Questi due titoli apparsi su una testata on line e probabilmente riprodotti sulle versioni cartacee sono l’esempio di due atteggiamenti che fanno capire come la nostra società si sia approcciata all’epidemia nei modi peggiori.

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Infatti il ritenere che l’importante non sia prevenire la diffusione del virus bensì solo non incorrere in reati porta a cercare in ogni momento le possibili scappatoie alle regole fissate dalle istituzioni.

Sembra di essere tutti un po’ come tornati bambini quando, incapaci di capire cosa fosse bene o male per noi stessi, i genitori o i maestri ci davano delle regole stringenti cui ubbidire.

La "regola", nel campo della prevenzione della salute, deve essere innanzitutto consapevolezza interiorizzata e per arrivare a questo è necessaria una continua azione informativa e formativa. Una volta nelle scuole, ad esempio negli anni '50 quando frequentavo le elementari, venivano affrontati molti temi di prevenzione; più tardi, durante la prima fase dell'Aids, si è ripreso a parlare di salute e di prevenzione ma poi ultimamente, prima della pandemia, il tema è quasi sparito.

È importante oggi progettare nelle scuole l'informazione e l'educazione sanitaria, a tutti i livelli ed in modo corretto e convincente.

Un'altra categoria del tutto mal interpretata nel titolo è quella della "libertà"! che si direbbe dei ladri che chiedessero la libertà di rubare? Ad inizio '800 le istituzioni pubbliche che si occupavano di sanità venivano chiamate di  "polizia sanitaria" e il contagio era considerato come furto del bene salute. La libertà è l'assenza massima possibile da sé e dagli altri di tutto ciò che può nuocere allo sviluppo della propria vita. Non si può far passare il concetto di libertà come possibilità di far tutto ciò che si vuole indipendentemente dai rischi e dai danni! Se non si vuole perdere le libertà democratiche è necessario far proprie le limitazioni da tutto ciò che può nuocere agli altri ma anche a noi stessi; altrimenti la società preferirà ahimè chi sarà in grado di imporle autoritariamente!

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Il secondo titolo invece evidenzia un altro modo pericoloso di interpretare l'informazione che consiste nel cercare di dare i titoli che la gente vorrebbe di più ricevere. Le stime sulla possibile evoluzione dell'epidemia sono utili e necessarie ma tutte comportano una importante dose di incertezza. L'anno scorso, all'inizio dell'estate, ci fu chi, dalla sua autorevole attività di clinico conosciuto, diffuse la convinzione che ormai la pandemia in Italia era terminata e ciò sicuramente contribuì al successivo insorgere della seconda ondata ben più pesante in termini di contagi e di decessi, della prima.

Tutti ovviamente speriamo che l'epidemia termini e ci riconsenta di riprendere in pieno tutte le nostre attività ed abitudini, ma dire ad inizio maggio, con più di 300 decessi al giorno, che di qui a 70 giorni si azzererà la mortalità da Covid-19 è una affermazione che rischia di far credere che ormai tutto sta finendo. Ed infatti ritorna il ritornello del ridimensionamento della pandemia da Covid-19 a quello di una banale influenza.

Non sappiamo ancor molte, troppe cose! non sappiamo l'efficacia a medio termine delle vaccinazioni, non sappiamo se si affaccerà una variante veramente resistente ai vaccini, non sappiamo come si svilupperà la pandemia nel mondo e come dal mondo potrebbe rientrare in Italia.

Non bisogna essere né catastrofisti né allarmisti, ma neppure riduzionisti o addirittura negazionisti. Per vari anni abbiamo insegnato che la mortalità da patologie infettive era terminata e sostituita da patologie degenerative; ci accorgiamo adesso che era un quadro vero ma non definitivo. L'epidemia da Aids, grave e comunque ancor oggi non risolta, forse ci ha illuso comunque della capacità di trovare delle cure e così non è stato sinora per il Covid-19, anche se straordinariamente si è trovato un vaccino efficace mentre per l'Aids non lo si è ancora trovato.

Rendiamoci conto che le epidemie non sono terminate: abbiamo forse "vinto", almeno nei paesi ricchi, la TBC, il Vaiolo, la Poliomielite, il Colera, in parte l'Aids, e stiamo vincendo, speriamo, anche la battaglia del Covid-19 ma guai se prima di averlo sconfitto lo sottovalutiamo. E se nella legge 833 con cui si è costituito il SSN si metteva al primo posto la prevenzione, chiediamoci perché poi si è tralasciato di farlo? e chiediamoci anche perché si è data poca importanza alla cultura epidemiologica dei sanitari? Si è parlato molto di creare più strutture di terapia intensiva, ma non abbastanza di strutture di prevenzione e di monitoraggio e controllo epidemiologico.

Allora, non giochiamo a chi per primo inviterà ad abbassare la guardia, ma invece incominciamo a preoccuparci di come creare un sistema reale ed attivo di prevenzione da possibili agenti epidemici ed anche da altri fattori che possono creare situazioni gravi per la salute collettiva.

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