Nei giorni scorsi si è sviluppato un dibattito sull’opportunità di trasmettere ogni sera i dati riguardanti la pandemia come fa la Protezione Civile sul suo sito. Chi è favorevole a interrompere la pubblicazione dei dati afferma che è necessario farlo per ridurre l’ansia della gente, chi invece chiede che si continui a farlo pensa, al contrario, che l’ansia rischi di crescere ancor di più se non si conosce ciò che sta succedendo.

Ma il problema non è tanto nei dati in sé, dal momento che comunque è indispensabile che continuino a essere disponibili a tutti, sia per trasparenza sia per permettere che siano analizzati dagli epidemiologi, e non solo da quelli governativi ma anche da quelli indipendenti. Il problema sta piuttosto nel come i dati vengono presentati alla gente tramite i media (giornali, radio, televisioni ecc.).

Tutti ormai hanno capito che i dati della pandemia subiscono forti variazioni giornaliere soprattutto in corrispondenza dei fine settimana e delle festività perché in quei giorni si fanno meno test diagnostici e molti uffici incaricati di trasmettere le certificazioni sono chiusi. È per questo che la domenica mancano molti dati dei decessi e il lunedì mancano i casi non diagnosticati la domenica.

Per questa ragione è essenziale che anziché riportare i singoli dati giornalieri, si riportino le medie degli ultimi sette giorni; così facendo si percepirebbe meglio l'andamento epidemico senza farsi trascinare da differenze giornaliere di tutt'altro significato.

Un altro punto importante è l'indice di sviluppo dell'epidemia; viene riportato spesso l'indice Rt calcolato dall'ISS. Questo indice è importante ma inevitabilmente descrive la situazione della settimana precedente (o di periodi anche più indietro nel tempo). È allora opportuno riportare anche l'indice RDt, calcolato come sviluppo tra le ultime due settimane, che riesce a farci capire se l'epidemia sta accelerando o rallentando.

Anche per gli ingressi in terapia intensiva (TI) e per i decessi, è meglio fare uso delle medie giornaliere dei sette giorni precedenti, e occorre usare l’accortezza di mettere questi eventi (TI e decessi) in relazione al numero corretto di positivi a cui si riferiscono: per farlo bisogna considerare le diverse latenze di questi eventi: gli ingressi in terapia intensiva avvengono generalmente a una settimana dal contagio, mentre i decessi a distanza di tre settimane. È quindi con i positivi di quelle settimane che occorrerà metterli in relazione.

Un esempio di comunicato da affiancare (e non da sostituire) ai dati che vengono abitualmente dati, pubblicato giornalmente, aggiornato ed elaborato tenendo presenti le note precedenti, potrebbe essere simile al seguente:

La pandemia da Covid-19 in Italia

18 gennaio 2022

  1. Questa settimana (dal 12 al 18 gennaio) ci sono state in media 172.659 diagnosi di positività al giorno, pari a 2.003 positivi al giorno ogni centomila abitanti. Nella settimana precedente le diagnosi sono state in media 1.921, con un aumento quindi del 4,3 % (RdT 104,3).
  2. Oggi i soggetti considerati positivi sono 2.562.156, cioè uno ogni 24 abitanti; 21.163 di questi sono ricoverati, pari a8,3 ogni mille positivi. I soggetti in terapia intensiva sono oggi 1.715, cioè l’8,1 per cento dei ricoverati. Rispetto a sette giorni fa i ricoveri sono aumentati del 12,9% (RdT 112,9) e gli ingressi in terapia intensiva del 2,3%  (RdT 102,3).
  3. Nell’ultima settimana i deceduti per Covid-19 sono stati in media 324 mentre nella precedente sono stati 216; sono aumentati quindi del 49,7%. Rispetto ai soggetti diagnosticati 21 giorni prima, i deceduti di questa settimana sono il 5,9 per mille mentre quelli della settimana scorsa erano l’8,0 per mille
  4. Questi i grafici con gli andamenti nelle ultime due settimane:
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Il rapporto giornaliero qui esemplificato riguarda solo il dato nazionale, che è quello che tutti i media pubblicano. Si potrebbero però anche pubblicare rapporti simili per ogni Regione oppure aggiungere alcune tabelle o grafici con gli indicatori riferiti a tutte le singole Regioni.

Ciò che è importante è che il rapporto sia leggibile da tutti e non rischi di essere interpretato erroneamente. In tal senso si dovrebbero anche invitare i media a non comunicare quello che loro chiamano "tasso di positività" che è la percentuale di tamponi che hanno dato esito positivo. Questo indice facilmente viene equivocato, anche per il nome non corretto assegnatogli, come se indicasse il grado di espansione dell'epidemia mentre è solo funzione del numero dei tamponi eseguiti e delle ragioni per le quali sono stati richiesti.

In conclusione, ciò che il pubblico vuole sapere riguarda soprattutto tre cose:

  1. se i contagi crescono o diminuiscono,
  2. se crescono o diminuiscono più o meno velocemente,
  3. se tra i contagiati aumentano o diminuiscono gli esiti gravi e cioè i ricoveri e i decessi.

Oltre a queste tre cose, a livello locale, si vorrebbe sapere anche come è messa la propria Regione rispetto alla media nazionale e rispetto alle Regioni vicine.

Con i dati che oggi vengono comunicati sia dalla Protezione Civile sia dal Ministero o da Epicentro (organo dell’Istituto Superiore di Sanità) sono possibili molte altre analisi e valutazioni. Queste possono anche essere distribuite e commentate una o due volte alla settimana in modo "autorevole" da parte del Governo o di chi è delegato a rappresentarlo. Questi commenti possono, e devono, essere il punto di riferimento per ogni tipo di discussione pubblica.

Da parte dei ricercatori indipendenti è utile che vengano fatte altre analisi che permettono un confronto con quelle istituzionali e che possono rappresentare talvolta un approfondimento talaltra una critica costruttiva e in ogni caso orientata a migliorare la comprensione di ciò che sta succedendo. Questo aspetto è fondamentale per facilitare l’adesione delle persone alle raccomandazioni e alle misure che vengono via via disposte per la prevenzione e il contenimento dei contagi e degli esiti gravi dell’infezione.

È quindi importante che i dati siano di buona qualità e completezza, che chi li analizza sappia farlo correttamente e che chi li pubblica sappia comunicare in modo semplice ed efficace. Devono sicuramente essere evitati sia i toni di terrore sia quelli riduttivistici. La cosa più importante per controllare l'ansia è sapere che ciò che viene comunicato è corretto, comprensibile e affidabile, perché proviene da chi ha l'autorevolezza per farlo.

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