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Malattie Trasmissibili - 16/12/2021 14:42
Apriamo il dibattito sul contact tracing
Tra le varie armi che abbiamo cercato di forgiare per affrontare il SARS-CoV-2, c'è quella del Contact Tracing (con o senza l'aiuto dell'App Immuni, che è stata, ahimè, un flop soprattutto perché scaricata da una minoranza di italiani e forse anche per il funzionamento non del tutto efficiente).
Molti operatori dei servizi di prevenzione sono stati invece adibiti a un contact tracing che potremmo chiamare "manuale" consistente nel registrare i contagiati e i loro contatti imponendo a questi un periodo di quarantena. Questa operazione si basa su due ipotesi: la prima è che i contagi siano per lo più di origine interpersonale e quindi sia essenziale isolare i focolai emergenti, e la seconda è che i contagiati siano in grado di ricostruire, senza l'uso dell'app Immuni, quali siano stati i loro contatti.
Questa attività ha richiesto un impegno importante di operatori addetti; alcuni hanno stimato la necessità di un operatore ogni due contagiati, considerando una media di cinquanta contatti per ciascun contagiato.
La prima perplessità sul Contact Tracing nasce proprio dalla sua gravosità, che lo rende ineseguibile quando l'incidenza supera una certa soglia, peraltro molto esigua; alcuni ipotizzavano che questa si aggirasse sui tremila contagi al giorno, un sesto degli attuali!
La seconda critica si riferisce invece al fatto che sembra che oggi la maggior parte dei contagi avvengano al di fuori dei contatti conosciuti e quindi il Contact Tracing non ha avuto modo di intercettarli. Non è chiaro se ciò avvenga per impossibilità di individuare i contatti o se invece perché i contagi avvengono più su base ambientale che interpersonale. Se così fosse si dovrebbe concentrare gli sforzi sull'individuazione degli ambienti a rischio invece che dei soggetti iperdiffusori.
Per questo motivo crediamo sia importante favorire la riflessione e il dibattito sull'argomento e sollecitiamo tutti coloro che hanno esperienza di Contact Tracing ad intervenire chiarendo se le obiezioni sono reali, se il Contact Tracing debba essere mantenuto e quali eventualmente possano essere le modalità di cambiamento e le alternative. Per favore intervenite!
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2.
valutare efficacia di Contact Tracing
La risorgenza epidemica da COVID-19 in questo autunno 2021 riporta di attualità il tema del valore del Contact Tracing CT. E' verosimilmente fuori discussione la sua efficacia in condizioni di iniziale o modesta circolazione del virus, come ha anche confermato un fortunato esempio britannico di Natural Policy Experiment (Fexter T, Graeber T Measuring the scientific effectiveness of contact tracing: Evidence from a natural experiment PNAS 2021 Vol. 118 No. 33 https://doi.org/10.1073/pnas.2100814118). In questo caso un errore di procedimento ha interrotto per qualche giorno la segnalazione dei casi meritevoli di inchiesta (e quindi il relativo CT) con una frequenza diversa tra diverse aree; questa discontinuità, distribuita in modo casuale, ha permesso di confrontare in modo quasi-sperimentale l'andamento epidemico e della mortalità tra le aree con maggiore e minore interruzione del CT, dimostrando il vantaggio delle aree con più tracciamento.
Il fatto è che in condizioni di larga circolazione del virus non ci sono prove che il CT sia sostenibile e possa funzionare. E' un peccato che finora non si sia approfittato degli esperimenti naturali di casa nostra per valutare l'impatto del CT. In effetti sono molte le ASL in cui nei periodi epidemici più concitati si è concentrata l'attenzione del tracciamento dei contatti solo sui casi notificati in tempi più recenti, saltando chi in lista di attesa avrebbe ormai superato i tempi di quarantena. Confrontando le ASL che hanno sospeso il CT e quelle che non lo hanno, seppur per brevi periodi, sarebbe possibile valutare l'impatto di queste politiche sull'andamento dei nuovi casi e delle forme severe, in circostanze di alta circolazione del virus.
