Riassunto

Introduzione: la relazione esposizione-risposta tra amianto e mesotelioma pleurico è stata descritta tradizionalmente attraverso modelli secondo cui l’incidenza aumenterebbe indefinitamente con la latenza. Tuttavia, negli studi con osservazione prolungata, quando la latenza supera 40 anni circa, l’aumento si smorza. È stato, quindi, proposto l’inserimento nei modelli di una funzione di decadimento esponenziale.
Obiettivi: mostrare le caratteristiche e alcune implicazioni circa l’importanza delle esposizioni remote e recenti, attraverso un esercizio di simulazione basato su dati disponibili in letteratura.
Metodi: sono stati selezionati i modelli tradizionale e con decadimento che meglio si adattano all’andamento nei primi 40 anni della mortalità per tumori pleurici nella coorte pooled dei lavoratori italiani dell’amianto. È stata confrontata l’incidenza prevista dai due modelli in funzione dell’età di inizio esposizione, della sua durata e dell’età a rischio. Si è poi confrontato il peso proporzionale delle esposizioni remote, intermedie e recenti, dividendo l’intera esposizione in tre porzioni di ugual durata.
Risultati: il modello con decadimento, ma non quello tradizionale, si adatta bene all’andamento osservato dopo 40 anni. Il modello tradizionale assegna peso massimo alle esposizioni remote e minimo alle recenti: per esempio, con inizio dell’esposizione a 20 anni di età, per una durata di 18 anni, l’incidenza predetta a 80 anni sarebbe causata al 47% dalle remote e al 21% dalle recenti. Nelle previsioni del modello con decadimento, le differenze sono molto minori e addirittura di peso invertito: 34% e 31%, rispettivamente, nel caso citato
Conclusioni: le esposizioni remote all’amianto non hanno necessariamente un peso predominante nel determinare il rischio di mesotelioma pleurico. Il bilancio tra periodi di esposizione differenti dipende dalla distribuzione temporale dell’esposizione.

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Abstract

Background: the exposure-response relationship between pleural mesothelioma and asbestos has been traditionally described by models that predicted incidence to increase indefinitely by latency. Studies with long observation showed that the increase flattens out beyond 40 years of latency. It has been, therefore, proposed to introduce an exponential decay function into the models
Objectives: to show characteristics and implications as to the relevance of remote and recent exposures, by conducting a simulation exercise based on data available from the literature.
Methods: the traditional and decay models that best fit mortality from pleural cancer during the initial 40 years of observation in the Italian pooled cohort of asbestos workers were selected. The mesothelioma incidence predicted by such models as a function of age at first exposure, exposure duration, and age at risk was compared. It was also compared the proportional weight assigned to remote, intermediate, and recent exposure, by dividing the whole exposure period in three parts of equal duration.
Results: the decay, but not the traditional, model fits well the trend observed after 40 years. According to the traditional model, remote exposures have maximum and recent exposures minimum weight: for instance, following an exposure starting at age 20 and lasting 18 years, the incidence at age 80 would be attributed to remote exposures by 47% and by 21% to the recent ones. The decay model predicts only minor differences and even of reversed weight: 34% and 31%, respectively, in this case.
Conclusions: remote exposures do not necessarily have overwhelming weight in determining pleural mesothelioma risk. The balance between different exposure periods depends on the time-distribution of exposure. 

