Questo post è stato scritto il 30 gennaio 2020, più di tre anni fa, tre settimane prima dell’inizio in Italia della pandemia. Facendo «pulizia» lo si è trovato in fondo a un cassetto; non si era allora pubblicato perché si pensava, forse erroneamente, che già ci fosse in quei giorni troppa «infodemia». Oggi sono passati più di tre anni ed è interessante leggere come in E&P già la si pensava allora. Comunque il blog di E&P pochi giorni dopo pubblicò diversi altri post e da allora ne sono stati pubblicati a centinaia.


Roma, Giovedì 30 gennaio 2020

La paura del diavolo, ma non basta l’acqua santa!

Il diavolo si pensava portasse nel mondo guerre ed epidemie e se delle prime ci si è resi conto che l’origine sono gli egoismi del potere sugli uomini e sulle cose e sono continuate, ahimè senza sosta, delle epidemie si sperava invece di aver trovato i mezzi per sconfiggerle o per limitarne i danni, come è stato ad esempio per l’HIV.

Ma se la paura del diavolo deriva soprattutto dal fatto che nel vissuto popolare è una entità che non si vede e che si insinua di nascosto, allora non è molto diverso da altre entità che possiedono pari malignità e che per questo chiamiamo virus!

Dal dizionario Latino-Italiano

Vǐrus [virus], viri

sostantivo neutro II declinazione

  1. umore, secrezione velenosa di serpenti e altri animali, e di piante, veleno, sostanza venefica
  2. succo, umore
  3. secrezione vegetale o animale, dotata di poteri medicamentosi o magici
  4. sapore aspro anche dell'acqua del mare, salsedine
  5. puzza, odore cattivo
  6. (in senso figurato) malignità
  7. tintura di porpora

E questi virus si insinuano in noi, ci scorrono dentro, cioè sono “influenti” e quindi producono le influenze che oggi ci spaventano più di altri possibili fattori di rischio anche più gravi ma che consideriamo meno subdoli, appunto, forse, meno diabolici.

Dopo la prima epidemia di influenza del 1889-90 (forse dovuta al virus N3H8) e propagatasi a partire dalla Russia, quella che sicuramente ha causato più decessi, forse quasi cento milioni, è stata l’influenza spagnola del 1918-20 (virus N1H1) che ha colpito soprattutto i giovani, molti dei quali soldati. Ricordo i racconti di mia madre Wally che aveva 13 anni e che, come prevenzione, le venne detto di fumar tabacco!

Ma molti di noi ricordano invece l’Asiatica del 1957-58 (virus H2N2). Nel ricordo adolescenziale non c’è la paura di morire, ma i decessi al mondo si dice possano esser stati circa quattro milioni.

Poi nel 1968-69 ci fu l’influenza chiamata di Hong Kong (virus H3N2) che in Italia non provocò grossi danni ma che forse causò quasi un milione di vittime, mentre l’influenza del 1977, chiamata la Russa (virus H1N1) fece meno danni.

Nel 2003, a febbraio, ci fu una epidemia per molti aspetti simile all’attuale influenza da Coronavirus: la SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome) che registrò poco più di ottomila casi e però ottocento decessi, cioè una letalità elevata quasi del 10% e che venne dichiarata sconfitta solo all’inizio di luglio del 2003. Più decessi creò invece l’influenza chiamata Suina del 2009 (virus A-H1N1) per la quale l’ECDC dichiarò 2.900 decessi in Europa che poi un articolo apparso su Lancet elevò a 16.400 e che altre fonti ritengono invece che possa aver causato al mondo quattrocentomila morti.  

Ma ogni anno l’influenza, virus “buoni” o virus cattivi, produce ahimè diversi decessi come quelli qui elencati:

Anno

Decessi direttamente attribuiti all’influenza

Decessi per polmonite probabilmente associati all’influenza

2006

296

6.716

2007

411

7.032

2008

454

6.883

2009

510

7.211

2010

247

7.207

2011

400

8.345

Fonte: www.assis.it/dati-istat-sui-decessi-da-influenza (non più disponibile)

Le stime in Europa sono in media di più di trentamila decessi l’anno ed i casi in Italia superano i cinque milioni.

