Professore universitario di statistica, prima a Sassari e poi dal 1907 a Pavia, e contemporaneamente docente di Economia agraria dal 1909 alla Bocconi di Milano, Francesco Coletti (1866-1940) non è annoverato tra i più celebri statistici metodologi di inizio ‘900, sicuramente, però, è stato tra i più convinti ed entusiasti assertori della necessità di una conoscenza “quantitativa” della realtà sociale del suo tempo, in particolare di quella relativa alle condizioni delle classi lavoratrici.

Membro del Consiglio Superiore di Statistica dal 1910, Coletti è stato tra l’altro il segretario generale dell’Inchiesta sulle condizioni dei contadini del mezzogiorno e della Sicilia (1902); ha scritto diversi volumi ed articoli su argomenti demografici e statistico economici; la sua vita e la sua opera sono descritte in diverse biografie che ne lodano l’attività e la cultura. (vedi tra l’altro la commemorazione di B. Griziotti nei Rendiconti del Reale Istituto Lombardo di Scienze e Lettere, vol. LXXIV, Fasc. II, 1940-41).

Nel 1892 il dottor Francesco Coletti, ventiseienne e da poco laureato, attento lettore e convinto socialista, rimane colpito dall’idea “bella ed intensa di significato”, apparsa sul n° 18 del giornale “Lotta di classe”, di promuovere una inchiesta ”da compiersi dai lavoratori stessi sulle loro condizioni” e scrive “currenti calamo” una lettera al direttore di Critica Sociale che la pubblica sul primo numero del 1893.

L’argomento non è sanitario ne strettamente epidemiologico ma affronta problemi comuni a chiunque che, per professione interesse o necessità, sia coinvolto in inchieste riguardanti situazioni relative agli stessi soggetti intervistati.

Noi l’abbiamo chiamata “soggettività”; c’è chi ha creato categorie concettualmente “più nobili” quale ad esempio “mondo vitale”, mentre Coletti usa l’espressione “stato psichico”.  Comunque si tratta del vissuto di ciascuno, una particolarità che, come si scrive sulla lettera, “solo potranno darci con viva schiettezza le inchieste di operai su operai”.

Lo stesso tema è stato poi ripreso dagli anni ’60 del secolo scorso ed era diventato convinzione dei più e per esso si lavorava “a studiar teoria e tecnica” quasi entusiasti di una invenzione nuova e trasformatrice. I termini del problema erano simili a quelli sviluppati dal Coletti: ”oggettività e non neutralità”, “soggettività come vissuto e soggettività come autogestione”, “rapporto tra informazione ed azione”. Il nuovo linguaggio era più ideologico ma i contenuti erano del tutto simili.

Nella lettera a Turati, Coletti si propone di “spiegare profondamente la differenza tra le inchieste britanniche e le latine”. Le inchieste inglesi presentano due caratteristiche: “l’occasione per cui furono promosse e l’obiettivo cui mirarono”. L’occasione era la preparazione delle leggi sociali come la legge del 29 giugno 1871 sulle Trade Unions e quella dell’11 agosto 1875 sulle Friendly Societies. L’obiettivo era, secondo Coletti, la lotta in parlamento tra detentori di redditi antagonisti ; “le inchieste si presentavano come mezzo più conveniente per lumeggiare dove colpire i redditi avversari e per dissimulare scaltramente, col pretesto della giustizia e della umanità, le abili avvisaglie di interessi di classe”… “ esse offrono una miniera inesauribile a coloro che intendono alla critica della fase attuale del processo economico”.

Le inchieste in Francia ed in Italia, quelle sull’agricoltura e le classi agricole, invece “intendevano provvedere alla ricognizione dello stato delle loro proprietà e solo indirettamente al benessere delle plebi rurali”. L’inchiesta agraria italiana “fu intrapresa senza che il ceto dei proprietari ne sentissero punto il bisogno!”

Invece “quale tesoro di rivelazioni suggestive ed inaspettate potrebbero apprestarci le inchieste schiettamente operaie”.

“Ritengo in breve”, afferma Coletti, ”che l’inchiesta degli operai sulle loro medesime condizioni possa profondamente giovare”, …,” per unificare e rafforzare la classe operaia e perché essa pervenga a quei graduali miglioramenti che più urgentemente le abbisognano”

Infine … “mentre le precedenti inchieste sulle classi lavoratrici provennero dalla lotta intestina dei previlegiati l’inchiesta operaia proverrà dalla volontà libera degli operai.”

Ecco allora che la “soggettività” di una indagine non deve essere fraintesa nel soggettivismo psicologico delle informazioni raccolte, bensì nell’essere i titolari dell’inchiesta gli stessi soggetti su cui si svolge. Una tale inchiesta diventa uno strumento di lotta e di riscatto mentre, dice il Coletti, le inchieste svolte da chi è al potere servono per conservare il potere stesso. Sicuramente questo approccio risente del momento storico del socialismo di fine ‘800 ma credo ponga degli interrogativi anche rispetto alle nostre attuali attività.

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