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Introduzione

Nel 1966, per analizzare gli studi di cancerogenesi animale, fu proposto un modello in cui l’incidenza dei tumori era messa in relazione alla dose e al tempo trascorso dalla sua somministrazione.1 Il modello fu applicato agli studi sperimentali sul mesotelioma e alla mortalità per mesotelioma nei lavoratori della Cape Asbestos Company di Londra.2,3 Una versione semplificata fu applicata alla coorte dei coibentatori nord-americani.4 Viene definito, nelle sue varie versioni, modello tradizionale. Esso prevede che il tasso di incidenza sia proporzionale alla dose e aumenti indefinitamente in funzione della latenza.
A rigore, il modello si applicherebbe a esposizioni istantanee. Ciò potrebbe sembrare curioso, poiché il modello da cui deriva si applicava invece a esposizioni continue.1 Tuttavia, la persistenza delle fibre di amianto nei tessuti bersaglio fa sì che un’esposizione esterna breve determini un’esposizione interna approssimativamente continua, nel contesto dei tempi di osservazione degli studi sperimentali e, all’epoca, anche degli studi epidemiologici. Nel caso di esposizioni prolungate si rese, dunque, necessario tenere conto dell’effetto additivo di ogni “breve” esposizione ulteriore.5
L’ultimo aggiornamento della mortalità nella coorte dei coibentatori nord-americani mostrò che il rischio di mesotelioma pleurico (MMP) cessava di aumentare a lunga latenza, contrariamente alle previsioni del modello tradizionale.6 Berry aveva a sua volta ipotizzato che il modello tradizionale non fornisse previsioni corrette a lunga latenza.7 Nella coorte di Wittenoom, si riscontrò lo stesso andamento già trovato da Selikoff e collaboratori; fu così proposto di modificare il modello tradizionale, includendo un fattore di decadimento.8,9
Le osservazioni a lunga latenza su cui poggiava il modello con decadimento furono replicate nella coorte Eternit e furono confermate in due ampie analisi pooled di coorti dell’amianto.10-12 In tabella 1 è riassunto l’andamento dei tassi di incidenza (o di mortalità) osservati negli studi di coorte con durata di osservazione estesa oltre 40 anni.

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Tabella 1. Numero di casi (in parentesi) e tassi di incidenza/mortalità (per 100.000 persone-anno) per mesotelioma pleurico o per tumore maligno della pleura negli studi di coorte con durata di osservazione > 40 anni.
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I dettagli dei modelli sono riportati nei materiali supplementari online. Il modello per le esposizioni di lunga durata è espresso attraverso la funzione integrale di quello relativo alle esposizioni istantanee, denominato modello base in un rapporto dello Health Effects Institute;13 entrambi sono, quindi, specificazioni del modello tradizionale e prevedono che l’incidenza aumenti indefinitamente con la latenza. Il modello con decadimento prevede lo smorzamento di questa crescita a lunga latenza, seguito dalla stabilizzazione dell’incidenza.
La scelta tra modello tradizionale e con decadimento non è solo questione di quale strumento sia il più adatto a prevedere l’andamento dell’incidenza tra gli esposti: ha anche riflessi sulla determinazione delle responsabilità civili e penali per i casi di MMP insorti tra i lavoratori, le cui storie di esposizione sono spesso lunghe e complesse. Tra gli esperti chiamati a fornire il loro avviso nei tribunali, quelli che aderiscono al modello tradizionale attribuiscono un peso dominante alle esposizioni precoci e minimizzano o negano il ruolo di quelle tardive. Quando questa opinione prevale, molto spesso le vittime e i loro familiari non ricevono tutela, poiché, nel tempo trascorso dai fatti, le società sono state sciolte e i dirigenti responsabili delle esposizioni più remote sono deceduti. 
In questo esercizio, si mette in luce come l’applicazione del modello con decadimento generi un diverso bilancio, in cui il contributo delle esposizioni più recenti al rischio di MMP si avvicina a quello delle esposizioni più remote. Le esposizioni di lunga durata sono suddivise in tre periodi: iniziale, intermedio e finale. Viene poi calcolato il peso proporzionale di ogni periodo sul rischio di MMP secondo il modello tradizionale e quello con decadimento. I valori da assegnare ai parametri dei modelli, tradizionale e con decadimento, sono scelti in modo da garantire l’adattamento all’incidenza osservata nello studio pooled italiano.12