Se si confermasse che la sospensione del CT in queste circostanze non cambia l'andamento epidemico, allora ci si potrebbe ragionevolmente concentrare su come si possa migliorare il CT che i casi di solito attivano spontaneamente ("CT fai da te"), e concentrare le risorse dei servizi di prevenzione nel tracciamento retrospettivo per la ricostruzione delle vie di contagio che possono essere contrastate con misure di sanità pubblica. Per il CT spontaneo serve un'adeguata combinazione di buona informazione pubblica sulle misure da raccomandare, di facile accessibilità ai test, di facile comunicazione per il counselling; oltre che un alleggerimento delle regole che rendono obbligatori alcuni adempimenti. Per il tracciamento retrospettivo ritornano di attualità le proposte di sistemi automatici di caso-controllo sulle possibili vie di contagio da indagare al momento della notifica del risultato del test con un questionario on line compilato da positivi e negativi che aderiscono volontariamente; un tale sistema potrebbe alimentare settimanalmente i servizi di prevenzione di informazioni utili ad attivare inchieste ad hoc sulle vie di contagiorisultate più associate alla differenza tra casi e controlli e suggerire misure di contrasto idonee.
1.
Stato dei Servizi, dei Dipartimenti di Prevenzione, dei Presidi Multizonali di Prevenzione
Si fa presto: i Dipartimenti di Prevenzione sono dimezzati. Dei tre LEA si risparmia solamente sul primo: quello della "prevenzione collettiva e della sanità pubblica". La pandemia virale in molti territori ne ha dimostrato lo sfascio. Forse ci sono anche problemi seri nella formazione degli operatori, non solo per il contrasto di una pandemia virale. La ricerca scientifica specie di quella applicata agli obiettivi della programmazione sanitaria, sociosanitaria, sociale è chiaramente insufficiente.
3.
Contact Tracing: quando e come
Il contact tracing nasce come metodo per l’individuazione dei casi e dei contatti in un focolaio epidemico da patologie trasmissibili per la sua circoscrizione ed isolamento successivo.
In epoca pre pandemica la sua efficacia in caso di focolaio di malattie trasmissibili era quasi assoluta. Casi ad esempio di meningite o altra patologia infettiva comunitaria (scuola o piccola comunità) individuati dopo segnalazione clinica vengono affrontati con intervista al caso indice e ai suoi familiari, individuazione dei contatti stretti occorsi nella fase infettiva pre sintomatica di incubazione o prodromica, loro isolamento e sorveglianza attiva, spesso accompagnata da somministrazione di antibiotici a scopo preventivo ai contatti, laddove la causa era batterica.
L’efficacia di questo approccio nel portare all’isolamento di un focolaio di patologia infettiva e ad impedirne la sua diffusione è sempre stata altissima. Condizioni necessarie per l’efficacia e per la sua corretta esecuzione e riuscita sono
Le risorse di personale dei Dipartimenti di Prevenzione cui è attribuita la funzione di controllo delle malattie infettive sono state in passato sufficienti per fronteggiare l’insorgenza di focolai sporadici e per permetterne la risoluzione in tempi brevi.
Con la comparsa dell’epidemia da SARS-COV-2 il contact tracing è stato applicato anche a questo agente, ma l’applicazione ha determinato una serie di difficoltà crescenti man mano che l’epidemia cresceva di intensità perché’ le condizioni su cui si basa l’efficacia del metodo sono venute a mancare:
Già lo stesso Istituto Superiore di Sanità considera inefficace il contact tracing quando si verificasse il caso di un numero di positivi molto elevato (superiore a 50 casi x 100.000 giornalieri) consigliandone un’applicazione limitata per garantire almeno le disposizioni medico legali legate al riconoscimento dello stato di malattia e suo conseguente indennizzo previdenziale, ma avvertendo che in tale contesto la sua efficacia nel circoscrivere un focolaio è da ritenersi molto modesta.
Analoghe considerazioni sono riportate dal CDC statunitense e dal ECDC europeo.
