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Covid-19; mortalità - 02/03/2023 12:31
Ma il virus non è ancora k.o.?
Sono passati ormai tre anni da quando arrivò in Italia la prima coppia di contagiati dalla Cina e il 24 febbraio 2020 è la data da cui si è iniziato a pubblicare i dati della pandemia. È stato più volte affermato che una pandemia non dura più di tre anni, ma i tre anni sono passati e non sembra che il virus sia finalmente sparito! L’OMS pubblica i dati della pandemia e se in Europa il calo dei contagi è fortunatamente importante, così non è altrove, e in particolare nel pacifico occidentale, come riporta il WHO - COVID-19 Weekly Epidemiological Update del 22 febbraio 2023.
Ma in Italia cosa succede? Sfogliando i media o ascoltando i discorsi che si fanno in giro, di Covid sembra non se ne parli più, come se si fosse convinti che tutto sia finito. Le mascherine le si vedono solo in ambito sanitario, dove rimangono obbligatorie, mentre altrove chi le indossa viene quasi considerato uno che vuol strafare! Eppure i dati non dicono che è finita, anzi dopo settimane di notevole decrescita oggi si ha persino l'impressione che la circolazione del virus voglia nuovamente aumentare. È comunque opportuno premettere che ora molte delle diagnosi di positività non vengono registrate perché molte persone, se non necessitano di una certificazione di malattia, preferiscono affidarsi a un test autosomministrato evitando così obblighi e controlli. I dati ufficiali, quindi, sono probabilmente una sottostima del numero di contagi mentre quelli riferiti ai pazienti ricoverati in ospedale probabilmente riproducono una realtà più veritiera.
I contagi sono diminuiti dal primo gennaio di circa cinque volte: da una media giornaliera di 20.000 al 1° gennaio a una media di 4.000 al 20 febbraio. Ma osservando i dati giorno per giorno si vede come nella settimana 17/23 febbraio i casi diagnosticati e registrati sono stati in tutti i giorni della settimana qualcosa di più di quelli della settimana del 10/16 febbraio che invece aveva registrato una diminuzione rispetto alla precedente.
Se la crescita del numero di diagnosi risulta molto limitata, la tendenza contraria alla diminuzione risulta però più evidente se si analizza l'andamento dell'indice RDt di replicazione diagnostica che calcola il rapporto tra i dati di sette giorni rispetto ai dati dei sette giorni precedenti.
Nei primi giorni dell'anno la decrescita è avvenuta molto rapidamente e ha raggiunto verso metà gennaio una riduzione settimanale del 60%, ma poi la riduzione percentuale si è via via ridotta arrivando ad annullarsi a metà febbraio, trasformandosi in una leggera crescita. Che non sia probabilmente solo una fluttuazione temporanea lo fa sospettare l'andamento molto simile dell'indicatore RDt in quasi tutte le Regioni, e il 23 febbraio ben 14 Regioni hanno mostrato una crescita media settimanale dei contagi.
Anche i dati ospedalieri evidenziano questa stessa tendenza. L'occupazione dei posti letto da parte di pazienti positivi al virus che il 1° gennaio era di 8.281 ricoverati, e il 1° febbraio era di 3.888 ed era scesa ad un minimo di 3.338 il 17 febbraio, il 21 era aumentata, seppur di poco, a 3.518 , cioè di un 5,4% in più.
I decessi invece hanno fortunatamente mostrato una continua seppur lenta diminuzione, da una media giornaliera di oltre 100 decessi a inizio anno a una frequenza attuale di circa 30.
Siamo quindi di fronte a una crescita, seppur lenta, dei contagi? Non lo si può ancora certo dire, sicuramente la decrescita si è arrestata. Quali sono probabilmente i fattori che hanno determinato questo arresto? Si può ipotizzare un maggior ricorso alla diagnosi certificata, magari anche determinata da una contemporanea crescita di sindromi influenzali. Non si può però escludere che la causa sia la sempre maggiore assenza di accortezza nei contatti interpersonali. Infine non si può che sperare che non sia dovuta a una crescita della suscettibilità della popolazione dopo i mesi trascorsi dall'ultima dose di vaccino e per il mancato ricorso a nuove dosi booster.
Siamo quindi in una fase molto delicata in cui si deve capire se il virus intende rimanere su livelli bassi di circolazione o voglia approfittare della nostra disattenzione per riprendere vigore. I dati delle prossime settimane ci daranno una risposta a questi nostri dubbi.