Che un virus abbia continue mutazioni è cosa nota e certa, che queste varianti si comportino diversamente è cosa probabile, ma quali siano queste caratteristiche non è sempre dimostrato con solida evidenza scientifica.

Non è che "guardando il virus mutato" si capisce se è più buono o è più cattivo! È ovviamente necessario osservare come si comporta nell'ambiente umano in cui agisce e i fattori che determinano gli esiti dei suoi comportamenti non dipendono solo dal virus, ma anche dai soggetti che ne vengono contagiati.

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Una delle caratteristiche che già aveva preoccupato molto nella variante Alfa (inglese), e oggi ancor di più nella variante Delta, è la supposta crescita della contagiosità del virus. C'è chi afferma che la sua contagiosità sia aumentata dal 40% al 60% e chi dice che R0 sia schizzato sopra 5. Un R0 a 5 significa che per ogni durata dei così detti tempi di generazione (dal momento  del contagio subìto al momento del contagio provocato), stimati in poco meno di 7 giorni, i contagi si quintuplicano. Potremmo però considerare una popolazione vaccinata in cui i suscettibili siano solo il 50% e allora in tal caso l'Rt diverrebbe di 2,5. Secondo questa ipotesi partendo dai 1.000 casi del 7 luglio si arriverebbe a fine mese a 23.140 e addirittura, a ferragosto, avremmo 164.852 contagi!

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In questi giorni l'indice di replicazione diagnostica è in crescita e oggi, 11 luglio, vale 1,52 che è pur sempre un valore preoccupante, ma inferiore a quello che si ipotizza per la variante Delta. A fine mese avremmo 4.202 casi e a ferragosto 10.307 Queste cifre difficilmente corrisponderanno a ciò che accadrà, ma riteniamo servano per capire come sia rilevante una differenza tra un R0 = 2,5 e un RDt  =1,52.

 

Delta più contagiosa?

Sarebbe allora essenziale poter realmente determinare quale potrà eventualmente essere prossimamente un indice di riproduzione della variante Delta, ma è difficile determinarlo in un momento in cui contemporaneamente si sono ridotte, se non annullate, le preesistenti misure di contenimento: facciamo uno schema semplificato per chiarire ciò che intendiamo.

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Se un soggetto, rimanendo a distanza d , non si contagia se il virus ha una certa contagiosità, può invece contagiarsi sia se questa aumenta sia se diminuisce la distanza. E di sicuro l'estensione della "zona bianca" a tutta Italia, la riduzione dell'uso delle mascherine, la riapertura di diverse situazioni che possono comportare aggregazioni, ha portato ad aumentare la probabilità che un contagiato si avvicini ad altri soggetti. Come distinguere allora i due effetti? Non è certo facile e perciò ne deriva l'incertezza delle stime che vengono proposte.

Oltre a ciò si deve considerare che i meccanismi di contagio non sono così semplificati e quindi non è detto che una misura effettuata in una situazione relativa a un certo ambiente poi si ripeta altrove nello stesso modo. Per il momento però la percentuale di contagi dovuti alla variante Delta in Italia è di poco superiore al 25%, seppur in continuo aumento, e quindi se si estenderà se ne vedranno maggiormente le conseguenze, ed è perciò urgente saperne presto un po' di più.

Delta più aggressiva?

Un altro comportamento attribuito alla variante Delta sarebbe il raddoppio della probabilità che un contagiato debba ricorrere all'assistenza ospedaliera.

Sappiamo come uno dei problemi più drammatici per il Servizio Sanitario sia stato il massiccio ricorso alle terapie intensive e se la variante Delta producesse addirittura un raddoppio, anche se i non vaccinati fossero la metà della popolazione la situazione potrebbe riprodursi in termini simili.

