Negli ultimi anni abbiamo più volte affermato, con non celato orgoglio, che il nostro Servizio Sanitario Nazionale aveva mostrato un elevato grado di resilienza nei difficili anni della crisi economica. Non è che il sistema non abbia sofferto ma in fin dei conti è riuscito nonostante le difficoltà a garantire l’assistenza per tutti i LEA. Oggi sono sempre più frequenti, invece, gli allarmi relativi al pericolo che il sistema non ce la faccia più; può essere che alcuni di questi allarmi provengano da ambienti che vogliono la crisi del SSN per riproporre soluzioni alternative di tipo assicurativo private, ma altre invece sicuramente si originano da chi ha a cuore il SSN e non vorrebbe che la sanità italiana entrasse in difficoltà. Il problema oggi più dibattuto, e quasi un allarme, è il numero dei medici ed il pericolo che i futuri pensionamenti possano portare a situazioni di grave scarsità di personale medico.

Chi si ricorda le battaglie degli anni 70 contro la “pletora dei medici” non può oggi non amareggiarsi nel sentire che la situazione si è del tutto ribaltata e quindi che l’introduzione del “numero programmato” di accessi alle facoltà di medicina probabilmente è uno dei tanti errori di programmazione che l’Italia ha fatto in questi anni. Il problema comunque lo si deve scomporre in tre punti e cioè ci si deve chiedere se In prospettiva in Italia sono troppo pochi i laureati in medicina, se tra questi sono troppo pochi gli specialisti in alcune branche ed infine se invece il problema si limita ai medici in forza al SSN.

Gli iscritti agli Ordini dei medici

La Federazione nazionale degli ordini dei medici (FNOM) pubblica sul suo sito i dati degli iscritti al 7/03/2018 che sono i seguenti:

 

Età Maschi Femmine Totale
25-29 6.916 9.268 16.184
30-34 12.258 18.794 31.052
35-39 10.550 19.122 29.672
40-44 11.337 18.472 29.809
45-49 11.117 14.388 25.505
50-54 15.864 15.591 31.455
55-59 26.042 20.037 46.079
60-64 41.120 23.987 65.107
65-69 38.221 13.580 51.801
70-74 17.537 3.515 21.052
75+ 18.710 2.915 21.625
Totale 209.672 159.669 369.341
       
Popolazione italiana: 60.457.909
Medici trai 30 e i 64 anni di età: 258.679
Densità totale (età 30-64 anni): 4,2786627
Densità totale: 6,1090601

 

Nella distribuzione dei medici si osserva che pochi sono i laureati prima degli anni ‘70 (oggi hanno circa 70 anni e più) e quasi tutti maschi; tra gli anni ’70 e ’80 c’è stato il boom di laureati poi assotigliatosi sempre più con una media di circa seimila per anno di età e con un numero di maschi quasi la metà delle femmine. È opportuno ricordare che fu proprio alla fine degli anni ’60 che l’accesso alla facoltà di medicina fu aperto a tutti coloro che avevano un qualsiasi diploma di scuola media superiore mentre il numero chiuso fu introdotto con decreto rettorale in molte facoltà nella seconda metà degli anni ’80 ed infine che il numero programmato nazionale fu introdotto dalla legge 2/8/99 n.284. Tutte queste date spiegano puntualmente le differenti frequenze dei medici per classe di età.

Ci si deve allora oggi chiedere se un programma che consente l’introduzione di seimila medici ogni anno sia corretto, e cioè se, ipotizzando che possano professare compiutamente per 35 anni (dai 30 ai 65 anni di età), sia sufficiente in Italia avere a regime complessivamente poco più di duecentomila medici, cioè una densità di 3,5 medici per 1000 abitanti.

Se confrontiamo le densità di medici in altri paesi la risposta potrebbe essere positiva: L’OMS (apps.who.int) da come densità per la Francia 3,24, per la Germania 4,19, per l’Inghilterra 2,83, per gli USA 2,57, per l’Olanda 3,48, per la Spagna 3,87, per il portogallo 3,79, per la Svezia 4,19 ecc. Se queste cifre sono realmente confrontabili con il dato prima indicato si deve allora dire che in Italia il numero di medici non dovrebbe considerarsi per il futuro inferiore alla media europea.

