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A cura di Valeria Belleudi e Francesco Barone-Adesi
E&P 2024, 48 (4-5) luglio-ottobre, p. 390-393
DOI: https://doi.org/10.19191/EP24.4-5.A752.102
Epidemiologia Clinica - Farmacoepidemiologia
Medication review e deprescribing nei vari setting assistenziali: un approccio per ottimizzare le terapie farmacologiche e migliorare gli esiti clinici dei pazienti
Medication review and deprescribing in different healthcare settings: an approach to optimize pharmacological therapies and improve patients’ clinical outcomes
L’aumento dell’aspettativa di vita, l’elevata prevalenza di fattori di rischio per l’insorgenza di patologie croniche (per esempio, sovrappeso, sedentarietà e alimentazione qualitativamente bassa) e la sempre maggior disponibilità di farmaci, sia sintomatici sia terapeutici, per la gestione della multimorbilità stanno portando a un aumento del numero di pazienti anziani in polifarmacoterapia, definita come l’uso regolare di almeno cinque farmaci diversi.1 Secondo l’ultimo rapporto dell’Osservatorio Nazionale sull’Impiego dei Medicinali (OsMed), circa il 68% degli utenti di età maggiore o uguale a 65 anni è sottoposto a polifarmacoterapia, mentre circa il 29% assume almeno 10 farmaci diversi al giorno.2 La complessità del regime terapeutico aumenta ulteriormente se si considerano anche i farmaci da automedicazione, gli integratori alimentari e i prodotti erboristici.
Quali sono i rischi della polifarmacoterapia?Uno dei principali rischi associati alla polifarmacoterapia è l’aumento delle interazioni tra farmaci (drug-drug interactions, DDI), che possono a loro volta aumentare il rischio di reazioni avverse a farmaci (adverse drug reactions, ADR).3 Tra i farmaci più frequentemente prescritti in modo inappropriato (potentially inappropriate medications, PIM) in Italia vanno annoverati gli inibitori di pompa protonica, i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), le benzodiazepine, la vitamina D, gli antipsicotici e le statine.4 In generale, si definiscono PIM i trattamenti farmacologici in cui il rischio di ADR supera il beneficio atteso per il paziente oppure per i quali non vi sono sufficienti evidenze scientifiche sui benefici clinici e/o esistono alternative terapeutiche più efficaci e sicure.4 Nelle residenze sanitarie assistenziali, dove la polifarmacoterapia è particolarmente diffusa, il rischio di ADR è particolarmente associato alle prescrizioni di PIM. È stato stimato che la proporzione di pazienti esposti ad almeno un PIM oscilli tra il 40% e il 90%, a seconda dei criteri e degli strumenti utilizzati per la definizione dell’inappropriatezza prescrittiva.5,6 Inoltre, una metanalisi di 33 studi osservazionali ha riportato una prevalenza media di ADR nell’ambito delle cure primarie compresa tra l’8,3% e il 20,4%.7 Diversi studi indicano che circa il 10% delle ospedalizzazioni non programmate in geriatria sono causate da ADR e che queste si verificano in circa un quarto dei pazienti anziani ospedalizzati.8,9 Oltre alle conseguenze cliniche, è importante considerare anche le ricadute economiche: i costi correlati alle ADR prevenibili durante l’ospedalizzazione variano da un minimo di 2.851 euro a un massimo di 9.015 euro per paziente, con un aumento dell’ospedalizzazione, in media, di 8,5 ± 4,2 giorni.10 Più in generale, si ritiene che la riduzione dei PIM e delle ADR a essi correlate possa contribuire alla riduzione dei costi relativi ad accessi ai servizi di emergenza, alle ospedalizzazioni e al prolungamento del ricovero.4
Strategie per l’ottimizzazione delle terapieAlla luce di queste premesse, assume crescente rilevanza l’adozione di strategie preventive finalizzate alla riduzione delle prescrizioni di PIM, tenendo anche in considerazione il rapporto beneficio/rischio di una terapia, che può variare nel corso del tempo. Il processo di medication review rappresenta un metodo finalizzato all’ottimizzazione della terapia tramite una valutazione critica, sistematica e regolare dei trattamenti farmacologici attualmente in corso. Questo processo mira a ridurre in modo pianificato l’uso dei PIM (deprescribing), riorganizzare in modo efficace le terapie farmacologiche (per esempio, riducendo il pill burden) e promuovere l’aderenza alle terapie croniche appropriate, con attese conseguenze positive per la salute e la qualità di vita del paziente.4,11
Con l’obiettivo finale di dare al clinico le informazioni necessarie per poter ottimizzare lo schema terapeutico, il farmacologo clinico deve condurre una valutazione multidimensionale e sistematica, che tenga conto di diversi parametri per ciascun farmaco prescritto, tra cui l’indicazione d’uso, la posologia (comprensiva di dosaggio, frequenza di somministrazione e durata della terapia), il rischio di DDI, il rischio di ADR associato alla fragilità, il burden anticolinergico e la cascata prescrittiva.4
Inoltre, è essenziale non solo identificare la prescrizione di farmaci non necessari (sovratrattamento), ma anche valutare la possibilità di sottotrattamento, considerando sempre gli obiettivi terapeutici individuali del paziente, il suo livello di aderenza alla terapia, le condizioni cliniche e l’aspettativa di vita... Accedi per continuare la lettura
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