Le informazioni su cui per lo più si sono basate le analisi degli andamenti della pandemia da Covid sono state le frequenze dei casi diagnosticati, dei casi ricoverati e dei decessi. Le variazioni degli andamenti dei dati pubblicati, però, non sempre riproducono esattamente l'evoluzione della circolazione del virus ma dipendono anche da altri fattori. 

Presenti, ma meno determinanti, sono le variazioni della popolazione esposta al virus. Il totale degli abitanti e la struttura per genere ed età nei quattro anni non ha subito variazioni così importanti da influire sui valori assoluti delle frequenze. È pur vero che la distribuzione dei casi sul territorio non è stata, soprattutto nelle prime fasi, molto omogenea per cui riportando, ad esempio, i casi di Lombardia e Veneto dei primi mesi all'intera popolazione italiana si ottiene una informazione poco confrontabile con quella dei mesi successivi in cui la pandemia si é sparsa su tutte le Regioni.

Ma le differenze più rilevanti sicuramente sono dovute alla completezza delle diagnosi e della loro comunicazione. Nelle prime settimane, ad esempio, i casi rilevati erano solo quelli che raggiungevano le strutture ospedaliere, poi la diffusione dei test, prima molecolari e poi  antigenici, ha sicuramente ridotto il numero di casi non diagnosticati e l'introduzione dell'obbligo di mostrare la propria negatività al test per svolgere determinate attività, ha portato ad individuare anche molti dei casi asintomatici. I dati relativi ai ricoveri sono stati probabilmente più completi e precisi ma anche loro, nelle differenti fasi della pandemia,  hanno subito differenti regole di certificazione nei Pronto Soccorso e nei ricoveri nei reparti ospedalieri. Non molto diversa la completezza e la precisone dei dati relativi ai decessi, soprattutto di quelli avvenuti a domicilio.

Sicuramente una analisi dei records individuali permetterebbe delle analisi più precise, ma questi non sempre sono stati compilati e soprattutto non sono pubblicamente disponibili, per cui una analisi degli andamenti può essere fatta solo utilizzando i dati giornalmente pubblicati dal Ministero della Salute sul sito della Protezione Civile.

Dai dati pubblicati sino al 15 maggio 2024 risulta che durante la pandemia Covid, dal 24 febbraio 2020, si sono rilevati 26.727.128 casi, 13.397.530 giornate di degenza e 196.553 decessi che risultano così percentualmente distribuiti tra gli anni:

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È subito evidente che il rapporto tra casi, giornate di ricovero e decessi, non è costante negli anni, come emerge dalla seguente tabella:

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Ma occorre chiedersi se questa diminuzione delle giornate di ricovero confrontate con i casi dipenda da una variazione della gravità della malattia o da altro e lo stesso per i decessi che mostrano una letalità in forte diminuzione nel 2022 e poi una nuova crescita. E' evidente che queste variazioni dipendono anche, se non soprattutto, dalla completezza dei dati e specialmente dai dati di incidenza.

È allora opportuno esaminare l'andamento giornaliero del numero dei nuovi casi, del numero di ricoverati e del numero di deceduti. Per evitare le differenze dovute al ciclo settimanale delle rilevazioni si sono utilizzate nei grafici seguenti le medie mobili a quindici giorni delle frequenze. Per effettuare poi dei confronti tra frequenze con livelli di valore molto differenti, si è scelto di dividere ogni frequenza per la media del periodo 2022-2023 che risulta essere il periodo con maggiore reciproca stabilità tra casi, ricoveri e decessi. 

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Mentre l'incidenza e la prevalenza dei casi sembrano avere dei trend simili, nel 2020 e 2021 sia la prevalenza dei ricoverati che i decessi si distinguono nettamente, e ci si deve quindi chiedere se le differenze dipendano dalle modalità di registrazione dei casi ovvero da una minor progressiva gravità nel tempo della malattia. Probabilmente entrambi i fattori hanno giocato il loro ruolo, ma sicuramente nei primi mesi venivano praticamente registrati solo i casi gravi ospedalizzati o deceduti, e successivamente è molto cresciuto l'uso dei test diagnostici, prima solo il test molecolare e poi anche il test antigenico, divenuto poi anche auto somministrabile. Si legga al proposito la nota dell'AIE pubblicata il 20/10/2020 sul sito di Scienza in Rete.

