Dal primo del mese di giugno, quasi inaspettatamente, i contagi Covid hanno ricominciato a crescere e le ragioni della crescita sono state molto discusse, seppur non del tutto dimostrate. La crescita è stata costante se si considera la media settimanale delle notifiche centrata su ogni giorno, in modo da eliminare il costante ciclo intra settimanale.

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Da metà luglio i contagi hanno smesso di crescere e hanno iniziato a diminuire. La curva dell'andamento stupisce per il suo andamento regolare e invita a cercare i motivi non solo della crescita, ma anche – e adesso soprattutto, – della decrescita. Non ci sono molte analisi al riguardo e rimangono vari dubbi sui fattori che la stanno determinando. Si deve peraltro notare che, seppur con modalità non del tutto contemporanee, la crescita e la decrescita si sono e si stanno manifestando anche in molti altri Paesi europei (Francia, Germania, Spagna, Portogallo) ed è anche per questo che vorremmo chiedere a degli esperti cosa ne pensano al riguardo.

A uno statistico vorremmo chiedere se pensa che i dati oggi siano completi e affidabili

Che le diagnosi di positività sottostimino i contagi è cosa nota da sempre, dato che esistono contagi asintomatici che difficilmente emergono, se non quando vengono richiesti dei test di negatività, per esempio per accedere ad ambienti o servizi. È probabile anche che ultimamente siano notificate meno diagnosi di positività a causa di test auto somministrati e forse anche dei laboratori o delle farmacie che – si dice – talvolta tralascino, colpevolmente, la trasmissione dei dati su richiesta del paziente. Ma che questa sottostima sia la spiegazione della riduzione delle diagnosi di positività certificate pensiamo sia molto improbabile, dato che vi è una forte regolarità della serie giornaliera dei dati e una costante proporzione con i dati dei ricoveri e dei decessi di soggetti positivi.
Quando si sono verificate delle irregolarità, come successo per esempio nei dati Lombardi dal 26 al 29 giugno, l'analisi le ha evidenziate facilmente e queste non sembrano ultimamente più frequenti di prima. Insomma, certamente c'è un "rumore di fondo" che si aggiunge al segnale, ma non sembra in grado di modificare il segnale stesso.

A un virologo vorremmo chiedere se dopo tante varianti più contagiose ne sia arrivata una meno

Sembra strano, ma spesso accade, che, quando viene annunciata una variante più contagiosa, i contagi invece diminuiscano. È pur vero che tra l'affacciarsi di una variante, il suo diffondersi e il manifestarsi dei contagi trascorrono diversi giorni, ma anche considerando questo periodo di latenza non si è spesso confermata la maggior contagiosità supposta del virus.
Il 1° agosto, Mauro Pistello, virologo pisano, lancia l'allarme di una nuova variante "Centaurus", la sotto variante di Omicron 2 BA.2.75, e anche altri virologi ne temono la pericolosità.
Vedremo a settembre cosa succederà, ma per il momento vediamo solo decrescere i dati e ci chiediamo se per caso non si sia invece diffusa una variante meno contagiosa, anche se, come ovvio, le nuove varianti riescono a imporsi sulle precedenti solo se sono maggiormente contagiose.

A un infettivologo vorremmo chiedere se la suscettibilità della popolazione possa essere diminuita

Gli italiani che hanno ricevuto una diagnosi di positività al Covid registrata sono ormai più di 21 milioni. Quindi, almeno un terzo della popolazione è stata infettata dal virus SARS-CoV-2, seppure nelle sue diverse varianti, ed è possibile ipotizzare che in realtà questo terzo, – considerati, come si è detto, i possibili asintomatici – sia in realtà la metà della popolazione.
Vi sono, inoltre, le vaccinazioni che hanno riguardato più di cinquanta milioni di italiani con almeno una dose e più di quaranta milioni con addirittura la terza dose di richiamo booster. La quarta dose, invece, è stata sinora somministrata a non più di due milioni e mezzo di soggetti e le frequenze giornaliere di nuove somministrazioni non sono molto elevate. In questo quadro, sicuramente si deve considerare come presente un livello non trascurabile di immunità seppur parziale, in quanto si osservano infezioni ripetute o infezioni post vaccino.
Ma la situazione non sembra sia sostanzialmente cambiata da inizio giugno a oggi, almeno in misura tale da poter ritenere che l'attuale dimezzamento dei contagi sia attribuibile a un dimezzamento della suscettibilità.