Medici specialisti in attività per branca e rapporto giuridico.  Anno 2017


(Elaborazione dati FNOMCeO,  ENPAM,  Ministero della Salute,  SISAC,  ARAN, SUMAI Assoprof)

(Fonte: Sole24Ore. 21 febbraio 2018)

Un ragionamento differente si dovrebbe però fare relativamente alle specializzazioni e seppure qui non c’è spazio per un’analisi dettagliata, non si può non sottolineare come è già da molto che ci si lamenta che l’accesso troppo limitato ad alcune specialità produce una carenza di specialisti rispetto ai bisogni del sistema sanitario. In questo caso si deve ragionare non solo sul numero di professionisti ma anche sul tipo di attività che svolgono e sul loro contratto di lavoro; molti “sumaisti”, (Sindacato Unico Medicina Ambulatoriale Italiana), ad esempio, svolgono una attività part time e potrebbero invece avere una collaborazione a tempo pieno.

Tirando le somme possiamo quindi ritenere che in Italia ci siano poco più 100 mila specialisti dipendenti, 18 mila Sumaisti, 54 mila medici di medicina Generale, 65 mila specialisti libero professionisti e 20 mila medici con altre attività: il totale fa appunto circa 260 mila medici in attività cui aggiungere poco più di 20 mila medici specializzandi in formazione. Queste cifre sono approssimative ma crediamo diano una idea abbastanza fedele della situazione reale.

La domanda allora principale cui dovremmo rispondere è: oggi i medici che svolgono attività per il SSN sono in numero sufficiente a garantire tutti i LEA nell’ambito del SSN? E nei prossimi anni ci sarà la possibilità di sostituire coloro che andranno in pensione? Oggi il blocco delle assunzioni ha creato, specie negli ospedali, delle gravi carenze di personale ed in molti casi si è ricorso a forme di collaborazioni esterne con medici che non sempre hanno mostrato la stessa competenza dei dipendenti. Se vi è carenza nel numero totale, vi sono anche carenze, in molti casi ancor più gravi, sulla distribuzione dei medici nei vari settori di attività.

La competitività delle strutture private, poi, in grado di fornire remunerazioni più interessanti e di imporre meno vincoli professionali, è un altro motivo della perdita di medici da parte del SSN. Ma il fattore che più preoccupa è oggi il pensionamento di coloro che, come prima mostrato, oggi hanno raggiunto i sessantacinque anni di età; e le possibilità date oggi dal decreto “quota 100” non può che far acuire i futuri possibili disagi.

Che fare allora?

Siamo sicuri che non valga la pena di trovare un modo per incentivare alcuni medici in piena attività a rimanere nell’ambito del SSN anche oltre l’età del pensionamento? È proprio la soluzione più opportuna quella della legge Madia che impedisce ai pensionati di avere collaborazioni con strutture pubbliche? E non si possono studiare forme di collaborazione dei MMG con gli ambiti ospedalieri? In ogni caso si deve assolutamente fare una analisi precisa dei bisogni futuri e programmare gli accessi alle facoltà ed alle scuole di specialità in modo che non ci si ritrovi ancora per molto in situazioni di questo tipo

Certo, i vincoli finanziari non aiutano e probabilmente non aiuteranno, ma si devono fare delle scelte: la sanità è una priorità?  Se sì non si devono restringere le risorse come si è fatto in tutti questi ultimi anni in cui dopo aver continuato a dire che si spendeva più di tutti gli altri paesi finalmente ci si è tutti resi conto che invece il sistema sanitario italiano è quello che spende meno di tutti pur avendo gli esiti spesso migliori.

Ma al di là dei problemi finanziari e delle questioni corporative e delle contese politiche, è necessario che tutti coloro che fanno parte del SSN abbiano come desiderio quello di garantire il più possibile a tutte le persone che vivono in Italia il massimo livello possibile di salute, di assistenza e di protezione. E perché questo desiderio non venga soffocato, è importante che si garantisca agli operatori di poter ottenere buoni livelli di soddisfazione professionale.

Con l’augurio che il SSN dimostri sempre una elevata capacità di resilienza, ci si renda conto però che per garantire un giusto livello di soddisfazione degli utenti non si può prescindere anche dal garantire una giusta soddisfazione degli operatori perché solo così si può chieder loro di “crederci nel SSN”.

 

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