Materiali e metodi

I modelli

Innanzitutto, vengono presi in considerazione i modelli base tradizionale e con decadimento (modelli 1 e 6 nei materiali supplementari).
Il modello tradizionale prevede che il tasso di incidenza del MMP aumenti sempre in funzione del tempo t trascorso dall’inizio dell’esposizione che, in accordo con l’uso, viene definito latenza. L’aumento è funzione di una potenza della latenza, alla quale viene sottratta la durata media della fase preclinica del tumore, w. In tal modo, si tiene conto della latenza t-w tra inizio dell’esposizione e induzione del tumore, anziché di t, tempo tra inizio dell’esposizione e diagnosi.
Il modello con decadimento prevede che il tasso di incidenza del MMP aumenti inizialmente con la latenza, ma poi l’aumento sia smorzato in modo da rallentarne fino ad appiattirne l’andamento.
Entrambi si applicano a esposizioni brevi, mentre in caso di esposizioni prolungate di durata d devono essere integrati o approssimati dalla sommatoria rispetto al tempo dall’esposizione. Suddividendo l’esposizione in anni, è stato applicato il modello tradizionale nella forma:

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dove i indica l’i-esimo anno di esposizione, da 0 a d-1.
Il modello con decadimento ha assunto la forma:

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I parametri

Entrambi i modelli forniscono la previsione del tasso di incidenza tra gli esposti a una latenza specificata t-w; stimano cioè il rischio assoluto, assumendo che tutti i MMP negli esposti siano dovuti all’esposizione in studio. Il tasso di incidenza rappresenta il rischio istantaneo di sviluppare un MMP in t-w per un esposto esente da malattia fino a t-w-1.
I parametri predittivi sono:

  • k: potenza per il MMP della varietà mineralogica di amianto. Si adotta il valore 1 x 10-8 proposto per esposizioni miste a crisotilo e anfiboli,5 corretto per tenere conto del rapporto di conversione tra misure di amianto aerodisperso in fibre al millilitro (f/mL), rispetto alle originali particelle per millilitro (p/mL), dove 1 f/mL = 35,3 p/mL;
  • d: durata dell’esposizione in anni. Si considerano durate di 18, 24 e 30 anni, ciascuna suddivisa in tre periodi di ugual durata: remoto, intermedio e recente. Nello studio pooled dei lavoratori italiani dell’amianto la durata media era pari a 16,5 anni;14 quelle di 24 e 30 anni rappresentano il caso di esposizioni lavorative molto prolungate;
  • f: intensità media dell’esposizione, in f/mL. Si considera un’esposizione costante a 50 f/mL (l’esposizione media nello studio pooled dei lavoratori italiani era 49,3 f/mL);
  • l’età di inizio esposizione e l’età a rischio che, una volta fissate, determinano la latenza, t. Si considerano le 16 combinazioni tra le età di inizio esposizione a 20, 25, 30 e 35 anni e le età a rischio di 70, 75, 80 e 85 anni;
  • w: durata della fase preclinica. Negli studi precedenti sono stati riportati valori compresi tra 0 e 10 anni;
  • β: esponente per la latenza. La letteratura riporta valori compresi tra circa 2 e 5;
  • λ: decadimento del rischio. La letteratura riporta valori compresi tra 4% e 15% all’anno.

Nei materiali supplementari sono giustificati i valori sopra riportati. I modelli tradizionali predicono correttamente l’incidenza per t < 40. Pertanto, per ogni combinazione di età di inizio esposizione, durata dell’esposizione ed età a rischio, si confrontano le previsioni dei modelli tradizionali con quelli con decadimento a t > 40 anni. I modelli da confrontare sono quelli che si adattano ugualmente bene all’incidenza a t < 40 anni. Per ottenere lo stesso adattamento a t < 40, un modello con decadimento deve avere un esponente maggiore rispetto al corrispondente modello tradizionale e il valore esatto da assegnare a β dipende da λ e da w.
Per questi parametri, sono stati considerati i valori compresi entro i range indicati in precedenza, estremi inclusi (a passi di 1 anno per w, di 0,05 per β, mentre per λ nella serie 0,04, 0,06, 0,09, 0,12 e 0,15). Sono stati generati tutti i modelli, tradizionali e con decadimento, corrispondenti alle combinazioni dei suddetti valori e sono state calcolate l’incidenza predetta e la somma degli scarti quadratici rispetto alla mortalità per tumore maligno della pleura osservata tra gli uomini nel pool delle coorti italiane.12 Lo scarto tra predetto e osservato è stato calcolato solo per la durata di esposizione di 18 anni, in quanto prossima alla media dello studio pooled. Sono stati adottati i valori di w, β e λ che garantiscono il minimo scarto nei modelli tradizionali e, rispettivamente, con decadimento. Sono stati utilizzati i risultati dello studio pooled, assumendo che i tumori maligni della pleura siano in larga misura rappresentati dai MMP e che la mortalità sia una valida approssimazione all’incidenza.

