Riassunto

L’alimentazione è un processo in continuo svolgimento: in ogni periodo storico, è stata condizionata da processi culturali, dall’organizzazione sociale, da riti simbolici e anche dal lavoro svolto.

L’alimentazione è un processo in continuo svolgimento: in ogni periodo storico, è stata condizionata da processi culturali, dall’organizzazione sociale, da riti simbolici e anche dal lavoro svolto.
Nel suo grande affresco sul rapporto tra lavoro e salute, Bernardino Ramazzini riconosce nella cattiva alimentazione una delle cause fondamentali delle malattie dei lavoratori del suo tempo.
Adriano Prosperi, nel suo volume Un volgo disperso (2019), prendendo come simbolo la pellagra, malattia carenziale, palesa la condizione di miseria dei lavoratori della terra del Centro e del Nord Italia durante il XIX secolo.
Ma sempre dal mondo contadino sono giunte fino a noi diete e ricette, vegetariane e non, molto radicate nel mondo popolare e ancora oggi molto apprezzate. Due esempi cardine: il “peposo alla fornacina” e il “lardo di Colonnata”. Il primo è nato per sfamare gli operai che, intorno al 1420, furono sotto la guida di Filippo Brunelleschi durante i lavori per ricoprire la cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze. Il secondo, companatico dei cavatori delle Apuane, viene preparato alla mattina presto e, insieme al fiasco di vino, serve ad assicurare le calorie necessarie ad affrontare le ripide salite e la fatica degli scavi, il taglio dei blocchi e la loro movimentazione sino al Forte dei Marmi.

Dai campi alle officine

Tra Otto e Novecento, si verifica un’epocale trasmigrazione dalle campagne alle città, dai campi alle fabbriche. I tempi, i modi e gli spazi che definivano l’alimentazione quotidiana con cadenze naturali e familiari vengono drasticamente abbandonati per un inesorabile solitario pasto collettivo, consumato – spesso con le mani sporche – sul posto di lavoro, all’ombra della ciminiera, a contatto con macchine, materie prime, prodotti finiti, solventi, polveri.
La pausa pranzo diventa parte integrante della giornata di lavoro. La gavetta che l’operaio stesso, oppure il padre o il nonno, poteva aver utilizzato per nutrirsi nelle due guerre, viene riciclata per un altro genere di battaglie, quelle combattute nelle fabbriche. Il cibo è quello preparato da madri e mogli, che spesso utilizzavano gli avanzi dei pasti dei giorni precedenti. La qualità rispetta tradizioni regionali e familiari; così, il pasto diventa eponimo dei lavoratori: per esempio, “polentone” e “maccheroni” sono termini impiegati ora in maniera scherzosa ora in maniera irridente.

La refezione in fabbrica: un diritto per i lavoratori

Nelle aziende viene prima allestita una sorta di cucina, che diventerà poi una vera e propria stanza dedicata alla refezione che nel tempo si arricchirà di elementi, dall’acqua corrente fino ai più moderni frigoriferi per le bibite.
I primi refettori delle grandi fabbriche sono disadorni, con lunghi tavoli e panche, e rappresentano con fedeltà le separazioni vigenti nella società fra uomini e donne e fra operai e impiegati. Le parità, la scienza dell’alimentazione, l’igiene, il decoro, la razionalità, l’ergonomia e l’estetica faranno la loro comparsa nelle mense aziendali, giungendo a risultati eccellenti.
Fondamentali sono state le Norme generali per l’igiene del lavoro del 1956, recepite nel Contratto collettivo nazionale dell’industria metalmeccanica privata nel 1963. Così come hanno rivestito grande importanza le rivendicazioni sindacali specifiche sulle mense degli anni Cinquanta e Sessanta.
Le grandi mense aziendali mutano con il mutare delle grandi fabbriche e con l’incremento delle aziende produttrici di servizi; crescono le alternative all’utilizzo della pausa pranzo: ristorazione aziendale, angolo caffè, bar aziendale. I buoni pasto arrivano a metà degli anni Settanta.
Oggi, come agli inizi, è tornata in auge l’abitudine di portarsi il pranzo da casa, tanto per motivi economici quanto per ragioni salutari: il termine gamella è stato sostituito dal più contemporaneo lunch box.

 

 

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