La depressione maggiore è un disturbo psichico ampiamente diffuso la cui prevalenza, anche in seguito alla pandemia COVID-19, risulta in crescita. Secondo l’OMS, questo disturbo colpisce circa 350 milioni di persone ogni anno: attualmente è la quarta causa di invalidità nella popolazione mondiale1 e si stima che entro il 2030 diventerà la prima causa di disabilità tra le patologie croniche.2 La rilevanza clinica della depressione si riflette nella compromissione dell’autonomia della persona e ne condiziona il funzionamento sociale, con evidenti ripercussioni nel contesto familiare e lavorativo.

In Italia, i disturbi depressivi interessano circa 3,5 milioni di persone e a 1,3 milioni di queste è diagnosticata una depressione maggiore. Secondo la letteratura disponibile, le donne risultano colpite circa il doppio rispetto agli uomini e tale differenza viene confermata in diversi contesti socioculturali.3 Le ragioni specifiche per sesso (biologiche) e genere (psico-socio-culturali) di questa differenza sono oggetto di studio e verranno ripercorse in questo contributo.

Fattori di rischio

Specifici fattori biologici, psicologici, ambientali e sociali contribuiscono all’insorgenza di disturbi depressivi.

Oltre al ruolo centrale della genetica, tra i fattori biologici, si ricordino le variazioni ormonali, prevalentemente degli estrogeni, come fattore predisponente strettamente sesso-specifico. Nelle donne, infatti, i disturbi depressivi si presentano più frequentemente durante la pubertà, la gravidanza, il puerperio e il climaterio, ossia quando si verificano importanti variazioni dei livelli di estrogeni.4-6 

Fattori psicologici possono contribuire a una labilità emotiva e una minor capacità di adattamento allo stress (ridotto coping), facilitando così lo sviluppo di malattia: il nevroticismo, la scarsa autostima e la co-presenza di ansia risultano più frequenti nella storia di donne affette da depressione... Accedi per continuare la lettura

 

          Visite