione), progetti sperimentali fortemente innovativi, la rete delle eccellenze, un’effettiva contaminazione dei saperi e una diversa qualità della formazione professionale.
7. L’ambiente che cambia e il lavoro che si trasforma: la qualità dell’aria e gli effetti sempre più evidenti del cambiamento climatico impongono un rafforzamento delle azioni di prevenzione, in particolare verso le persone più fragili (per esempio, ondate di calore), attraverso l’integrazione tra sistemi di monitoraggio e comunicazione. Al contempo, la trasformazione del mondo del lavoro – tra nuove tecnologie, invecchiamento della forza lavoro e precarietà – richiede di riaffermare con forza la centralità del binomio salute e sicurezza, come asse portante delle politiche di prevenzione.
8. Il benessere animale, in un’ottica one health: i nuovi virus sono prevalentemente di origine animale ed è, quindi, richiesto un approccio integrato.
9. Tecnologia e innovazione, attraverso la telemedicina, per ridurre il rapporto spazio/tempo nella presa in carico delle persone, e una moderna gestione dei dati, per rafforzare la stratificazione della popolazione e la costruzione di modelli predittivi sempre più efficaci.
10. Comunicazione e coinvolgimento attivo dei cittadini: senza una forte consapevolezza diffusa, nessuna politica di prevenzione può realmente decollare. La partecipazione civica è parte integrante della prevenzione.
Sicuramente molte delle affermazioni riportate in questo decalogo non possono che trovarci in piena sintonia, altre forse un po’ meno. Per esempio, diciamo da sempre che la sanità debba diventare il più possibile “proattiva”, ma purtroppo non lo vediamo avverarsi mai. Come si potrebbe ritenere proattiva, per esempio, l’attuale medicina di base? Si pensa di cercare di rimpostarla in tal senso? Certamente applaudiremmo!
Che la prevenzione debba poi innanzitutto riguardare l’ambiente, di vita e di lavoro, è anche questa un’affermazione importante del tutto condivisibile e ci fa piacere che sia affermata dal nostro Governo. Ma molte delle politiche e degli interventi pubblici sono in tal senso? Sarà la futura linea di tendenza? Speriamo!
Non vogliamo qui fare delle critiche, ma solo accennare ad alcune preoccupazioni: cioè, che tutto questo rimanga solo sulla carta e non diventi realmente politica della salute e non si trasformi in fatti e provvedimenti. Speriamo – con una punta di scetticismo che saremmo contenti ci venisse presto tolta – che si concretizzi.
- Presentato il 17 giugno a Napoli, agli Stati Generali della Prevenzione, dal Capo Dipartimento del Ministero della Salute, Maria Rosaria Campitiello, e riportato il 18 giugno dal Quotidiano Sanità.
Commenti: 4
3.
Alcuni commenti al decalogo della prevenzione
Il decalogo spiega cos’è la prevenzione, ma non indica con chiarezza dove debbano intervenire le decisioni politiche per renderla efficace ed equa. È un manifesto che reclama un cambio di paradigma – dalla sanità curativa alla salute preventiva – e individua nell’approccio One Health, nella digitalizzazione e nella partecipazione civica le principali leve d’azione.
Per renderlo davvero completo, occorre anzitutto dare spazio alla salute mentale come filo conduttore di tutte le età, prevedendo interventi di promozione, diagnosi precoce e contrasto allo stigma. Serve poi un focus specifico su maternità, infanzia e adolescenza, in cui includere, per esempio, nutrizione, prevenzione dell’obesità e dipendenze digitali. È inoltre necessario riconoscere e contrastare i determinanti sociali strutturali – reddito, istruzione, condizioni abitative, trasporti – che plasmano il gradiente di salute prima ancora dei comportamenti individuali.
Andrebbe adottato un approccio life-course alla prevenzione che consente di potenziare l’efficacia degli interventi e di migliorare le traiettorie di salute a lungo termine, compresa la prevenzione della multimorbidità e della cronicità.
Un ulteriore elemento da rafforzare è la prevenzione secondaria, che ha un ruolo decisivo nel ridurre l’impatto delle malattie croniche attraverso l’individuazione precoce dei segnali di rischio e delle patologie in fase iniziale. È essenziale garantire un accesso equo, capillare e continuativo ai programmi di screening oncologici (mammella, cervice uterina, colon-retto), ampliandone la copertura e migliorandone l’adesione. La prevenzione secondaria deve essere integrata nella medicina di prossimità e nella sanità digitale per identificare tempestivamente i soggetti a rischio. È fondamentale ridurre le disuguaglianze territoriali e socioeconomiche nell’accesso agli screening, rafforzando l’informazione e il coinvolgimento attivo della popolazione.
