Il Centro Studi Investimenti Sociali (Censis) è un istituto privato di ricerca socio-economica fondato nel 1964 e per tutti gli studiosi è sempre stato considerato un riferimento importante per la ricerca indipendente sui problemi del paese, anche grazie all’autorevolezza del uno dei suoi fondatori, il prof. Giuseppe De Rita, presidente dal 2007. Il Rapporto sulla situazione Sociale del Paese da lui voluto è stato spesso in questi anni un importante riferimento per lo sviluppo delle politiche sociali ed economiche.

Ricerca o marketing?

Ma oggi fa ancora ricerca o si sta dedicando al marketing dei gruppi che contribuiscono con le loro commesse a sostenerlo? Se oggi (29 maggio 2018) apriamo la pagina di copertina del suo sito internet (www.censis.it/home) troviamo in primo piano due attività relative al settore sanitario.

La  prima, il 25 Maggio, organizzata con l’Associazione Italiana dell’Ospedalità Privata (AIOP) e la seconda che si terrà il 6 Giugno promossa da RBM Assicurazione Salute S.p.A. cioè, come loro stessi si definiscono, la più grande Compagnia specializzata nell’assicurazione sanitaria.

In entrambi gli eventi viene presentato un sunto di una ricerca Censis che nel primo caso afferma che ci sono più di dodici milioni di italiani che non possono curarsi per ragioni economiche e nel secondo un’altra che afferma che l’85% degli italiani è favorevole alla sanità privata. Questi numeri sono stati ripresi da molti media e sono serviti per costruire una campagna contro il SSN e a favore della necessità di proteggersi con una assicurazione privata.

Di queste ricerche non viene per lo più illustrato a sufficienza quali fossero le domande, quali la dimensione e la composizione del campione e comunque qualsiasi rivista scientifica per la pubblicazione di un articolo con questi dati chiederebbe almeno una dichiarazione di presenza di  conflitto di interesse con le attività di chi ha commissionato le inchieste.

Cosa si intende per sanità privata?

Al di la dei problemi di metodo vi è spesso, almeno nei comunicati, anche una velata confusione del concetto di sanità privata: un conto è la sanità prodotta da un imprenditore privato ed erogata in convenzione dal SSN, un conto è la tutela privata dei costi degli utenti mediante una assicurazione privata direttamente stipulata dagli assicurati o dalle società e dalla corporazioni di appartenenza, un conto infine è la sanità direttamente pagata di tasca propria che viene appunto chiamata “out of pocket”.

Mentre è indubbio che l’imprenditoria privata abbia in alcuni casi fornito assistenza ospedaliera di eccellenza (si pensi al Policlinico Gemelli di Roma, al San Raffaele, l’IEO e l’Humanitas di Milano, ecc.), si deve anche evidenziare come nella maggior parte dei casi l’ospedalità privata non copre il pronto soccorso e non abbraccia la casistica generale o più complessa e costosa e quindi può permettersi, a differenza degli ospedali pubblici, di selezionare l’attività. Per l’assistenza specialistica, poi, la presenza del privato è ancora più diffusa e in molti casi si ha la ragionevole preoccupazione che l’appropriatezza delle prestazioni non sia una regola del tutto rispettata. Dire che l’85% degli italiani preferisce la libertà di scegliere il privato o il pubblico significa solo che non si vuole che il SSN abolisca le convenzioni con gli ospedali privati e quindi che si continui ad essere liberi di farsi ricoverare dove si preferisce, ma sempre a carico del SSN, ed infatti sono una piccola minoranza i ricoveri in ospedali privati non pagati interamente dal SSN.

Per quanto riguarda invece la rinuncia alle cure (forgone care), sarebbe innanzitutto più opportuno che si ricordasse sempre che si tratta di rinuncia a singole prestazioni e non alle cure tout court! E poi le indagini Istat ed Eurostat e i numerosi articoli sull’argomento hanno ridimensionato la misura del fenomeno che comunque rimane preoccupante e bisognoso di interventi risolutori.

La soluzione per la sanità è il “secondo pilastro”?

Ma il cosiddetto “secondo pilastro” non è quello dell’imprenditoria privata convenzionata con il SSN bensì nasce dall’idea che la “protezione” della propria salute non possa essere garantita dal SSN e quindi sia necessario avere anche una protezione, non solo integrativa ma anche sostitutiva, delle assicurazioni private. Le persone che stipulano direttamente una assicurazione privata malattia non sono ne ieri ne oggi molte, non più del 4% della popolazione, molte di più invece, si stima un 13%, sono quelle la cui azienda o la cui corporazione hanno fornito agli usufruttuari come benefit o come opportunità legata alla quota di adesione alla corporazione.

Questa ipotesi di sviluppo del secondo pilastro, che sembra il desiderio di restaurazione delle mutue di pre/833, è costantemente incrementata da una enfatizzazione dei problemi, reali, del SSN che comunque mantiene saldamente il ruolo di garante dell’accesso alle prestazioni sanitarie da parte di chiunque ne abbia bisogno indipendentemente dalla sue capacità economiche.

Un sistema sanitario pagato non dai malati ma da tutti i cittadini e finanziato non da un contributo fisso pro capite come per un premio assicurativo bensì con una quota del prelievo fiscale del tutto proporzionale alla capacità economiche di ciascuno, è tra gli aspetti di maggior valore etico del nostro sistema Italia.

Ci piacerebbe di più un Censis che facesse solo ricerca indipendente

Stimiamo molto il Censis e tutti coloro che vi collaborano, ma preferiremmo che la ricerca non si confondesse con il marketing e fossero solo i committenti delle ricerche a sostenere le loro tesi ed i loro progetti, e non i ricercatori.

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