Una parte importante della ricerca scientifica biomedica, sia sponsorizzata da aziende sia promossa da ricercatori indipendenti, è la pianificazione di studi clinici, osservazionali o sperimentali, generalmente su pazienti ricoverati in degenza ordinaria, ma anche in servizi diurni (day hospital/day service) o ambulatoriali. Questi studi, che riguardano farmaci, dispositivi medici o integratori alimentari, sono sottoposti a regole nazionali ed europee, stabilite dagli enti regolatori: Agenzia italiana del farmaco (Aifa), European Medicines Agency (EMA) e altri.1La necessità, ormai ben consolidata, di considerare l’aspetto di genere e almeno quello del sesso in questi studi ha necessariamente un impatto sull’esecuzione degli studi.2 Ricordiamo che l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) definisce la medicina di genere (MdG) come «lo studio dell’influenza delle differenze biologiche (definite dal sesso) e socioeconomiche e culturali (definite dal genere) sullo stato di salute e di malattia di ogni persona». L’Aifa, che nel 2011 ha formalizzato il Gruppo di lavoro su farmaci e genere per approfondire le problematiche inerenti agli aspetti regolatori, richiede alle aziende farmaceutiche di sviluppare disegni di ricerca orientati al genere e di stratificare i dati ottenuti considerando la variabile sesso.3 In altre parole, considerare l’aspetto di genere e/o almeno quello del sesso negli studi clinici non si limita  alla registrazione del sesso nella scheda clinica, cosa che si fa da più di un decennio, ma riguarda l’elaborazione dei dati in risultati che evidenzino eventuali differenze di genere in modo appropriato. I metodi da applicare sono diversi e meritano una trattazione sistematica. Lo stesso coinvolgimento delle donne negli studi clinici è una novità relativamente recente: prima del 1993, le donne erano escluse dalle sperimentazioni cliniche, con rare eccezioni.4,5 Nel 2015, solo il 2,8% di studi in fase I e II è stato condotto su donne e la percentuale di donne arruolate negli studi clinici difficilmente superava il 20% nelle fasi III.6 Nel 2015, un lavoro internazionale ha prodotto le linee guida Sex And Gender Equity in Research (SAGER).7 In Italia, il Piano attuativo della legge 3/2018 indica delle linee di indirizzo per l’applicazione della MdG nella ricerca e negli studi preclinici e clinici.5 Queste linee iniziano a essere articolate in un recente documento dell’Istituto superiore di sanità (ISS).8 Procedendo in questa direzione e riflettendo sull’impatto che il punto di vista della MdG può avere sulla realizzazione pratica di studi clinici, si rilevano alcuni punti:

le proposte di studi, in forma di protocollo, devono essere conformi a regole fissate da organismi regolatori e vengono valutate formalmente dai comitati etici pertinenti... Accedi per continuare la lettura
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