Rispondendo alla domanda su come l’esperienza di chimico avesse influito sulle sue letture e sulla sua scrittura, Primo Levi (1919-1987) ha sostenuto: «Non si trattava solo di un mestiere esercitato, ma anche di una formazione esistenziale, di certe abitudinimentali e direi, prima tra tutte, quella della chiarezza. Un chimico che non sappia esprimersi è un povero chimico. Ilmestiere di chimico in una piccola fabbrica di vernici (come Italo Svevo) è stato fondamentale per me anche come apporto dimaterie prime, come capitale di cose da raccontare. E scrivevo solo dopo le sei di pomeriggio…».

In effetti l’anamnesi lavorativa dell’autore di Se questo è un uomo (prima edizione, 1947) e de La tregua (1963) èmolto caratterizzante; laureatosi in chimica nel 1941 trova un impiego “in nero” (a causa delle leggi razziali del 1938) in un laboratorio presso la cava di amianto di Balangero con l’obiettivo, poi non realizzato, di estrarre il nichel presente in piccole quantità nel materiale di discarica... Accedi per continuare la lettura

 

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