Nei primi giorni dell'epidemia l'incidenza di contagiati era molto differente da Regione a Regione. Nei primi cinque giorni di febbraio 2020 i contagi sono stati diagnosticati solo in Lombardia, Valle d'Aosta, Emilia Romagna e Veneto e solo poche unità altrove. E anche nei due mesi successivi, come si vede nel grafico, molte Regioni sono state coinvolte dall'epidemia solo marginalmente.

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Da maggio 2020 in poi invece l'epidemia ha iniziato ad allargarsi ad altre aree e qui di seguito si riportano gli andamenti per cinque grandi raggruppamenti di Regioni; nel primo grafico da maggio 2020 a ottobre 2021 e nel secondo da novembre 2021 a giugno 2022; si faccia attenzione che le scale delle ordinate sono differenti perché nel secondo periodo le incidenze sono risultate molto maggiori.

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Le differenze tra le Regioni possono essere causate da molteplici fattori: innanzitutto potrebbe ipotizzarsi una differenza di suscettibilità della popolazione al contagio ma non c 'è alcuna evidenza al riguardo che la renda plausibile, tranne alcune differenze nella proporzione di vaccinati. Poi sicuramente ci sono le differenze temporali dell'espandersi del contagio che si sono viste chiaramente nella primissima fase dell'epidemia e che potrebbero almeno in parte essersi ripetute quando a diffondersi sono state delle varianti del virus con una differente contagiosità rispetto alle precedenti. Questo può essersi verificato ad esempio nel Nord-ovest a novembre 2020 e nel Nord-est a dicembre e nel gennaio successivi: in quel periodo la diffusione non è stata altrettanto intensa nelle isole, dove è cresciuta ad agosto e settembre 2021.

Ci sono invece periodi con dinamiche di sviluppo dell'epidemia molto simili tra Regioni, come da maggio ad agosto 2020, a giugno luglio 2021 ed anche da maggio a giugno 2022. E' difficile pensare allora che nello sviluppo sincrono osservato in queste fasi possa principalmente aver giocato una variante del virus. Quando la crescita dell'incidenza, o la sua decrescita, è avvenuta contemporaneamente in tutte le Regioni è più probabile che ciò sia dovuto o all'introduzione di misure nazionali di contenimento o viceversa alla loro dismissione.

Più complessa è l'interpretazione del periodo in cui la rigorosità delle misure di contenimento era introdotta in funzione dell'incidenza, cioè del periodo dei "colori" delle Regioni. In questa fase i colori avrebbero potuto, o almeno dovuto, ridurre la variabilità delle incidenze tra le Regioni.

Ancor più informativo è l'esame degli andamenti dell'indice di replicazione diagnostica RDt che viene calcolato come rapporto tra la media della frequenza dei contagi di una settimana e la media delle frequenze della settimana precedente. E' utile richiamare l'interpretazione dell'RDt che, nel caso di una andamento esponenziale, equivale alla potenza settima dello slope dell'esponenziale.

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Il grafico precedente mostra l'andamento giornaliero dei valori più alti tra le Regioni e dei valori più bassi dell'RDt e conseguentemente l'andamento del relativo range, cioè dell'intervallo tra il minimo e il massimo regionale del giorno. Come si può notare non sempre quando il massimo cresce, cresce anche subito il minimo: quando ciò è successo lo si deve ipotizzare come dovuto ad un fattore di crescita istantaneamente sincrono tra tutte le Regioni. Viceversa appare meno credibile che sia stato il solo ruolo di una variante del virus a provocare l'effetto in quanto in alcune Regioni, quelle più lontane dalla prima introduzione della variante, il minimo avrebbe dovuto innalzarsi dopo diversi giorni rispetto al massimo. Non è infatti possibile che una variante appaia come dominante ovunque istantaneamente.

Forse è ancor più informativo l'esame del grafico che riporta la media giornaliera degli RDt delle Regioni, la loro deviazione standard e il relativo coefficiente di variazione. Quando quest'ultimo indicatore cresce si può pensare che le Regioni abbiano subito un influsso differente, crescente o differente, dei determinanti che hanno prodotto la diffusione dei contagi.

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Ad esempio il 1° gennaio la variazione tra gli RDt era elevata ma elevata era anche la loro media e quindi il coefficiente di variazione ci indica che le Regioni sono cresciute e decresciute presso che sincronicamente, cosa che non è successa tra febbraio e marzo 2022.

Infine è interessante notare che tutto ciò che è successo da fine marzo ad oggi ha portato la media degli RDt ad elevarsi o ad abbassarsi ma la variabilità è stata minima e quindi significa che le Regioni hanno avuto uno sviluppo epidemico sincrono. Questa è la ragione per cui vi sono delle perplessità a credere che l'attuale crescita dei contagi sia per il momento esclusivamente frutto della presenza di una variante più contagiosa del virus, si parla della Omicron 5. Se questa fosse la ragione della crescita dei contagi ci si sarebbe dovuto aspettare una differente e progressiva diffusione della nuova variante tra le Regioni e quindi una loro crescita asincrona.

Qui di seguito due esempi di variazione dell'RDt: quello della settimana a fine ottobre 2021 con Regioni in cui è cresciuto e in altre diminuito, e invece quello di inizio giugno 2022 in cui la crescita dell'RDt è stata pari e sincrona praticamente in tutte le Regioni.

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Forse la nuova variante sta già marginalmente provocando i suoi effetti, ma è più credibile pensare che la crescita sincrona regionale sia soprattutto dovuta ad un rallentamento delle misure precauzionali ed a una diminuita sensibilità verso i rischi di contagio.

Si potrà ragionare meglio vedendo quale sarà il futuro andamento dei contagi: se dipendono dalla crescita dei contatti a rischio la crescita sarà lenta e tutt'al più lineare, se invece sono causati da una nuova variante molto contagiosa (si parla addirittura di un. Rt = 15) allora la crescita sarà esplosiva ed esponenziale.

Non pensiamo però che per il momento si debba ritornare a nuove misure rigide di contenimento, bensì crediamo invece che ci debba impegnare per sviluppare ancor di più la comunicazione istituzionale puntuale sui rischi perché favorisca il mantenimento dei livelli di responsabilità delle persone, responsabilità che ad oggi non pare proprio sia a livello epidemiologico accettabile.

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