Riassunto

Introduzione: secondo la letteratura, gli strati socialmente più svantaggiati di popolazione, tra cui le persone immigrate, sarebbero più vulnerabili al rischio di infezione da SARS-CoV-2 per una maggiore esposizione ai contatti, per una minor possibilità di proteggersi e per le complicanze del COVID-19 per fattori metabolici, clinici e di accesso ai servizi. Due progetti nazionali – uno coordinato dall’Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà, l’altro dal Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie – hanno istituito una sorveglianza epidemiologica per identificare le differenze nell’andamento temporale della pandemia da SARS-CoV-2 fra la popolazione italiana e quella immigrata. 

Obiettivi: monitorare l’andamento nel tempo dell’epidemia e delle sue conseguenze sulla salute nella popolazione immigrata in cinque regioni italiane, indagando eventuali differenze rispetto al grado di urbanizzazione e alla regione di residenza, attraverso alcuni indicatori consolidati.

Disegno: studio trasversale.

Setting e partecipanti: popolazione residente in cinque regioni italiane: Piemonte, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio e Sicilia.

Principali misure di outcome: sono state raccolte le frequenze di test positivi, ricoveri ordinari e decessi correlati a COVID-19 in riferimento al periodo tra il 22.02.2020 e il 31.07.2021. I dati sono stati aggregati per settimana, regione, grado di urbanizzazione, genere, età (classi quinquennali) e cittadinanza (italiani/stranieri). Sono stati calcolati tassi grezzi e standardizzati degli esiti considerati, stratificati per genere, cittadinanza, regione e aggregati per macroperiodo pandemico. 

Risultati: la popolazione di riferimento è di circa 23 milioni di residenti al 01.01.2020 (9,4% stranieri). Nel periodo analizzato, si sono registrati 1.542.458 casi di positività al virus, le ospedalizzazioni sono state 175.979, mentre i decessi sono stati a 44.867. Tra le persone straniere, si sono osservati tassi grezzi di ricoveri e di decessi inferiori a quelli degli italiani. I tassi standardizzati per età mostrano, invece, una tendenza opposta: quelli di ricovero risultano significativamente più alti tra le persone straniere, a causa dell’eccesso osservato nelle aree urbane, soprattutto nei periodi di ondate di picco del virus, sia per i maschi (tasso standardizzato medio settimanale: 34,6 per 100.000 dei residenti stranieri vs 24,3 dei residenti italiani sul periodo ottobre 2020-gennaio 2021) sia per le femmine (23,2 vs 15,1 sul periodo febbraio e aprile 2021). Queste differenze sembrerebbero più marcate nelle regioni del centro, tra quelle analizzate, e tenderebbero ad annullarsi per i residenti nelle zone scarsamente popolate. I tassi standardizzati di mortalità risultano più alti tra le persone immigrate, sia uomini sia donne, a partire da ottobre 2020 e più spiccatamente nel febbraio-aprile 2021 tra gli uomini.

Conclusioni: l’impatto del COVID-19 è risultato più forte tra le persone immigrate in relazione all’ospedalizzazione, soprattutto durante i periodi di picco delle ondate del virus e in alcune regioni. La differenza nell’impatto sulla mortalità è risultata minore. L’analisi dell’eterogeneità tra regioni e zone urbane mostra differenze che meritano di essere considerate nella programmazione degli interventi e nelle politiche di integrazione.

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Abstract

Background: according to the literature, socially disadvantaged strata of the population, including immigrants, have been more vulnerable to the risk of SARS-CoV-2 infection due to greater exposure and less opportunity to protect themselves, and to COVID-19 complications due to metabolic and clinical risk factors as well as to healthcare access barriers. Two Italian projects – coordinated by the Italian National Institute for Health, Migration and Poverty and the Italian National Centre for Disease Prevention and Control – set up an epidemiological surveillance to monitor the temporal trends of the SARS-CoV-2 pandemic in five Italian regions using validated indicators. 

Objectives: to identify differences between Italians and immigrants in terms of the epidemic evolution and its health consequences, and to investigate possible differences by urbanisation degree and region of residence.

Design: cross sectional study.

Setting and participants: resident population in five Italian regions: Piedmont, Emilia-Romagna, Tuscany, Lazio, and Sicily.

Main outcomes measures: frequencies of positive tests, routine hospitalisations, and deaths related to COVID-19 were collected, with respect to the period between 22.02.2020 and 31.01.2021. Data were aggregated by week, region, degree of urbanisation, gender, age (5-year classes), and citizenship (Italian/foreigner). Crude and standardised rates of the outcomes considered were calculated, stratified by gender, citizenship, region, and aggregated by pandemic macro-period.

Results: the study population counts approximately about 23 million residents as of 01.01.2020 (9.4% immigrants). During the period of interest, 1,542,458 cases of infection were recorded, whereas hospitalisations amounted to 175,979, and deaths to 44,867. Lower crude rates of hospitalisations and deaths were observed among immigrants compared to Italians. The age-standardised hospitalisation rates, on the other hand, showed an opposite trend and were significantly higher among immigrants, due to the excess observed in urban areas, especially in periods of epidemic peak, both for males (weekly mean standardised rate: 34.6 per 1,000 of foreign residents vs 24.3 of Italians over the period October 2020-January 2021) and females (23.2 vs 15.1 over the period February-April 2021). These differences seem to be more pronounced in the central regions and tend to disappear for residents in scarcely populated areas. Standardised mortality rates were higher among immigrants, both men and women, from October 2020 and more markedly in February-April 2021 among men.

Conclusions: the impact of COVID-19 was stronger among immigrants in relation to hospitalisation, especially during epidemic peak periods and in some regions. The difference in the impact on mortality was smaller. There is some heterogeneity among regions and urban areas that is worth considering in the planning of interventions and integration policies. 

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