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A cura di Francesco Amaddeo
E&P 2022, 46 (5-6) settembre-dicembre, p. 393-394
DOI: https://doi.org/10.19191/EP22.5-6.A554.101
Salute mentale; Malattie trasmissibili
L’impatto del COVID-19 sull’utilizzo dei servizi di salute mentale: analisi di dati sanitari correnti
COVID-19 impact on utilization of mental health services: analysis of Italian current health data
L’Italia è stata uno dei Paesi più colpiti dalla rapida diffusione del virus SARS-CoV-2. Il contesto pandemico che ne è seguito ha determinato un significativo livello di stress sia tra la popolazione generale sia tra gli utenti dei servizi di salute mentale. Questi ultimi rappresentano una popolazione fortemente vulnerabile a elevato rischio di peggioramento del quadro preesistente alla pandemia.1 Conseguentemente, l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha dichiarato che i servizi di salute mentale dovrebbero essere considerati tra i servizi sanitari essenziali da mantenere attivi durante l’emergenza pandemica.2 Tuttavia, in Italia come in molti altri Paesi, i servizi di salute mentale hanno subito le conseguenze delle restrizioni con la chiusura dei servizi di assistenza diurna e riduzione di tutte le attività che riguardavano la riabilitazione.3
In questo contesto, essendo evidente come il mero confronto tra 2019 e 2020 non sia sufficiente a descrivere i cambiamenti nell’uso dei servizi legati al periodo pandemico, questo contributo ha l’obiettivo di proporre un possibile approccio metodologico all’analisi di un problema complesso attraverso un esempio di studio in un Dipartimento di salute mentale (DSM) italiano durante la pandemia da COVID-19.
Caso di studio: il DSM di VeronaI dati descritti sono stati analizzati utilizzando due strumenti validati e affidabili:
Il Registro psichiatrico dei casi (RPC) del DSM della Provincia di Verona, che registra regolarmente le caratteristiche sociodemografiche e cliniche e l’utilizzazione dei servizi per tutti i pazienti che richiedono cure psichiatriche e/o psicologiche.4 Il DSM fornisce assistenza psichiatrica a una popolazione adulta di circa 930.000 abitanti; comprende cinque reparti di degenza psichiatrica per pazienti acuti situati in cinque ospedali generali e una rete di centri di salute mentale (CSM) che fornisce assistenza ambulatoriale e comunitaria; il “Covid Stringency Index” (CSI),5 un indicatore giornaliero ideato per stimare, ogni giorno dell’anno, il livello di restrizioni legate alle misure di contenimento della pandemia nei vari stati del mondo, sulla base delle seguenti nove variabili: chiusure scolastiche; chiusura dei posti di lavoro; annullamento di eventi pubblici; restrizioni alle riunioni pubbliche; chiusura dei trasporti pubblici; richiesta di rimanere a casa; campagne di informazione pubblica; restrizioni ai movimenti interni; controlli sui viaggi internazionali.Il CSI medio relativo all’Italia è stato calcolato in modo da dividere le settimane dell’anno 2020 (e dell’anno 2019, per confronto) in tre periodi: restrizioni ridotte o assenti (CSI medio inferiore a 0,7), restrizioni intermedie (CSI medio tra 0,7 e 0,8), lockdown (CSI medio superiore a 0,8).
Per la creazione del dataset, i contatti di ciascun paziente sono stati raggruppati per tipologia di servizio in 5 componenti:
assistenza ambulatoriale; interventi sociali e di supporto; interventi riabilitativi; riunioni multiprofessionali; assistenza diurna.Queste rappresentano le componenti funzionali (ma non organizzative) del DSM e forniscono anche un logico insieme di categorie rispetto alle quali valutare il cambiamento nell’utilizzo dei servizi di salute mentale di comunità durante la pandemia da COVID-19.
Applicazione di una metodologia statistica complessaSeguendo le cinque componenti sopra descritte, è stato inizialmente calcolato:
il numero di contatti, globale e per ogni tipologia, per gli anni 2019 e 2020; il numero di persone con almeno un contatto ogni anno, sia a livello globale sia per ciascun gruppo di variabili sociodemografiche (età, genere, stato civile, abitazione, cittadinanza) e clinico-diagnostiche (psicosi, disturbi affettivi, nevrosi, disturbi somatoformi eccetera) tra l’anno 2019 e l’anno di inizio pandemia (2020).Nel caso sia del numero dei contatti sia del numero delle persone, l’uguaglianza statistica tra il 2019 e il 2020 è stata verificata, in tutti i casi, attraverso il test di varianza per variabili con distribuzione di Poisson.6
Successivamente, sono stati scelti un modello di regressione binomiale negativa, per tenere conto sia della natura discreta dell’esito sia della presenza di sovradispersione, e un approccio di “differenza nelle differenze”,7 per poter estrapolare i dati relativi solo all’effetto delle restrizioni dovute alla pandemia di SARS-CoV-2. Il dataset era composto dalle settimane degli anni 2019 e 2020, considerando una lunghezza di 8 giorni per l’ultima settimana del 2019 e di 9 giorni per l’ultima dell’anno bisestile 2020, in modo che nessun giorno dell’anno venisse escluso... Accedi per continuare la lettura
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