I dati dell’epidemia che solitamente più si analizzano sono quelli dell’incidenza dei contagi, della prevalenza delle terapie intensive e dei decessi mentre poco vengono utilizzati i dati della prevalenza globale dei ricoveri. È opportuno subito evidenziare che purtroppo non si dispone dell’incidenza di ricovero, cioè del numero dei nuovi ricoverati, bensì della sola prevalenza e quindi non si può stimare quanti siano in ammissione e quanti in dimissione, ma solo la loro differenza.

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La prevalenza di ricoveri ha avuto un massimo nella cosiddetta seconda ondata dopo metà novembre ma ci sono stati anche i picchi della prima ondata di inizio aprile 2020 e di inizio aprile 2021. Mentre tra la prima e la seconda ondata i ricoveri si sono praticamente annullati, tra la seconda e la terza non sono mai stati inferiori alle 20.000 unità.

Esaminando invece le variazioni si osserva che il bilancio tra ammissioni e dimissioni è avvenuto poco dopo i picchi dei totali dei ricoveri e il valore dell’incremento tra ammissioni e dimissioni è andato diminuendo.

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Per valutare gli andamenti del numero di ricoverati e del bilancio tra ammissioni e dimissioni giornalieri per Covid-19 è necessario però rapportare la prevalenza dei ricoverati alla prevalenza dei soggetti positivi cosiddetti “attivi”, cioè sino alla loro negativizzazione o purtroppo al loro decesso.

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L’andamento dei ricoverati sembra infatti molto associato all’andamento dei positivi e probabilmente però quando il rapporto ricoverati/positivi diminuisce è anche perché è aumentata l’attività diagnostica e viene individuato un numero maggiore di soggetti positivi asintomatici.

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All’inizio della pandemia praticamente erano diagnosticati come positivi mediante un tampone molecolare (PCR) quasi solo i malati che si presentavano in pronto soccorso e così all’inizio del marzo 2020 la percentuale di positivi ricoverati era arrivata quasi al 70%, mentre da fine giugno è scesa sotto al 10%. Questo andamento non sembra dovuto ad un comportamento assistenziale bensì principalmente ad una strategia diagnostica dei contagiati.

Guardando l’andamento della percentuale di ospedalizzazione dal 15 settembre 2020 si vede come si sia mantenuta, nei dati riguardanti tutta l’Italia, tra il 4,5% ed il 6,5% con un massimo ad inizio ottobre, un minimo a fine anno ed una successiva crescita che continua sino ad oggi.

Gli andamenti degli ultimi giorni, dal 1° al 13 aprile, mostrano un andamento dei decessi apparentemente stabile data la scala del grafico, mentre quello dell’incidenza dei positivi è abbastanza simile all’andamento della variazione della loro prevalenza che invece sembra speculare rispetto all’andamento dei negativizzati. Si può quindi ritenere che la crescita della prevalenza dei ricoveri non dipenda effettivamente dalla crescita dei positivi e forse neppure dalla diminuzione dei negativizzati e quindi faccia pensare ad una reale crescita nei positivi di coloro che abbisognano di cure ospedaliere.

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Esaminando brevemente la situazione delle Regioni, guardiamo la percentuale di ospedalizzazione nelle giornate del secondo mercoledì di ogni mese dal 10 novembre al 13 aprile.

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A parte alcune anomalie come il valore di Bolzano del 13 aprile dovuto verosimilmente ad una sotto notifica del totale dei positivi, praticamente quasi tutte le Regioni, ad eccezione della Sardegna, hanno delle percentuali di ospedalizzazione in crescita. Sono da segnalare il Piemonte e la Liguria che mostrano percentuali molto elevate soprattutto in febbraio e marzo, oltre a Trento ed alla Valle d’Aosta la cui variabilità potrebbe anche dipendere dalla piccola dimensione demografica.

Non possiamo non chiederci se questi dati corrispondano veramente alla realtà: ad esempio è possibile che la Campania, pur essendo una regione molto giovane, abbia una ospedalizzazione in febbraio marzo pari ad un decimo di quella del Piemonte?

I dubbi che ci vengono non riguardano tanto la prevalenza di ospedalizzati che avremmo potuto meglio valutare se ci avessero dato anche l’incidenza, quanto dalla stima dei negativizzati, frequenza molto più difficile da rilevare con attenzione e precisione.

Comunque guardando il grafico complessivo sembra che le variabili dichiarate siano effettivamente coerenti tra di loro: qui è stata portata ogni giorno a 100 il numero di tutti i soggetti che dall’inizio della pandemia sono stati diagnosticati positivi e si può quindi valutare le prevalenze relative di ogni giorno. I ricoverati sono la fascia rossa che chiaramente si assottiglia con l’aumentare globale di chi si è infettato.

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E quindi togliendo dal grafico i deceduti ed i guariti, cioè i negativizzati, rimangono le due posizioni attive, cioè ricoverati ed in isolamento, ed il rapporto tra le due quote è l’indicatore che abbiamo appunto chiamato percentuale di ospedalizzazione e che avevamo già mostrato all’inizio! Almeno formalmente i conti tornano!

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E l’ultimo indicatore su cui prestare attenzione è quello ottenuto calcolando quante giornate di malattia ci sono state e quante di queste siano state passate in ospedale: Le giornate di positività registrata sono state 105.045.464 e di queste 6.774.709 sono state di ricovero ospedaliero, cioè il 6.45%. Questo è l’impatto della malattia sugli ospedali.

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