Epidemiologia a supporto della prevenzione nel riordino dell'ISS
La contemporaneità tra l'editoriale di Alberto Baldasseroni e quello di Silvia Candela è felice. Il primo descrive una circostanza in cui una valutazione deduttiva di inefficacia (del libretto sanitario per alimentaristi) ha dovuto aspettare una conferma empirica per essere trasformata in azione di salute pubblica. Il leit motiv di Silvia Candela – e dell'editoriale di Howard Frumkin su Epidemiology da lei commentato – è proprio quello dell'epidemiologia tesa al cambiamento, con uno spostamento dell'attenzione da ciò che causa un problema sanitario all'impatto conseguente all'intervento (o non intervento) intrapreso per contrastarne gli effetti.
Maria Rosa Montinari, Marco Petrella e Maria Angela Vigotti hanno il pregio di ricordare ai lettori di E&P che epidemiologia è anche lo studio e la prevenzione della violenza contro le donne (e della violenza in generale). Si tratta di eventi i cui determinanti sociali e ambientali, diretti e indiretti, non si discostano molto dalle distorsioni sociali che generano i fattori esogeni di rischio per la salute che stiamo studiando da decenni. Sarà fondamentale, per la rivista e per gli epidemiologi italiani che si occupano di questo fenomeno, dare spazio alle voci delle associazioni che difendono le donne. Nei giorni scorsi il Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio ha completato il Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale, con un primo obiettivo di creare una banca dati nazionale, per realizzare la quale sono stati stanziati 40 milioni di euro per un triennio (vedi portale “Partecipa!” della Presidenza del Consiglio dei ministri). Ci auguriamo che sia un buon inizio.
Rodolfo Saracci, Paolo Vineis, Lorenzo Richiardi e Milena Maule completano il recente commento di Lucio Luzzatto (apparso nello scorso fascicolo di E&P) alla stima del ruolo del caso nella carcinogenesi umana. Chiariti gli aspetti strettamente scientifici della vicenda, data la tradizionale attenzione della rivista alla comunicazione del rischio (meglio, dell'incertezza), sarebbe utile un'analisi dell'attenzione e dell'interpretazione che l'opinione pubblica e i media italiani hanno dato al fatto che due ricercatori del calibro di Vogelstein a Tomasetti ritengono che i due terzi dei tumori siano da attribuire alla cattiva sorte.
Lo studio epidemiologico avviato a Manfredonia e qui descritto nelle pagine dedicate alla sezione EpiChange si sta configurando come il più potente contributo italiano all'epidemiologia condivisa e partecipata. È una circostanza in cui – per usare le parole di Annibale Biggeri – l'epidemiologo non può rifugiarsi nel luogo tranquillo della valutazione tecnico professionale. I percorsi alternativi che lo stesso epidemiologo saprà scegliere rimarranno un riferimento nel nuovo modello di rapporto tra ricercatori e “ricercati” che si sta costruendo.
Giovanni Berlinguer viene ricordato in questo numero. Agli italiani, epidemiologi e non epidemiologi, dovrebbe essere sempre presente che, senza Giovanni, forse non si sarebbe arrivati ad avere quel patrimonio comune che è il Servizio sanitario nazionale.
Benedetto Terracini
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Rubriche
Venditori di fumo. Quello che gli italiani devono sapere sull’Ilva e su Taranto
Un ricordo di Giovanni Berlinguer
Le abitudini alimentari scorrette nei bambini di 8-9 anni in Italia sono ancora diffuse
In Italia diminuisce la prevalenza delle abitudini sedentarie dei bambini
Il rischio di tumore in chi ha già avuto una diagnosi è un po’ più elevato che nella popolazione generale
Il bersaglio del piano nazionale della prevenzione
Zucchero ministeriale
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