A che serve un cronotermostato dell'impianto di riscaldamento? A descrivere l'attività della caldaia ed eventualmente anche a sommare i consumi, o piuttosto a "far prendere delle decisioni" alla caldaia rispetto a quando accendersi o spegnersi? E se, come ovvio, questa seconda è la risposta giusta, quanto tempo deve passare tra la rilevazione della temperatura e l'impulso dato alla caldaia?

Se ad esempio vogliamo una temperatura tra i 18 ed i 20 gradi, il termostato non aspetterà che si siano raggiunti gli estremi (18° o 20°) altrimenti se si accende la caldaia quando in casa ci sono 18 gradi, prima che i caloriferi si siano di nuovo scaldati la temperatura sarà scesa magari a 17 o anche a 16 e, viceversa, se si spegne a 20 gradi, i termosifoni per un po' continueranno a scaldare e si raggiungeranno i 21 o i 22 gradi.

Queste osservazioni da "idraulico" mi servono solo per dire che ogni monitoraggio deve essere tempestivo e deve possibilmente addirittura anticipare gli eventi per permettere di prendere decisioni che blocchino gli eventi stessi.

Tornando alla situazione dell'epidemia da Covid, dobbiamo considerare che le decisioni da prendere dovrebbero cercare soprattutto di predisporre misure di contenimento che impediscano i contagi. Si è constatato che i tempi che intercorrono tra un contagio e una diagnosi di positività sono variabili, ma possono considerarsi tra l'una e le due settimane. Durante l'acuirsi della circolazione epidemica non è opportuno aspettare che la situazione diventi insostenibile perché a quel punto ogni decisione avrà poco effetto e quindi è essenziale cogliere in anticipo l'indicazione della tendenza dell'espandersi dell'epidemia. È per questo che sono utili indicatori che diano l'evoluzione e non solo lo stato dei contagi, indicatori come l'Rt e l'RDt già più volte qui descritti ed esaminati.

L'Rt, chiamato indice di trasmissibilità, è un indice sviluppato sulla metodica dell'indice R0 che serve per valutare la contagiosità di un agente infettivo; l'indice R0 indica infatti quanti soggetti è mediamente in grado di infettare ogni soggetto infetto in assenza di misure di contenimento dei contagi e in condizioni di completa suscettibilità della popolazione. L'indice Rt invece valuta la contagiosità al tempo t considerando la situazione del momento. Per predisporre un indice più "veritiero" si considerano solo i casi sintomatici in quanto la data di inizio sintomi permette di stimare seppur approssimativamente la data di contagio, e comunque utilizza una distribuzione di probabilità (la Gamma) per definire i tempi di trasmissione tra contagianti e contagiati.

L'indice RDt invece, da noi predisposto e chiamato indice di riproduzione diagnostica, vuole semplicemente valutare lo sviluppo del numero di diagnosi dopo t giorni. Se lo sviluppo fosse esponenziale, per t=1 l'indice sarebbe uguale allo slope della funzione esponenziale e per t=7 sarebbe uguale alla potenza settima dello slope. La scelta di calcolare l'RDt con t=7 ha due ragioni: la prima è che, come già detto, si stima che mediamente la distanza tra contagio e sintomi sia di sette giorni, ma ancor più importante è la seconda ragione, che deriva dalla presenza di una forte ciclicità settimanale delle notifiche di diagnosi dovuta sia alla minor frequenza di tamponi negli WE, ma anche alla più lenta trasmissione di dati sempre negli WE.

Quando si calcola l'RDt come rapporto della somma delle diagnosi degli ultimi sette giorni rispetto alla somma delle diagnosi dei sette giorni ancora precedenti si fornisce una indicazione che si basa su quanto avvenuto sino a 14 giorni prima, anche se se ne ricava una ipotesi dello sviluppo in corso. Da come viene calcolato invece l'Rt il ritardo è maggiore per due ragioni: la prima è dovuta al ritardo del sistema di raccolta dei dati individuali, che arriva a completare almeno il 99% dei records non prima di sette giorni dopo la data a cui ci si riferisce, e poi la seconda, perché utilizzando la data di inizio dei sintomi questa può anche essere anche posteriore alla data della diagnosi.

I due indici danno comunque indicazioni tra di loro molto simili, ma l'RDt le dà con un anticipo di circa 13 giorni, che per un indicatore di monitoraggio è un tempo importante. Il grafico qui di seguito confronta i dati dell'RDt da noi calcolato con i dati dell'Rt pubblicato nei report settimanali del venerdì pubblicati dall'Istituto Superiore di Sanità. Le date sono quelle dichiarate come data di aggiornamento dei dati in entrambi i sistemi.

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L'RDt viene da noi calcolato (e riportato subito su MADE) ogni giorno, mentre l'Rt viene riportato solo sui report settimanali. Nel grafico la linea azzurra riporta il valore dell'RDt, i segmenti verdi i valori dell'Rt nella data del suo aggiornamento e i segmenti rossi gli stessi valori, ma anticipati di 13 giorni. Risulta chiaramente una forte corrispondenza tra i valori dell'RDt e i valori dell'Rt anticipati. La differenza che si nota nel picco di fine anno dipende probabilmente sia dalla presenza nei contagiati di molti soggetti asintomatici non considerati nel calcolo dell'Rt che anche dal fatto che l'RDt aggiorna ogni giorno il suo valore mentre l'Rt ne fa una media settimanale.

Quando il 18 marzo il valore dell'RDt aggiornato al 16 marzo era 1,42 e indicava una forte crescita dei contagi, il 96° Report dell'ISS dava un Rt a 0,94, cioè suggeriva che lo sviluppo dei casi fosse in diminuzione. Al contrario il 1° aprile, sui dati aggiornati al 30 marzo, L'Rt pubblicato sul 98° Report dell'ISS valeva 1,24 mentre noi calcolavamo un RDt di 0,98, cioè con casi in lenta decrescita.

Ci si permetta quindi di concludere invitando a non utilizzare per il monitoraggio giornaliero o settimanale i risultati di calcolo dell'Rt bensì quelli dell'RDt, magari poi validati 13 giorni dopo da quelli dell'Rt.

Si eviteranno in tal modo comunicati di difficile comprensione come questo contenuto nel televideo RAI del 3 aprile in cui si dice che le incidenze calano, ma dopo aver detto nel titolo che anche l'Rt è in lieve calo, nel testo si dice che è aumentato da 1,12 a 1,24.

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Che dovrebbe dire il lettore che legge questo comunicato? Dovrebbe pensare che ogni 4 contagiati se ne stanno contagiando cinque (Rt =1,24) ma chissà poi come mai il numero di contagi invece diminuisce. Forse è opportuno dare segnali più corretti, comprensibili e non contradditori, e la responsabilità forse non è dei giornalisti, ma di chi fornisce loro le informazioni.

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