La recente conferenza COP26 di Glasgow non ha soddisfatto le aspettative: l’accordo finale, firmato dai 197 Paesi, è stato definito debole con misure tardive e insufficienti a contrastare la situazione emergenziale in atto. Nonostante ciò, alcuni aspetti rilevanti del trattato sono degni di nota, come l’aver concordato di mantenere la temperatura globale entro un aumento massimo di 1,5°C rispetto all’epoca preindustriale, che implica il rafforzamento delle politiche climatiche e la definizione di un piano per ridurre l’utilizzo del carbone (phase out e non eliminare, come proposto inizialmente); raddoppiare i fondi internazionali per le azioni di adattamento, soprattutto nei Paesi più vulnerabili, attraverso un programma di lavoro “Global Goal on Adaptation” finalizzato a definire gli indicatori per monitorare le azioni di adattamento; aumentare i finanziamenti per constatare i cambiamenti climatici a supporto dei Paesi in via di sviluppo e finalizzare il Paris Rulebook che rende pienamente operativo l’Accordo di Parigi. Inoltre, è importante segnalare che, in ambito di sanità pubblica, sono stati compiuti passi in avanti rilevanti; innanzitutto, è la prima volta che a un conferenza delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici è stato predisposto un padiglione interamente dedicato alla salute. I 60 eventi organizzati nel Health Pavillion,1 oltre a mettere in evidenza gli impatti di salute dei cambiamenti climatici già in atto, ha sottolineato il ruolo centrale della sanità pubblica e la necessità di integrare le considerazioni sulla salute nella definizione di politiche e azioni per il clima. Quest’ultimo è stato anche tema centrale del COP26 Health Programme1 proposto da diverse istituzioni, tra cui l’OMS, per rafforzare l’aspetto della salute nelle trattative... Accedi per continuare la lettura

 

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