Epidemiologia&Prevenzione vuole ricordare Antonio Labatte, medico del lavoro argentino, nato nel 1930 e scomparso all’inizio di quest’anno. Agli inizi degli anni Settanta, la migliore parte della sanità argentina – Antonio compreso – leggeva  Gramsci e guardava con entusiasmo al modello italiano di autogestione operaia della  salute.

Poi venne la dittatura militare: Antonio se l’è cavata con il divieto di frequentare certi ambienti in quanto «fattore reale o potenziale di perturbazione nel luogo di lavoro» (un suo fratello minore venne invece assassinato).

Con il ritorno della democrazia, riprese la funzione docente alla facoltà di medicina, promuovendo una medicina del lavoro partecipata e incoraggiando forme di comunicazione paritetica tra tecnici e operai. Credeva nella non delega, nella validazione consensuale e nella partecipazione dei lavoratori nelle commissioni miste di controllo dell’ambiente di lavoro.

Dopo la sua scomparsa, in occasione dell’inaugurazione del Centro di patologia occupazionale respiratoria dell’Università di Buenos Aires, Antonio è stato ricordato per essere stato il primo medico «che ha parlato di salute dei lavoratori in questi locali».

Non ultimo dei suoi pregi è stato quello di  insegnare ai suoi allievi a diffidare della purezza e della neutralità della scienza.

Era anche un grande bevitore di mate: sarebbe contento di sapere che i lettori di E&P lo ricordano con la tradizionale bombilla.

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