Il confronto tra modello tradizionale e con decadimento

Come miglior modello tradizionale è stato scelto quello con il minimo valore della somma degli scarti quadratici a t < 40 anni. Il miglior modello con decadimento è quello con il minimo valore sull’intero tempo di osservazione. Questi due modelli sono stati confrontati tra loro sotto due punti di vista: l’andamento previsto lungo un arco di osservazione esteso fino a 65 anni e la ripartizione del peso proporzionale tra tre periodi di esposizione di pari durata (periodo remoto, intermedio e recente). Avendo preso in considerazione esposizioni di 18, 24 e 30 anni, la durata dei periodi in questione è di rispettivamente 6, 8 e 10 anni.

Risultati

I modelli che meglio si adattano alla mortalità per tumore maligno della pleura nel pool delle coorti italiane dell’amianto durante i primi 40 anni sono descritti in tabella 2 e rappresentati in figura 1

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Tabella 2. Modelli con il miglior adattamento alla mortalità per tumore maligno della pleura nei primi 40 anni di osservazione nella coorte pooled di lavoratori italiani dell’amianto.
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Figura 1. Incidenza (per 1.000/anno) predetta dai modelli tradizionale (linea continua) e con decadimento (linea punteggiata) a fronte di quella osservata (rombi) nella coorte pooled dei lavoratori italiani dell’amianto: (A) incidenza nei primi 40 anni di follow-up; (B) incidenza fino alla fine del follow-up.
 

I due modelli non hanno lo stesso valore per w. Questo parametro rappresenta la durata della fase pre-clinica che si può presupporre sia costante, essendo una caratteristica biologica del tumore. Peraltro, la differenza tra le stime dei due modelli è limitata e vari modelli tradizionali con w circa 5 avevano un adattamento ai dati dello studio pooled solo modestamente inferiore rispetto al migliore (dati non mostrati).
Le previsioni del modello tradizionale si adattano all’incidenza osservata nei primi 40 anni di follow-up altrettanto bene di quelle del modello con decadimento (figura 1A), ma successivamente si discostano rapidamente dall’osservato (figura 1B).
La tabella 3 riporta l’incidenza prevista alle età a rischio di 70, 75, 80 e 85 anni dai due modelli, per durata di esposizione. Si noti che, essendo stata considerata costante l’intensità, la durata equivale all’esposizione cumulativa.

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Tabella 3. Incidenza (per 1.000/anno) all’età a rischio e partizione (%) tra periodo iniziale, intermedio e finale predette dai modelli tradizionale e con decadimento, in funzione della durata e dell’età a inizio esposizione.
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Per entrambi i modelli l’incidenza aumenta con la durata, a parità di età a rischio e di inizio esposizione. Per esempio, con età a rischio = 85 e inizio esposizione a 20 anni, quando la durata aumenta da 18 a 24 e 30 anni, l’incidenza passa da 9,7 a 11,1 e poi a 11,9 secondo il modello tradizionale; nel modello con decadimento aumenta da 2,0 a 2,8 e poi a 3,4. L’incidenza predetta dal modello con decadimento è sistematicamente inferiore, tranne nelle combinazioni di età a rischio ed età di inizio esposizione tali da determinare una latenza pari o inferiore a 40 anni (età a rischio = 70 ed età di inizio = 30 o 35 anni).
A durata ed età di inizio costanti, l’incidenza aumenta in funzione dell’età a rischio, poiché insieme a questa cresce anche la latenza. L’aumento è funzione di una potenza della latenza nel modello tradizionale: per esempio, con durata = 18 ed età di inizio = 20 anni, l’incidenza passa da 3,4 a 5,0 a 7,1 e poi 9,7 casi per 1.000 persone-anno alle età a rischio da 70 a 85 anni. Nel corrispondente modello con decadimento, invece, l’incidenza passa da 2,0 a 2,2 a 2,2 e poi a 2,0 casi per 1.000 persone-anno, con aumenti più vicini alla tendenza che si osserva nel pool delle coorti italiane (figura 1B e figura 2). Assegnando a λ valori più elevati, si osserverebbe uno smorzamento più marcato, seguito da un’inflessione dell’incidenza (le caratteristiche dei modelli sono riportate nei materiali supplementari in tabella S1 e i risultati del loro confronto sono mostrati nelle figure S1, S2 e S3).

