Sembrano i tempi dell'Italia divisa tra tifare Coppi o tifare Bartali! Oggi sembra si stia dividendo "tifando" tra il riaprire tutto eliminando le misure per il contenimento dell'epidemia e il mantenimento della necessaria precauzione di fronte ad una epidemia che non appare ancora come sconfitta.

Mi sia permesso un esempio per capire la situazione in cui ci stiamo trovando: è simile a quella di un gruppo di persone che trovandosi in un bosco sentono che stanno per essere aggrediti da un branco di lupi. Tra di loro c'è chi corre veloce e chi invece ha bisogno di essere aiutato. Devono decidere se abbandonare i fragili e salvarsi scappando o cercare di aiutarli ma rischiando di essere tutti aggrediti. Oggi è meglio riaprire tutto per "salvare l'economia" accettando il rischio di qualche decesso in più o è preferibile cercare di evitare il più possibile i decessi ma rischiando di aumentare la crisi economica?

In Gran Bretagna Boris Johnson sembra abbia deciso di aprire tutto, niente mascherine e addirittura nessun obbligo di isolamento per i contagiati. Le cronache dicono che anche in altri paesi si sia deciso di eliminare gran parte delle misure che erano state introdotte per cercare di contenere l'epidemia.

Il quadro attuale dell'epidemia

Forse è il caso di fare il quadro attuale dell'epidemia che, permettendomi un'altra immagine, è simile alla sensazione di quando viaggiando a 300 km/h su un Frecciarossa il treno frena, e magari andiamo ancora a 150 km/h, ma ci sembra che si stia fermando. La decrescita del virus sta continuando, ma in modo minore rispetto a una decina di giorni fa e speriamo che non si arrivi a una situazione di stallo o addirittura di ripresa della crescita!

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Da metà gennaio 2022 i contagi sono drasticamente diminuiti da una media settimanale di circa 170.000 ad una media settimanale di 50.000 e l'accelerazione delle decrescita è stata costante sino al 12 febbraio quando l'RDt è arrivato a valere 0,67, cioè i casi diminuivano alla velocità del 33% alla settimana (che corrisponde alla diminuzione media del 5,4% al giorno), mentre il 22 gennaio l'RDt vale 0,80, quindi la velocità di decrescita è del 20% a settimana (che corrisponde al 3,2% al giorno), cioè la velocita di decrescita ha decelerato ed è diminuita di più di un terzo.

Per illustrare l'impatto dell'evoluzione epidemica con diversi valori di RDt mostriamo un esempio teorico ipotizzando che dal 22 gennaio al 20 aprile diversi valori di RDt rimangano costanti: dai 50.000 casi medi settimanali del 22 gennaio con l'RDt del 12 febbraio pari a 0,67 avremmo il 30 aprile 1.212 contagi mentre con l'RDt del 22 gennaio pari a 0,80 i casi sarebbero 5.657 ma diverrebbero 10.517 con un RDt dello 0,85 e 18.163 se pari a 0,90.

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Questo è ovviamente solo un esempio numerico ma capace di far capire la rilevanza dell'RDt come indice di andamento della dinamica epidemica.

L'impatto dell'epidemia in termini di decessi

Chi ipotizza che ormai si devono abbandonare tutte le misure di contenimento, e soprattutto Green Pass ed obbligo vaccinale, argomenta la sua opinione affermando che ormai l'epidemia è diventata solo una semplice influenza stagionale. Senza entrare nel merito delle riaperture, forse è utile capire bene quale è l'impatto attuale dell'epidemia in termini di mortalità.

Calcoliamo qui la letalità come CFR, Case Fatality Ratio, cioè come proporzione dei casi diagnosticati ed sitati nel decesso, ricordando quindi che i deceduti devono essere riferiti a tutti e soli i contagiati con una data di diagnosi uguale alla loro. Non avendo a disposizione i record individuali il calcolo qui viene effettuato considerando la frequenza delle diagnosi di contagi di 21 giorni precedenti i decessi, intervallo valutato come stima media attuale dei giorni tra diagnosi e decessi, mentre mesi addietro si considerava un intervallo di 13 giorni e che ora risulta dalle analisi cresciuto.

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Questi gli andamenti dei contagi e dei decessi riportando questi alla data di 21 giorni prima.

Se si calcolano gli incrementi giornalieri e l'incremento dall'inizio periodo dei contagi e dei decessi si ottengono i due seguenti grafici:

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Appare con chiarezza che sino alla seconda settimana di dicembre i contagi e i decessi tra i contagi stessi crescevano pressoché ugualmente e poi invece c'è stata una crescita importante dei contagi cui non è seguita una altrettanta crescita dei decessi. E' facile ipotizzare che ciò sia dovuto a tre elementi: La crescita importante dell'esecuzione dei test con tamponi che hanno identificato molti asintomatici che altrimenti non sarebbero stati diagnosticati, la crescita dei contagi tra chi aveva avuto due dosi di vaccino e non ancora la dose booster, e infine la probabile minor virulenza della variante Omicron.

Si può quindi stimare quale sia stato l'andamento della letalità nel periodo evidenziando anche solamente quella a partire dall'inizio gennaio:

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Si osserva come nelle ultime settimane la letalità sia costantemente del 2 per 1.000 contagi e quindi ogni futuro ragionamento se riaprire, socchiudere o lasciar chiuso in termini di misure di contenimento, deve ragionare sul costo di due decessi ogni mille contagi e potremmo farci una domanda dalla difficile o impossibile risposta: "Quanti morti possiamo sopportare per consentirci di togliere tutti i vincoli attualmente presenti?". Non so e non voglio rispondere!

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Si può però osservare che, dal 22 febbraio al 30 aprile, se l'RDt rimanesse costante a 0,67 ci si potranno attendere 1809 decessi mentre se rimanesse a 0,80 gli attesi diventeranno 2783, circa mille morti in più e il bilancio del numero dei decessi crescerà sempre di più se crescerà l'RDt.

Ci si domandi allora quanto l’allentamento delle misure di contenimento faccia probabilmente aumentare il valore dell'indice di replicazione e semmai non sia opportuno cercare il modo di riaprire che non comporti una sua crescita significativa come purtroppo è già stata osservata nell'ultima settimana dal 16 al 22 febbraio.

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