È indubbio che in assenza di un presidio preventivo quale la vaccinazione o di disponibilità di farmaci che garantiscano la cura e la guarigione di quasi tutti i casi, il contact tracing (assieme al lock down totale, cioè alla quarantena di una intera comunità) resta l’unica arma disponibile al sistema sanitario per cercare di controllare una patologia infettiva diffusa, ma come si è visto esso ha mostrato notevoli limitazioni dal punto di vista della sua efficacia in situazioni di elevata incidenza.
La curva epidemica dei casi registrata nel 2020 ha mostrato di essere insensibile all’attività di contact tracing messa in campo dalle aziende sanitarie.
Le cause sono state molteplici:
L’enorme sforzo compiuto dalle aziende sanitarie per formare personale interno (dedito ad altre attività) e adibirlo al contact tracing ha comportato la riduzione di attività strategiche in ambito preventivo, quali gli screening, e di controlli nel campo dell’igiene degli alimenti, di azioni di promozione della salute e di educazione sanitaria, con il risultato di rilevanti ritardi in campo preventivo verso patologie non infettive ma ugualmente importanti in prospettiva, le cui conseguenze saranno ancora da valutare in futuro.
A fronte di questa manifesta impossibilità del metodo di contact tracing attualmente vigente di circoscrivere la circolazione virale è legittimo interrogarsi su un ripensamento delle sue modalità di attuazione.
Per poter liberare un maggior numero di risorse di personale e garantire la funzione minimale medico legale l’unica strada percorribile è quella di rendere il più possibile automatico il sistema di tracciamento, attribuendo ai casi stessi il compito di registrare i contatti e di trasmettere la segnalazione agli stessi.
Cioè un sistema in grado di avvisare tempestivamente i casi positivi segnalati (con sms o mail), invitandoli a registrarsi su un portale su cui inserire i contatti stretti con e-mail e telefono cellulare, cui inviare contestualmente un avviso automatico comprensivo delle disposizioni di quarantena e delle istruzioni da seguire nei giorni successivi.
La tecnologia attuale consente la messa a punto di sistemi simili, adottati da alcuni mesi in Lombardia in via dapprima sperimentale in alcune province e successivamente diffusi al resto della regione, che di fatto portano a limitare il numero di operatori necessari a contattare i casi alla sola situazione di mancanza di telefono mobile o e-mail e alla notifica di guarigione e fine isolamento, con una riduzione delle risorse umane dedicate del 50%.
Questo garantisce il rispetto delle emissioni di certificazioni a valore medico legale necessari ai malati o alle persone isolate, e allo stesso tempo di mantenere le altre attività di prevenzione collettiva ed individuale per la tutela delle patologie prevenibili.
Ampio spazio resta per la diffusione di azioni di prevenzione da adottarsi al livello individuale (inviti alla spontanea comunicazione di avvertimenti ai contatti da parte dei casi positivi, rispetto delle norme di igiene delle mani, dell’uso della mascherina anche all’aperto, del distanziamento sociale che ormai dovrebbero essere stati acquisiti da gran parte della popolazione).
In conclusione l’esperienza fin qui condotta in Italia ha mostrato che il contact tracing è di limitata utilità come strumento di controllo della diffusione dell’infezione in situazioni di elevata incidenza di malattia.
Il contrasto alla diffusione va perseguito con altre modalità (vaccinazione, igiene, protezione individuale e distanziamento sociale) mentre il contact tracing tradizionale va sostituito con sistemi il più possibile automatizzati atti a garantire le certificazioni medico legali necessarie alla popolazione colpita, rassegnandosi all’evidenza dei dati epidemiologici che ne documentano l’inefficacia in caso di alti tassi di incidenza.
Qiuyue Ma, Jue Liu, Qiao Liu, Liangyu Kang, Runqing Liu, Wenzhan Jing Yu Wu,; Min Liu. Global Percentage of Asymptomatic SARS-CoV-2 Infections Among the Tested Population and Individuals With Confirmed COVID-19 Diagnosis A Systematic Review and Meta-analysis, JAMA Network Open. 2021;4(12):e2137257. doi:10.1001/jamanetworkopen.2021.37257