La percentuale di soggetti contagiati che hanno fatto ricorso alle terapie intensive da metà dicembre a fine giugno  è rimasto sempre stabile tra l'1% ed l'1,5%:

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Ma nell'ultima settimana gli ingressi in terapia intensiva sono stati meno dell'1% come si vede ingrandendo l'ultima fase dell'andamento riprodotto nella precedente figura:

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Quindi è lecito chiedersi se in presenza di una quota importante di contagi attribuibili alla variante Delta (sembra più del 25%) sia compatibile una diminuzione dei ricorsi alle terapie intensive che contrasta con le caratteristiche attribuite alla variante stessa. Si tenga presente, comunque, che i nuovi contagi sono di soggetti con età media più giovane e quindi, probabilmente, con una risposta meno grave al contagio.

Delta più letale?

Leggendo le cronache dell'estendersi della variante Delta in Gran Bretagna non appare una crescita della letalità nei contagiati, anzi il valore della letalità sembra sia di circa il 2-3 per mille un valore molto basso mai osservato in Italia, dove invece negli ultimi mesi si attesta tra l'1,5 ed il 2,5%. Dal 20 giugno la letalità in Italia sembra in continua crescita.

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Non sembra che questo aumento possa derivare dalla modifica di alcuni parametri utilizzati per il calcolo della letalità come la durata della latenza tra notifica di positività e decesso. E si consideri che dal calcolo sono stati tolti i casi di decessi inseriti da alcune Regioni, ma dichiarati come derivati dal ricalcolo di statistiche del passato risultate incomplete.

Delta ... d come dubbi, molti dubbi.

Precisiamo con chiarezza che non vogliamo certo affermare che non ci sia la variante Delta: sappiamo benissimo che c'è e che sta diventando prevalente in Italia; una maggiore sequenziamento del virus non guasterebbe, ma i dati sono già molto chiari. Non vogliamo neppure affermare che essa non renda il virus più contagioso, o che comporti maggiori ricorsi ai ricoveri e in particolare alle terapie intensive. Non vogliamo neppure negare che in Gran Bretagna la variante Delta abbia una letalità molto inferiore alla nostra, Delta o non Delta.

Vogliamo solo dire che abbiamo molti dubbi sul considerare per certe le caratteristiche che ci sono state indicate dai pochi studi all'estero e dai molti discorsi quasi sempre non ben documentati, perciò ci permettiamo di notare come sarebbe essenziale avere studi realizzati nel nostro paese, che ci permetterebbero di fare le opportune verifiche e di consolidare le evidenze.

È infatti essenziale sapere, dal punto di vista del contrasto all'epidemia, se i contagi sono aumentati perché il virus è diventato più contagioso a causa di una o più sue varianti, ovvero se la crescita dei contagi sia causata dalla diminuzione delle misure di contenimento e dalla riduzione delle precauzioni da parte della popolazione.

È anche essenziale sapere se, anche grazie alle vaccinazioni, il virus stia perdendo di letalità ovvero se nonostante le vaccinazioni dobbiamo ancora lamentare un numero di decessi superiore al 2% dei contagiati.

Infine, che ne sarà dell'impatto sulle strutture ospedaliere se la variante Delta dovesse far aumentare di molto il numero dei contagi? Se dovesse raddoppiare il bisogno di assistenza in terapia intensiva sarebbe necessario sin da ora prevederne la riorganizzazione. Per programmare servono delle certezze e ci sembra che invece ci siano in questo momento ancora troppi dubbi. Cerchiamo di arrivare ad eliminarli e per far ciò servono studi e ricerche di cui forse c'è ancora molta carenza e non ci capacitiamo del fatto che non vengano promosse e realizzate.

E soprattutto se i contagi continueranno ad aumentare, speriamo di no, non vorremmo che si pensasse che tutte la colpa ce l'ha solo il virus e non anche noi che abbiamo abbassato la guardia, sia come istituzioni, cancellando diverse misure di contenimento, sia come singoli, abbandonando le precauzioni che ci avevano permesso di far decrescere l'incidenza dei contagi.

Abbiamo tutti enormemente bisogno di normalità, di socialità, di produttività, di serenità ... ma non si può ritrovare tutto ciò se il virus continuerà a devastare i nostri rapporti, la nostra economia, le nostre menti e i nostri cuori. Non molliamo a pochi metri dal traguardo!

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