Per cercare di capire quale può essere stata realmente la progressiva minor gravità della pandemia, dovuta quasi certamente ad una minor suscettibilità, risulta opportuno esaminare, semestre per semestre, i rapporti tra i dati di mortalità e gli altri indicatori, indicati in figure come D/I, D/P e D/R. E' difficile dimostrare quali siano i veri motivi delle differenze tra andamenti, però si possono fare delle ipotesi plausibili. D/I è il rapporto tra decessi e incidenza * 1000; D/P è il rapporto tra decessi e prevalenza casi * 1000; D/R è il rapporto tra decessi e prevalenza ricoverati * 1000. I tre rapporti sono stati divisi per la loro media nel periodo 2020-2023 che è risultata pari a 5,36 per D/I, pari a 0,14 per D/P e pari a 10,77 per D/R. I grafici seguenti devono quindi esser letti come scostamento dalla situazione media degli anni 2022-2023; quindi se i tre rapport avessero lo stesso valore della loro media nel periodo 2022-2023 nei grafici assumerebbero il valore uno.

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All'inizio del primo semestre della pandemia i casi segnalati erano solo quelli che venivano ricoverati o che decedevano a casa loro e questo spiega l'elevato valore di D/I e significa che in queste settimane i dati di incidenza e di prevalenza risultano del tutto sottostimati.

Il rapporto D/R risulta molto basso, sempre in relazione al valore medio 2022-2023, dato che quasi tutti i decessi avvengono in ospedale e sono in una quota elevata dei ricoveri. Nel secondo semestre questo indice si attesta sull'unità, valore da cui non si discosta più in misura elevata. Ciò potrebbe significare che il dato dei decessi e il dato dei ricoverati sono abbastanza rispondenti alla realtà e la letalità dei ricoverati, cioè dei casi gravi della malattia, ha variazioni molto inferiori ai valori della letalità calcolata sui casi incidenti, probabilmente rilevati con livelli di completezza molto variabile.

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Nel terzo semestre si osserva un andamento curioso degli indici D/I e D/P che potrebbero dipendere sia da una diversa durata della malattia ma molto più facilmente dalle modalità informatiche di calcolo dei soggetti prevalenti. Verso la fine del quarto semestre i dati sembrano iniziare a concordare con i valori medi 2022-2023.

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Le variazioni tra il quinto ed il sesto semestre dell'indice D/R probabilmente rispecchiano una diminuzione della letalità in seguito all'introduzione dei vaccini. Variazione che perdura anche nel settimo semestre in cui però nell'estate si osserva un incremento importante dell'indicatore D/I che fa ritenere probabile non tanto ad una crescita della letalità bensì ad una sottostima dell'incidenza dovuta forse all'eliminazione dell'obbligo di isolamento.

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Nell'ottavo semestre, da inizio 2024 è evidente la sottostima dei casi incidenti e contemporaneamente la sovrastima della prevalenza dovuta alla mancanza dell'obbligo di di notifica della fine degli stati di positività dei contagiati, situazione che sembra esaurirsi nel nono semestre in cui i pochi casi rilevati sono sempre più quelli dei malati più seri.

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Queste analisi portano a ipotizzare che i numeri della pandemia più affidabili siano probabilmente quelli relativi ai ricoveri ed ai decessi. Se la letalità media dell'intera pandemia fosse pari a quella della del biennio 2022-2023, cioè 5,36 deceduti ogni mille casi di Covid, ai 196.553 decessi dovrebbero corrispondere a 36.670.336 casi e non ai 26.727.128 notificati, cioè quasi 10 milioni di più, una stima forse più vicina alla realtà.

Se si considerano i rapporti assoluti e non divisi per le loro medie, la proporzione tra decessi totali e contagiati prevalenti è nei primi giorni il 60% rispetto alla proporzione tra decessi totali e prevalenti ricoverati registrati e scende rapidamente in tre mesi al 10%, poi ha una discesa costante sino all'1% di fine 2021 e successivamente subisce delle variazioni tra l'1% ed il 4%. Il rapporto qui di seguito illustrato corrisponde a R/P, cioè al rapporto tra la prevalenza dei ricoverati e la prevalenza dei contagiati.

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Si può ipotizzare che la prima diminuzione sia dovuta essenzialmente ad una maggior diagnosi e registrazione dei casi, la successiva ad entrambi i fattori, cioè più diagnosi e minor gravità grazie ai vaccini, la terza facilmente semplicemente attribuibile alla progressiva minor registrazione dei casi.

È comunque impossibile ricostruire in modo affidabile delle stime dei casi non notificati, ma quello che queste analisi dimostrano inequivocabilmente, e già peraltro lo si sapeva, è che le frequenze dei casi notificati dipendono molto dalle capacità diagnostiche ed anche dalle normative del momento che hanno molto influenzato sia i comportamenti dei contagiati sia anche quelli degli operatori, e comunque anche che probabilmente la letalità è probabilmente realmente diminuita come risulta evidente considerando la proporzione tra tutti i decessi e la prevalenza dei ricoverati qui di seguito riportata:

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