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A cura di Valentina Bollati e Federica Rota
E&P 2017, 41 (5-6) settembre-dicembre, p. 316-317
DOI: https://doi.org/10.19191/EP17.5-6.P316.098
Comunicazione
Homo faber fortunae suae?
Homo faber fortunae suae?
Riassunto
Molti di noi vivono nella convinzione che il nostro corpo sia una macchina la cui composizione interna ed esterna dipende unicamente dai geni che la costituiscono. C’è chi è abituato a pensare che le nostre caratteristiche peculiari, quali le capacità artistiche o intellettive, ma anche i nostri punti deboli, come le malattie cardiovascolari, i tumori, i disordini psicologici e psichici, altro non fossero che tratti distintivi programmati dai nostri geni. Il tutto si sarebbe sviluppato in un’ottica passiva: ciò che siamo, ciò che diventiamo e ciò che la vita ci riserva era visto come un qualcosa di già prestabilito, una sorta di riflesso di ciò che ereditiamo dai nostri genitori.
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