A un clinico vorremmo chiedere se attualmente il Covid dia solo sintomatologie trascurabili

Sono molti i clinici, medici ospedalieri o di base, che affermano una riduzione della sintomatologia conseguente a un contagio Covid. I casi gravi sicuramente diminuiscono e si è ridotta pure la letalità, stimata ultimamente a meno del due per mille.
Ma, se si osservano le prevalenze di contagiati e quelle dei ricoverati ospedalieri, queste mostrano un andamento molto simile; infatti, la percentuale di positivi ricoverati è praticamente stabile attorno all'otto per mille da inizio 2022.

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Non sembra, quindi, che il quadro clinico dei contagiati si sia modificato molto, anche se può essere che tra i soggetti meno fragili la sintomatologia sia stata soggettivamente percepita come meno aggressiva e non abbia necessitato di arrivare a diagnosi.

A un igienista vorremmo chiedere quali misure di prevenzione siano eventualmente intervenute

Non risulta che da giugno si siano prese nuove misure atte a contenere la circolazione del virus. Le mascherine sono rimaste obbligatorie solo in rare situazioni, come per esempio sui mezzi di trasporto, e non ci sono limitazioni importanti alle riunioni collettive. Se la crescita dei contagi a inizio giugno può forse attribuirsi alla riduzione dell'obbligo della mascherina e alla liberalizzazione delle riunioni, non si può certo attribuirvi, viceversa, l'esito della diminuzione dei contagi, dato che non è stata ripristinata alcuna misura, come invece era accaduto in gennaio quando iniziò a ridursi, forse per questo, l'ondata di Capodanno.

A un sociologo vorremmo chiedere se i comportamenti della popolazione siano cambiati

Può essere che la popolazione si sia accorta che l'epidemia non era finita come forse ci si stava illudendo che lo fosse a inizio giugno. Tutti, o quasi, i media hanno tamburellato a favore della normalizzazione, spinti anche dalla politica che cercava consenso e voleva favorire la ripresa economica. Ci fu una trasmissione televisiva dall'Arena di Verona in cui, oltre al ricordo di Lucio Dalla, si celebrò il "ritorno alla normalità". Questo atteggiamento manicheo, o il terrore o la non curanza, forse nelle ultime settimane si è articolato in una maggiore consapevolezza del fatto che si può far di tutto, ma senza dimenticare di mantenere la necessaria precauzione per non contagiarsi. Forse ciò non è sufficiente a spiegare il perché della riduzione dei contagi, ma a qualcosa può aver contribuito.

A un epidemiologo vorremmo chiedere se vi siano differenze di andamento nei sottogruppi di popolazione

Una delle affermazioni più frequenti è stata quella che l'epidemia si sarebbe ridotta durante la stagione estiva per due motivi: perché si sarebbe comportata come tutte le patologie respiratorie e perché la popolazione avrebbe vissuto più all'aperto, o comunque in ambienti molto areati.

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Così in effetti sembra sia avvenuto sia nel 2020 sia nel 2021. Ma, nel 2022, proprio a metà giugno è iniziata una notevole ondata di contagi che ha raggiunto il massimo a metà luglio, mentre le temperature sono state per tutti i due mesi decisamente elevate sia nei valori massimi sia minimi.

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Un altro aspetto da considerare è lo sviluppo omogeneo dell'epidemia nei mesi di giugno e luglio 2022. La crescita e la decrescita sono state simili in tutte le 21 Regioni e ciò dovrebbe far pensare che i fattori determinanti siano simili a livello nazionale, escludendo quindi tutti i fattori che agiscono a livello locale e anche quelli che agiscono espandendosi nel tempo da alcune Regioni alle altre.

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Esaminando, invece, le età dei contagiati, si nota un andamento simile in tutte le classi di età e nei due generi delle percentuali di crescita quindicinale: minimo incremento nella prima quindicina di giugno e massimo nella seconda e decrementi minori nella prima di luglio e maggiori nella seconda. I decrementi sembrano meno accentuati nelle classi di età tra i 60 e i 79 anni. È probabile che questa diversità derivi proprio da quella parziale registrazione delle diagnosi di positività probabilmente più frequente nei giovani che si ritengono meno a rischio. Tra i due generi non sembra, invece, vi siano state differenze importanti.

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Si deve concludere confessando l'incapacità non solo a dimostrare, ma anche solo a ipotizzare quali siano i fattori che stanno determinando la decrescita dei contagi in questi mesi estivi del 2022.

Speriamo, quindi, di ricevere dagli esperti qualche indicazione al riguardo basata su evidenze, perché il capirlo non è certo solo una curiosità, bensì un’indicazione indispensabile su ciò che si deve fare per favorire il contenimento dell'epidemia nei prossimi mesi.

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