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Figura 2. Incidenza (per 1.000/anno) predetta dai modelli tradizionale (linea continua) e con decadimento (linea punteggiata): (A) per esposizioni di 18 anni; (B) di 24 anni, (C) di 30 anni.
 

Altra differenza tra i modelli è relativa al peso proporzionale dei periodi di esposizione iniziale, intermedio e finale. Rispetto al modello tradizionale, in quello con decadimento il peso del periodo finale è sistematicamente più elevato, risultando aumentato dell’8% circa. Simmetricamente, il peso del periodo iniziale è inferiore di circa 10 punti percentuali. Queste differenze si mantengono in ogni combinazione di durata, età di inizio esposizione ed età a rischio. La figura 3 illustra la differenza tra il modello tradizionale e quello con decadimento alle età a rischio da 70 a 85 anni, nel caso di esposizioni iniziate all’età di 20 anni e di 18 anni di durata.

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Figura 3. Peso proporzionale delle esposizioni remote, intermedie e recenti in caso di inizio all’età di 20 anni e durata 18 anni, in funzione dell’età a rischio (70-85 anni), secondo il modello tradizionale e quello con decadimento.
 

Considerando il modello con decadimento, in caso di inizio esposizione a 20 anni ed età a rischio di 80 o 85 anni, il peso del periodo di esposizione finale è molto prossimo a quello del periodo iniziale. Le differenze, invece, sono massime quando l’inizio dell’esposizione è a 35 anni di età e le età a rischio sono 70 o 75 anni, specialmente quando la durata di esposizione è 30 anni, la massima tra quelle da noi considerate. In queste combinazioni di età di inizio esposizione, durata ed età a rischio, è minimo il tempo trascorso dalla fine dell’esposizione, durante il quale la funzione di decadimento non è più contrastata da incrementi di esposizione.

