Abstract

The recent finding of asbestos fibres in drinking water (up to 700.000 fibres/litres) in Tuscany (Central Italy) leads to concerns about health risks in exposed communities. Exposure to asbestos has been linked with cancer at several levels of the gastrointestinal tract, and it has been documented, in an animal model, a direct cytotoxic effect of asbestos fibres on the ileum. It has been recently described a possible link between asbestos and intrahepatic cholangiocarcinoma, and asbestos fibres have been detected in humans in histological samples from colon cancer and in gallbladder bile. Taken together, these findings suggest the possibility of an enterohepatic translocation of asbestos fibres, alternative to lymphatic translocation from lungs. In animal models, asbestos fibres ingested with drinking water act as a co-carcinogen in the presence of benzo(a) pyrene and, according to the International Agency for Research on Cancer (IARC ), there is evidence pointing to a causal effect of ingested asbestos on gastric and colorectal cancer. The risk seems to be proportional to the concentration of ingested fibres, to the extent of individual water consumption, to exposure timing, and to the possible exposure to other toxics (i.e., benzo(a)pyrene). Furthermore, the exposure to asbestos by ingestion could explain the epidemiological finding of mesothelioma in subjects certainly unexposed by inhalation. In conclusion, several findings suggest that health risks from asbestos could not exclusively derive from inhalation of fibres. Health hazards might also be present after ingestion, mainly after daily ingestion of drinking water for long periods. In Italy, a systemic assessment of the presence of asbestos fibres in drinking water is still lacking, although asbestos-coated pipelines are widely diffused and still operating. Despite the fact that the existence of a threshold level for health risks linked to the presence of asbestos in drinking water is still under debate, the precautionary principle should impose all possible efforts in order to revise health policies concerning this topic, and a systematic monitoring of drinking water to quantify the presence of asbestos is certainly needed in all regions. Further epidemiological studies aimed to the identification of exposed communities and to an adequate health risk assessment in their specific geographical areas are urgently needed.

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Riassunto

Il recente riscontro di amianto in campioni di acqua potabile in Toscana (sino a 700.000 fibre/litro) ha riaperto il dibattito sui rischi da ingestione di queste fibre. L’esposizione ad amianto è stata messa in relazione a vari tumori del tratto gastrointestinale e in vitro è stata documentata la citotossicità ileale da ingestione di fibre di amianto. Il riscontro di amianto in campioni istologici di carcinoma del colon e nella bile colecistica suggerisce la possibilità che, oltre alla migrazione/ traslocazione dai polmoni ad altri organi per via linfatica, sia possibile un riassorbimento intestinale delle fibre e il raggiungimento del fegato attraverso la circolazione portale. È stato anche descritto un possibile nesso causale tra amianto e colangiocarcinoma intraepatico. L’amianto assunto per ingestione è in grado di potenziare l’effetto mutageno del benzo(a)pirene e, secondo l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC ), ci sono evidenze sul rapporto causale tra ingestione di amianto e cancro dello stomaco e del colon retto. Il rischio sarebbe proporzionale alla concentrazione di fibre ingerite, alla variabilità del consumo idrico, alla durata dell’esposizione e alla concomitante esposizione ad altri carcinogeni (per esempio, benzo(a) pirene). La presenza di fibre di amianto in acqua potabile potrebbe, inoltre, spiegare l’evidenza epidemiologica di mesoteliomi non associabili a esposizione inalatoria. In conclusione, numerose evidenze suggeriscono che i rischi sanitari correlati all’amianto possono essere subordinati a differenti vie di introduzione e sono presenti anche per ingestione, soprattutto attraverso il consumo quotidiano di acqua potabile. In Italia mancano limiti di legge e rilevazioni sistematiche sulla concentrazione di fibre di amianto in acqua, nonostante sia ampia la diffusione delle condotte in cemento-amianto e alcune di queste siano in progressivo deterioramento, anche a causa dell’alto tasso di acidità dell’acqua circolante. Resta da stabilire con chiarezza il limite minimo tollerabile di fibre di amianto nell’acqua potabile e, per rispetto dei principi di precauzione e di prevenzione, sarebbe opportuna una revisione della normativa nazionale e un efficace e sistematico piano di monitoraggio dell’acqua da applicare in tutte le entità amministrative (comuni/province/regioni). Sono, inoltre, necessari ulteriori studi epidemiologici finalizzati alla corretta identificazione delle comunità esposte e a un’adeguata valutazione del rischio in quelle specifiche aree geografiche.

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