Il documento guadagnerebbe solidità fissando indicatori misurabili e un sistema di monitoraggio con obiettivi chiari, indicando al contempo le fonti di finanziamento (Fondo sanitario nazionale, PNRR, fondi europei) e la ripartizione delle responsabilità tra Stato, Regioni e Comuni.
Occorre valorizzare e formare in modo continuativo gli operatori della prevenzione, rafforzandone le competenze in scienza dei dati, sanità digitale e comunicazione del rischio, tenendo presente che la trasformazione digitale impone di colmare il divario digitale e di tutelare la privacy per evitare nuove disuguaglianze.
Andrebbe infine estesa la valutazione dell’impatto ambientale a suoli, acque, qualità dell’aria indoor e contaminanti emergenti, dedicando un capitolo alla capacità di risposta alle pandemie con piani di allerta precoce, scorte di dispositivi di protezione individuale e una rete di sorveglianza One Health, in continuità con l’esperienza della Covid-19.
2.
Solo spot senza strategia
Per la sanità solo spot senza strategia
Ho vissuto, come molti colleghi anziani, gli anni d’oro della sanità, quelli prima e dopo il ‘78 anno di fondazione del SSN con la 833 votata da TUTTO il parlamento tranne dai pochi del PLI.
Allora c’era in tutti la condivisione di una strategia: pubblico, equitá, prevenzione, ecc.ecc.
Oggi si è persa quella strategia e non se ne è creata veramente un’altra se non quella di permettere al privato di entrare sempre più.
E di quando in quando escono degli spot, come questo decalogo, che ripartano frasi di un tempo ma che hanno poca probabilità di diventare provvedimenti effettivi.
Occorrerebbe ridisegnare le strategie, ma forse sarebbero antitetiche con quelle della 833.
Per cui forse siamo destinati a leggere degli spot per far contenti quelli che ancor ci credono, ma poi si lascia che continui una deriva sino a quando, inevitabilmente, si dovrà ridisegnare il sistema sanitario e temo che sarà un sistema su base assicurativa più favorevole ai benestanti.
L’alternativa è ridisegnare una strategia che abbracci i valori della 833 ridisegnando le regole secondo i nuovi bisogni e il nuovo assetto della società.
1.
Prevenzione è.....
Bisogna rallegrarsi perché tante affermazioni sono condivisibili. Ma occorre ricordare che prevenzione è soprattutto riduzione delle disuguaglianze e impegno per la giustizia sociale.
4.
Per chi è il decalogo?
Affermare la preminenza della prevenzione sulla cura e la necessità di investire in prevenzione è scontato e certamente non si può dissentire da affermazioni così generali come quelle contenute nel decalogo ministeriale. E' evidente che per ottenere qualche risultato bisogna che sia le singole persone che chi offre occasioni di prevenzione cooperino secondo un quadro sinergico efficiente. Quindi la domanda che sorge è: chi dovrebbe fare cosa? Prendiamo ad esempio l'attività fisica: per ridurre la sedentarietà che affligge più di un terzo della popolazione adulta (vedi dati Passi https://www.epicentro.iss.it/passi/dati/attivita-oms ) con punte del 51% non credo basti raccomandare di fare una corsetta o le scale di casa. La sedentarietà è sostenuta da ambienti che non promuovono la riduzione dell'uso dell'auto, che non facilitano la camminata, insomma da un contesto sociale in entrano in gioco molti fattori al di fuori dell'ambito prettamente sanitario. Nel 2007 il Ministero della Salute, riconoscendo il ruolo di ambiti esterni al mondo sanitario lanciò l'iniziativa Guadagnare Salute per rendere facili le scelte salutari con accordi interministeriali (scuola, lavoro, industria, etc) . A che punto siamo? Chi fa cosa? E soprattutto, dato che l'Italia è bella perchè è varia, ogni ASL sa quello che serve alla propria popolazione di assistiti e ha le risorse per monitorare e rispondere? Il sistema di sorveglianza decentrato PASSI era nato per questo scopo: sorveglianza per l'azione locale. Il decalogo cosa promuove? azioni centrali? azioni regionali? Sarebe il caso e l'ora di disporre di una politica sanitaria concreta che vada oltre le affermazioni di principio.