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Malattie Trasmissibili - 31/01/2022 14:23
Lasciamo il virus libero di circolare?
Era stato Boris Johnson il primo a dire che tanto valeva lasciare il virus libero di circolare, che sarebbe morto qualche anziano in più, ma l'economia non ne avrebbe sofferto. Poi su questa ipotesi sia lui sia altri avevano fatto rapidamente marcia indietro, ma adesso sembra che sia l'idea che più affascina i tanti governi del mondo.
Si diffonde infatti l'opinione che, dopo la vaccinazione di gran parte della popolazione, il Covid-19 sia una malattia come tante altre, anzi meno pericolosa di tante altre. E allora perché mantenere misure scomode e fastidiose come il Green Pass, le mascherine, e altro ancora? Facciamone a meno e accettiamo le poche conseguenze. Così si sta decidendo nel Regno Unito e così sembra si stia pensando di fare anche da noi.
Perché continuare con un contact tracing che neppure si riesce più a fare? Perché costringere a lunghi periodi di isolamento e di quarantena? Teniamo a scuola i ragazzi asintomatici, eliminiamo la quarantena dei conviventi, facciamo come si è sempre fatto con l'influenza: se ne resta a casa chi è malato e basta!
Sembrerebbe una buona idea soprattutto per chi si preoccupa, anche giustamente, di garantire la ripresa economica oppure si preoccupa che i ragazzi possano non avere la formazione in presenza che serve.
Ma guardiamo quale potrebbe essere la ricaduta sulla popolazione in termini di salute ed in particolare in termini di mortalità. È difficile ipotizzare quanti saranno ancora i contagi nelle prossime settimane ma, sapendo anche che potremmo sbagliare, proviamo a proiettare per un mese l'attuale incidenza; una proiezione a breve potrebbe anche non esser troppo falsa.
Se la circolazione del virus dovesse continuare a seguire questo modello, così rispettato negli ultimi 18 giorni, dal 1° al 28 febbraio si potrebbero diagnosticare 2.788.419 nuovi contagi, sicuramente meno dei 4.444.513 contagi osservati nei 28 giorni dal 31 dicembre al 27 gennaio 2022.
Da questa stima dei futuri contagi si può cercare di ricavare la probabile somma di decessi da Covid-19 che si dovranno registrare nel mese di febbraio prossimo. Ipotizzando una latenza media di 21 giorni tra diagnosi e decesso si possono confrontare le 8.068 morti accadute nelle quattro settimane dal 30 dicembre al 27 gennaio con i 1.918.983 contagi diagnosticati nelle quattro settimane tra il 10 dicembre ed il 7 gennaio.
Se si calcola la letalità complessiva delle quattro settimane risulterebbe del 4,2 per mille ma l'aumento di diagnosi anche sui soggetti non sintomatici e forse anche la minor virulenza della variante Omicron hanno prodotto una sostanziale riduzione delle stima della letalità come qui riportato facendo il rapporto tra le medie mobili settimanali di decessi e dei contagi.
L'ultimo valore ottenuto rapportando i decessi registrati dal 21 al 27 gennaio rispetto ai contagi di 21 giorni prima, cioè dal 31 dicembre al 6 gennaio, è di 2,68 decessi ogni mille contagi.
Possiamo quindi ritenere che una stima della letalità del 2 per mille dovrebbe risultare ottimistica e non dovrebbe essere superiore a quella che si osserverà in febbraio. Se ciò è vero e se è vera la stima dei contagi futuri, allora nel mese di febbraio ci si dovrebbe aspettare un numero di decessi de Covid-19 non inferiori a 2.788.419 x 0,002 = 5.577, cioè in media circa 200 al giorno.
Ma che età e che genere avranno questi decessi? Rifacendosi ai dati delmese di dicembre 2021 si osservano i valori della letalità per età e genere riportati nel grafico. Si è riportato anche un grafico con l'ordinata in scala logaritmica per poter evidenziare anche i valori delle classi meno anziane.
Si nota un aumento regolare e moltiplicativo della letalità all'aumentare dell'età e interpolando i dati si può evidenziare come la percentuale di letalità aumenti del 12% per ogni anno di età. Nei grafici seguenti si riportano i valori teorici interpolati in tal senso.
A 43 anni si osserva 1 decesso ogni 1.000 contagi, a 63 anni 1 decesso ogni 100 contagi e a 83 anno 1 decesso ogni 10 contagi, con valori maggiori per i maschi rispetto alle femmine.
Se questa è la realtà ci si deve chiedere se siano accettabili 200 decessi al giorno per una patologia che si potrebbe cercare di contenere. È pur vero che la probabilità di morte di chi ha più di ottant'anni è dieci volte quella dei sessantenni e cento volte maggiore di quella dei quarantenni. Però accettare questo sacrificio per avere il vantaggio di abbandonare le misure di contenimento della circolazione del virus è etico oltreché conveniente? Anche perché potrebbe accadere che una maggior circolazione del virus comporti più contagi e quindi più decessi. E comunque non è proprio del tutto accettabile considerare che una morte anziana è meno grave di una morte adulta, quindi se muoiono solo dei vecchi pazienza!
È pur anche vero che i decessi sono prevalentemente tra i soggetti che non si sono vaccinati, ma non si può di certo sottrarsi da questa valutazione affermando che "se muoiono è colpa loro"!
Si rifletta allora se "lasciare circolare liberamente il virus" non coincida con lasciargli "la licenza di uccidere", che si cerchino perciò delle modalità di contenimento dell'epidemia che non ostacolino le attività economiche e sociali ma anche che non facciano alzare bandiera bianca nella lotta all'epidemia. E sicuramente si cerchi anche di ottenere una adesione da parte dei tanti, seppur percentualmente pochi, restii a vaccinarsi vuoi per paura vuoi per desiderio di opporsi ad una pratica da tutti accettata.
1.
Impatto sui ricoveri ospedalieri
Alle interessanti (e condivise) riflessioni di questo articolo, aggiungerei che una maggior circolazione del virus comporterà anche una maggiore percentuale di infezioni asintomatiche, diagnosticate 'incidentalmente' nei soggetti che accedono alle strutture ospedaliere per patologie non-covid. Poiché, ad oggi, le persone 'positive' vengono isolate all'interno degli Ospedali e accedono solo a percorsi diagnostici terapeutici a loro dedicati (per mantenerli separati dalle persone negative), un maggior numero di questi casi potrebbe avere un impatto organizzativo significativo anche sulla organizzazione delle attività ordinarie di ciascun Ospedale.