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A cura di Franco Carnevale e Alberto Baldasseroni
E&P 2019, 43 (5-6) settembre-dicembre, p. 387-388
DOI: https://doi.org/10.19191/EP19.5-6.P387.111
Comunicazione
Le condizioni dei contadini italiani nella letteratura ottocentesca
Conditions of Italian peasants in Nineteenth-century literature
Riassunto
Con il suo volume Un volgo disperso. Contadini d’Italia nell’Ottocento, Adriano Prosperi, professore emerito di storia moderna presso la Scuola normale di Pisa, colma una lacuna della storiografia italiana dedicata alle condizioni di vita e di salute delle classi lavoratrici italiane nel corso dell’Ottocento.
Adriano Prosperi
Un volgo disperso.
Contadini d'Italia nell'Ottocento
Roma, Einaudi, 2019
360 pagine; 32,00 euro
Con il suo volume Un volgo disperso. Contadini d’Italia nell’Ottocento, Adriano Prosperi, professore emerito di storia moderna presso la Scuola normale di Pisa, colma una lacuna della storiografia italiana dedicata alle condizioni di vita e di salute delle classi lavoratrici italiane nel corso dell’Ottocento.
Esistevano già studi approfonditi sulla pellagra, malattia simbolo della miseria dei lavoratori, sulla malaria e altre patologie, ma mancava un affresco delle condizioni di vita, di lavoro e di salute delle popolazioni coinvolte.
Considerando che le classi lavoratrici erano perlopiù analfabete, dunque incapaci di esprimere i propri bisogni e le proprie condizioni, si ricerca l’aiuto di intermediari, quali medici condotti, preti e proprietari terrieri. Poche, tuttavia, sono le testimonianze dirette di medici finora note, mentre quelle dei preti, inquadrati in un rigido sistema gerarchico e di obbedienza e comando, e quelle dei padroni, interessati al frutto del lavoro più che ai propri lavoratori, risultano poco attendibili.
Il libro di Prosperi si articola in 3 parti composte da numerosi capitoli, piuttosto brevi, ma ben documentati.
La prima parte, «Statistica e igiene», si apre con un’osservazione semantica della parola “carta igienica”, intesa come mappa delle condizioni igieniche italiane, e prosegue ricordando le modalità con cui Bernardino Ramazzini tratta il tema delle condizioni di lavoro e delle malattie dei contadini. L’Autore prosegue descrivendo le condizioni di vita delle popolazioni rurali alla vigilia del periodo risorgimentale, per passare poi alla descrizione delle prime analisi statistiche condotte in diverse parti del Paese. Si sottolinea qui il ruolo cruciale dei medici condotti nel raccogliere la documentazione necessaria.
La seconda parte, intitolata «L’iniziativa dei medici e quella statale», descrive lo stato di salute delle popolazioni italiane al momento dell’unità d’Italia e l’interessamento dello Stato nel sondare le loro condizioni tramite indagini statistiche. Emerge finalmente la figura del medico condotto come testimone privilegiato delle condizioni delle popolazioni, in particolare quelle rurali. Tra le malattie viene trattata in particolare la pellagra che Prosperi considera paradigmatica delle misere condizioni di vita dei braccianti delle campagne padane e di alcune zone del Centro Italia: la modalità per curarla non poteva che essere il miglioramento delle condizioni economiche dei contadini. Si arriva poi al 1870, anno importante dal punto di vista della statistica medica, poiché sono state effettuate diverse richieste ai medici condotti di compilazione di statistiche mediche riferite al proprio distretto di competenza, in modo da realizzare una vera e propria “topografia sanitaria”. Nonostante si inizi a dare risalto al problema della carenza di igiene, il governo centrale non è ancora in grado di proporre soluzioni.
L’ultima parte del libro è dedicata alla «Questione contadina fra topografie sanitarie e inchieste parlamentari», dove vengono presentate le principali relazioni scritte da medici condotti, riferite ad aree diverse del Paese e redatte in differenti periodi del secolo XIX. Insieme alle condizioni dei cittadini, si ritrovano anche le prime testimonianze legate alle condizioni degli operai e la nascita dei primi movimenti di autodifesa dei lavoratori.
Nella conclusione del suo lavoro, Adriano Prosperi, con le parole di Antonio Gramsci, vuole superare l’idea che definiva quella dei contadini come una “razza” composta da soggetti umili e inferiori, mero oggetto di studio da parte delle classi borghesi, queste ultime invece considerate "superiori" e quindi in grado di osservare scientificamente la realtà sociale.
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