Ciò che spaventa di più nei Coronavirus è appunto la letalità: se su cinque milioni di casi i decessi fossero per una comune influenza diecimila, la letalità sarebbe 10.000/5.000.000 cioè il 2 per mille, mentre nella SARS si è stimato siano stati del 10 per cento, cioè cinquanta volte maggiore, e nella epidemia attuale cinese del 3 per cento, cioè più di quindici volte tanto. Se la diffusione fosse sciaguratamente pari ad una normale influenza i decessi sarebbero più di centocinquantamila.

Questo è il motivo della possibile gravità di una epidemia: l’elevata letalità del Coronavirus, pur inferiore, almeno sembra, che nel caso della SARS. Una letalità del tre per cento in molte patologie non sarebbe valutata come molto elevata, si pensi ad esempio alle patologie tumorali. Ma in un caso di patologia infettiva a potenziale elevata diffusione epidemica questa letalità è effettivamente molto preoccupante.

Allora il problema è come difendersi con misure passive (evitare il contagio) ed attive (evitare la malattia). Per quest’ultima si può solo auspicare che si riesca a produrre presto un vaccino efficace in misura sufficiente, mentre per evitare il contagio si dovrebbero conoscere meglio le vie possibili di comunicazione: solo via aerea respiratoria tra uomini o anche per altre vie, ad esempio alimentare? E allora servono realmente le mascherine? Serve realmente la scelta dei cibi? Servono altre misure igieniche? Quali? Ed anche l’evitare i contatti teoricamente è un modo per evitare i contagi; ma sono realmente efficaci i cordoni sanitari?

Si parla di bloccare i confini, in Cina stanno ghettizzando le città, tutto ciò serve? È necessario?  Sicuramente di fronte a un grosso pericolo avere delle misure di precauzione non è sbagliato, ma abbiamo la capacità di valutare sufficientemente l’equilibrio tra rischi e benefici? Stiamo valutando correttamente i rischi? Stiamo valutando correttamente l’efficacia dei possibili benefici?

Insomma, non è colpa del diavolo … e per difenderci abbiamo bisogno assolutamente di informazioni affidabili che possono ricavarsi solo da attività scientificamente impostate, ed invece troppi sono i segnali sia di allarmismi infondati sia di leggerezze ingiustificate. Speriamo che la misura preventiva che risulti più efficace non sia quella di portarsi un cornetto rosso in tasca …

Usiamo più razionalità possibile e controlliamo invece i possibili stati d’ansia che possono solo aggravare la situazione portandoci a fare spesso le cose inutili e talora a non fare le cose necessarie.  

Cosa sarebbe importante sapere con elevata probabilità di evidenza scientifica:

  • CONTAGIO Quali le vie di contagio e quali le misure efficaci per evitarlo sia a livello individuale che collettivo
  • INCUBAZIONE Quanto dura l’incubazione e quando il soggetto diventa potenzialmente contagioso. Quali possibilità di contagio con soggetto asintomatico
  • SINTOMI Qual è la sintomatologia e in cosa si differenzia inizialmente nel suo decorso da una influenza normale
  • COMPLICANZE Quali sono le possibili complicanze più frequenti e più gravi anche in rapporto all’età ed alla salute dei soggetti
  • TERAPIE Quali terapie sia sintomatologiche che protettive per curare le complicanze
  • DIFFUSIBILITÀ Qual è la percentuale massima di diffusione che potrebbe raggiungere e con quale progressione temporale aumentano i casi
  • VACCINO Quali i tempi prevedibili per disporre di un vaccino e quali tempi per produrne in quantità sufficiente per la popolazione e quale efficacia prevedibile del vaccini
  • LETALITÀ Qual è la letalità sia globale sia specifica che per classe di età
  • CONSEGUENZE Quali conseguenze cliniche può produrre nei guariti

e da allora ad oggi, 30 marzo 2023:

  • 25.695.311 contagi notificati con 270.012.027 test diagnostici registrati, 
  • 11.205.595 giornate di ricovero in area medica, 
  • 1.093.217 in reparti di terapia intensiva
  • 524.308.735 giornate in isolamento domiciliare e 
  • 189.089 decessi.

[inserita correzione 06/04/2023 h:10.30]

 

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