Di ticket si spendono circa tre miliardi di € e sicuramente chi li paga non ha l’impressione di contribuire solo per un quarantesimo alla spesa sanitaria. Si pensava che il ticket servisse per ridurre le inappropriatezza ma si è dimostrato che non è vero. Il super ticket di 10€ ha incrementato il ricorso a prestazioni erogate da privati che chiedono un  prezzo inferiore al ticket. Tutti i politici, chi più chi meno, hanno promesso l’eliminazione o per lo meno la riduzione dei ticket, ma poco o nulla si è fatto.

Ma a che servono i ticket? Solo a far cassa? O magari proprio a dar più convenienze alla sanità pagata di tasca propria? Si possono togliere? Non sarebbe meglio eliminarli? Sarebbe economicamente possibile? O si potrebbero comunque rendere più rispettosi dell’equità? Se in ogni caso sono e saranno una tassa sulla malattia, potremo farli diventare una tassa più equa? Che ne pensate? Che proposte fareste?

Io la penso così...

Oggi c’è chi promette di eliminarli, ma in passato ci sono state molte voci di aumento dei ticket in sanità; aumenti che taluni paventano limitati alle Regioni in disavanzo altri invece all'intero paese. Già ai tempi del ministro Tremonti fu previsto un raddoppio dei ticket, misura che poi durante il governo Letta, anche per intervento delle Regioni, fu evitato. 

Una manovra finanziaria che prevedesse l'aumento dei ticket sarebbe una manovra non solo ingiusta, ma anche di esito improbabile e spesso economicamente non conveniente a meno che si voglia riformare l'intero meccanismo dando un ruolo maggiore alla progressività rispetto al reddito.

Sarebbe ingiusta sia perché graverebbe ancora una volta sui più deboli, cioè sui malati, sia perché in molti casi spingerebbe a preferire l'erogatore privato al servizio pubblico.

Sarebbe di esito improbabile se i ticket riguardassero i ricoveri o, in misura superiore all'attuale. i farmaci. Il problema dei ticket sui ricoveri è un problema di esigibilità; non potendo rifiutare un ricovero se prima non si sia pagato il ticket è molto probabile che molti non lo pagherebbero alla dimissione così innescando un contenzioso costoso sia sul piano economico sia sul piano del consenso. Per i farmaci un aumento importante dei ticket porterebbe quasi sicuramente ad una rinuncia all'acquisto con un conseguente aggravamento delle patologie e quindi ad un aumento dei costi necessari per la loro assistenza.

Un aumento dei ticket sulle prestazioni di assistenza specialistica, che già oggi sono di notevole entità, renderebbero ancor più l’accesso al servizio sanitario nazionale non competitivo rispetto ai servizi privati che offrono la stessa prestazione ad un prezzo spesso inferiore all’ammontare del ticket.

Aumentare linearmente i ticket o estenderli a tutta l’assistenza sanitaria è una manovra  che può essere valutata con certezza come razionalmente improponibile; se si vuole cercare di ridurre la carenza di risorse economiche per la sanità allargando il copayment allora è necessario ripensare a tutto il sistema.

Il criterio base deve allora diventare la progressività dell’entità del ticket rispetto alle capacità contributive dell’utente eliminando l’attuale soglia fissa di reddito. L’ammontare del ticket inoltre non deve mai essere superiore ad una quota del valore di mercato della prestazione, ad esempio il 50%, per evitare che l’offerta privata risulti più competitiva.

Un cambiamento più “doloroso” invece dovrebbe essere la modifica delle esenzioni per patologia che appaiono in molti casi non proprio eque: perché il benestante con una patologia esente non deve pagare il ticket mentre un non benestante con una patologia non esente lo deve pagare? L’unica vera ragione dell’esenzione per patologia non è la commiserazione per la situazione di malattia bensì è la considerazione del numero di prestazioni di cui il malato potrebbe aver bisogno e quindi il probabile sommarsi nell’anno di una cifra insostenibile dovuta alla somma di molti ticket.

Si consideri inoltre che l’esenzione per patologia non considera la fase più delicata, quella diagnostica e può invece causare ritardi di accesso alle prestazioni che non solo possono determinare un peggioramento della salute ma anche un aggravio economico dep dover intervenire in fasi più avanzate della malattia.

Se si aboliscono le esenzioni per patologia si potranno allora introdurre due correttivi: il primo consiste nel tetto massimo di ticket esigibili nei 12 mesi oltre il quale vi deve essere l’esenzione temporanea; il secondo è la riduzione del valore del reddito famigliare in ragione della stima dell’ammontare delle spesa sanitarie e sociali che il paziente malato deve già sostenere di tasca propria.

In ogni caso è opportuno chiedersi se non sia meglio allora prevedere una forma di contributo annuo di “iscrizione” al SSN: se si ritenesse di aver bisogno di raccogliere cinque miliardi dal copayment (cioè il doppio dei ticket oggi riscossi) non è forse meglio abolire i ticket e chiedere il versamento, mediamente,  di un contributo di “iscrizione” in media non superiore a 100€? Dopotutto è ciò che si fa con il canone Rai, anche se questo è per famiglia mentre per la sanità sarebbe a testa. Il contributo in media di cento euro dovrebbe poi naturalmente esser modulato proporzionalmente alle possibilità contributive dei soggetti, e così graverebbe su tutti indistintamente, sani e malati, e proporzionalmente alle capacità contributive e indipendentemente dalle  categorie nosologiche.

Si ragioni bene sui ticket perché dei provvedimenti errati possono comportare conseguenze spiacevoli non solo per i pazienti che devono pagarli ma anche per il consenso nei confronti di un governo che talvolta sembra non considerare con sufficiente prudenza il fatto che ridurre considerevolmente la gratuità dell’assistenza può innescare forti reazioni nella popolazione.

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