Discussione e conclusioni

Il bilancio tra il peso proporzionale dei diversi periodi di esposizione all’amianto nel determinare il rischio di MMP varia in funzione di molteplici fattori. Si sono tenuti costanti la varietà mineralogica e il livello di esposizione all’amianto, cosicché i loro effetti non sono analizzati né discussi, per poter concentrare l’analisi sui fattori temporali dell’esposizione.
Quindi, è stata considerata la combinazione di età di inizio esposizione ed età a rischio. Molteplici combinazioni comportano uguale latenza: per esempio, età di inizio = 20 con età a rischio = 70 oppure età di inizio = 25 con età a rischio = 75, e così via. Le combinazioni che comportano uguale latenza prevedono uguale incidenza all’età a rischio e assegnano uguale peso ai tre sottoperiodi da noi utilizzati. A parità di durata, ciò vale sia per il modello tradizionale sia per quello con decadimento. Un’età di inizio precoce e un’età a rischio tardiva massimizzano la latenza: nel modello tradizionale, ciò comporta il massimo peso per il periodo di esposizione più remoto. L’opposto, tuttavia, si verifica nel modello con decadimento: in questa combinazione il periodo di esposizione più recente raggiunge il massimo peso.
Un secondo fattore influenzante la ripartizione del peso proporzionale tra i tre periodi di esposizione è la durata di esposizione. Al crescere della durata, il peso del periodo di esposizione iniziale aumenta e diminuisce quello del periodo finale. Ciò è dovuto al fatto che, una volta fissate l’età di inizio esposizione e l’età a rischio, un aumento della durata di esposizione abbrevia il tempo che trascorre dalla cessazione dell’esposizione. Nel modello tradizionale, quanto più ampio è questo intervallo, tanto minore è lo scarto proporzionale tra la latenza delle prime e quella delle ultime esposizioni; si riduce così la loro differenza di peso. Nel modello con decadimento, oltre a questo fattore, contribuisce il fatto che, dopo la cessazione dell’esposizione, il decadimento del rischio non è più controbilanciato da incrementi di esposizione.
Il terzo determinante è il valore di λ. Il valore adottato per le simulazioni qui presentate, dove λ=0,09, corrisponde a un decremento del rischio del 9% all’anno. Questo valore si colloca all’interno della gamma di quelli riportati in letteratura,9,12,15 ma non corrisponde esattamente a quello adottato nelle precedenti analisi sul pool delle coorti italiane, dove la miglior stima era λ=0,04.12 Una possibile spiegazione è che Barone Adesi e collaboratori hanno identificato il modello che meglio si adattava ai dati individuali, che comprendevano l’esposizione cumulativa e altre co-variate personali come l’età, mentre qui è stato valutato l’adattamento ai dati aggregati, ossia i tassi di mortalità per categorie di latenza estratti dall’articolo originale.12
Per esposizioni a varietà miste di amianto, con predominanza di crisotilo, sono stati riportati valori di λ di 0,04-0,06,12,15 mentre per i minatori di crocidolite era stato stimato λ=0,159. Ciò può apparire sorprendente, dato che la persistenza del crisotilo nei tessuti polmonari è più breve.16 Tuttavia, l’analisi del carico di fibre a livello pleurico in 151 casi di MMP ha mostrato che la gran maggioranza delle fibre era costituita da crisotilo; nei 64 casi in cui erano state eseguite misure parallele del carico di fibre nel tessuto polmonare e nel tessuto tumorale pleurico, era frequente trovare solo crisotilo nel tessuto tumorale, anche quando a livello polmonare si rinvenivano anfiboli, oppure crisotilo e anfiboli.17 Gli autori avevano proposto come spiegazione la traslocazione selettiva delle fibre di crisotilo dal polmone alla pleura dopo la loro degradazione in fibre più corte e sottili. Ciò potrebbe spiegare perché il rischio di MMP presenti un decadimento inferiore negli esposti in misura predominante a crisotilo, tenuto anche conto che recenti studi in vitro hanno riportato la potenziale tossicità dei prodotti di biodegradazione del crisotilo.18
Inoltre, il valore di λ=0,15 era maggiore del decremento annuo del carico polmonare di amianto tra i lavoratori esposti a crocidolite, calcolato nel 7%-9%.19,20 Fu suggerito che al decadimento presiedano anche altri meccanismi, quali l’inattivazione delle fibre e la riparazione del danno cellulare.9 L’adozione di λ=0,15 modificherebbe in modo più profondo il bilancio tra i diversi periodi di esposizione, diminuendo il peso del periodo iniziale e accrescendo quello del periodo finale, come evidente in figura S3 (vedi materiali supplementari online).
Per meglio focalizzare il ruolo della distribuzione temporale dell’esposizione,  si è assunta un’intensità di esposizione costante. È verosimile attendersi cambiamenti nei livelli di esposizione e nella varietà di amianto nel corso di esposizioni di lunga durata e se ne dovrà tenere conto. Ciononostante, le simulazioni qui presentate mostrano che le esposizioni remote non hanno necessariamente un peso predominante nel determinare il rischio di MMP. Il bilancio tra periodi di esposizione dipende infatti dalla distribuzione temporale dell’esposizione. Ciò contraddice affermazioni come la seguente: «for workers exposed in the distant past, the risk of mesothelioma is not appreciably modified by subsequent exposures», dove il ruolo causale era assegnato esclusivamente alle esposizioni iniziali.21 
Infine, si desidera sottolineare che anche un contributo nettamente inferiore a quello di altre componenti dell’esposizione è irriducibile a zero e mantiene sempre un significato causale. 

Conflitti di interesse dichiarati: gli autori sono stati consulenti tecnici della Pubblica Accusa in procedimenti penali per malattie causate da esposizioni professionali all’amianto.

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