Epidemiologia&Prevenzione è grata al professor Benedetto Terracini per aver rivisitato con un approccio scientifico moderno la vicenda delle malformazioni causate dall’esposizione in gravidanza a specialità medicinali contenenti talidomide, una vicenda avvenuta a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso. Il tema controverso riguarda la possibilità di malformazioni monolaterali, negata dal Ministero della salute, riesaminata nell’intervento di Terracini con una valutazione dettagliata della casistica disponibile e un’elegante disamina degli aspetti relativi alla plausibilità biologica. Una lezione per ogni epidemiologo, un lavoro nella tradizione della rivista di aperta collaborazione e appoggio a chi è stato potenzialmente vittima d’ingiustizia e discriminazione.
Il contributo del professor Terracini è pubblicato nella sezione «Interventi» alle pp. 302-309. Di seguito, invece, segnaliamo che l’intera vicenda, abbandonata da tempo dai mezzi d’informazione, ha risvegliato l’interesse di un gruppo di studenti del corso “Scienza, diritto e democrazia” del Master in Comunicazione della Scienza della Sissa di Trieste. I futuri comunicatori anticipano qui i contenuti del loro lavoro su questo tema.

Pharmakon, un podcast sul caso talidomide

Andrea Tavernaro, Francesca de Ruvo, Francesca Zavino, Ruggero Rollini
Corrispondenza: andreatavernaro13@gmail.com

Stavamo cercando una storia che avesse a che fare con questioni di diritto e regolamentazione nella scienza per un’esercitazione nell’ambito del corso “Scienza, diritto e democrazia” del Master in Comunicazione della Scienza alla Sissa di Trieste. 
Qualcuno ha rispolverato dalla memoria il talidomide. Ricordava che in molti corsi universitari di chimica organica viene utilizzato dai professori come esempio per far comprendere agli studenti l’enorme importanza della chiralità. La molecola di talidomide è appunto una molecola chirale e, dei due enantiomeri R e S, soltanto quest’ultimo è il responsabile delle gravi malformazioni neonatali, la cosiddetta “sindrome da talidomide”. Queste poche informazioni riapparse dai ricordi universitari sono state il punto di partenza, una traccia che ha cominciato a farci approfondire le vicende del sedativo più efficace e sicuro in commercio – a dar credito all’enorme campagna promozionale di fine anni Cinquanta. Un farmaco che in realtà ha causato un’immane tragedia: un’epidemia di focomelia, una grave malformazione neonatale che può colpire sia gli arti superiori sia quelli inferiori. 
Abbiamo così iniziato a studiare il caso, avvalendoci soprattutto della letteratura scientifica, e siamo arrivati alla realizzazione di un breve video per l’esercitazione. Ma abbiamo voluto andare oltre. Sono così iniziate le letture di libri fondamentali. Il Talidomide e il potere dell’industria farmaceutica1 di Sjostrom e Nilsson, per esempio, testo svedese del 1972 che cerca di far luce sulla vicenda del talidomide, dalla scarsa qualità delle sperimentazioni condotte dall’azienda madre del farmaco – la tedesca Chemie Grünenthal – alla politica del profitto anche a discapito della salute dei consumatori. In Italia il volume è edito da Feltrinelli nel 1973 ed è preceduto da una preziosissima prefazione di Giulio A. Maccacaro,2 che per primo, dopo oltre un decennio dal ritiro del talidomide dal mercato italiano, si è chiesto se e con quale portata il dramma talidomide potesse essere una tragedia italiana. Altra pietra miliare del nostro percorso è stata la lettura di Dark remedy: the impact of thalidomide and its revival as a vital medicine,3 un testo del 2001 scritto da Stephens e Brynner. Il libro tratta la vicenda del farmaco talidomide a tutto tondo dalla sua scoperta e sperimentazione, alla tragedia della focomelia e al ritiro dal mercato, fino all’utilizzo odierno della molecola come trattamento per alcune forme di lebbra e per il mieloma multiplo.
Man mano che le nostre conoscenze crescevano, si è fatta strada in noi la convinzione che questo tema, così scarsamente trattato in Italia dalla divulgazione scientifica – e non solo –, dovesse essere raccontato di nuovo. D’altro canto, se oggi possiamo parlare di trial clinici strutturati, seri, svolti da personale specializzato e formato, di teratologia e di farmacovigilanza, lo dobbiamo anche, se non soprattutto, alla più grande tragedia che l’industria farmacologica moderna abbia prodotto.
Con l’idea di raccontare il farmaco, le sue vittime e le molteplici implicazioni etiche, scientifiche e umane abbiamo così deciso di trasformare questa storia in un podcast, una modalità di divulgazione che permette di raccontare in modo approfondito vicende complesse e articolate, com’è quella del talidomide, veicolando anche forti emozioni.
Il nome che abbiamo dato al nostro progetto, Pharmakon, è emblematico della vicenda talidomide. Pharmakon è una parola greca da cui deriva il termine italiano “farmaco”, comunemente usato con significato positivo di “rimedio”. In realtà, la parola “pharmakon” significava per i greci anche “veleno”. E questo è il riassunto più efficace dell’intera vicenda talidomide: successivamente al suo ritiro dal commercio, infatti, il farmaco si è rivelato molto importante per il trattamento di patologie gravi come lebbra e mieloma multiplo. Nel suo uso come sedativo e antiemetico ha, invece, tristemente dimostrato tutti i suoi effetti avversi, con danni difficilmente stimabili. Ai bambini con malformazioni che sono sopravvissuti alla nascita vanno aggiunti anche una quantità sconosciuta di aborti. Ma le vittime di talidomide non sono soltanto i bambini e le loro famiglie. Anche decine di migliaia di adulti che facevano uso giornaliero del talidomide come “pillola della buonanotte” hanno potuto sperimentare gli effetti avversi del farmaco nel lungo periodo: parliamo delle neuriti periferiche, primo vero campanello d’allarme sulla pericolosità della molecola di casa Chemie Grünenthal.

Il podcast

Pharmakon sarà quindi un viaggio a puntate alla scoperta della vicenda talidomide, un tentativo di comunicare la complessità della storia sotto differenti punti di vista, rivolta anche a chi, per ragioni anagrafiche, non ne ha mai sentito parlare.
Il punto di partenza sono le storie di quei bambini ora adulti che devono convivere ancora oggi con la disabilità. I loro racconti, fatti di dolori e difficoltà, ma anche di forza, caparbietà e coraggio, aiuteranno il pubblico a capire che la vicenda talidomide non si è affatto conclusa negli anni Sessanta con il ritiro del farmaco dal mercato. La questione è ancora attuale, anche in Italia, e vive quotidianamente in tutte queste persone, testimonianza del periodo più buio della storia della farmacologia.
Cercheremo di addentrandoci nei meandri della storia. Indagheremo l’epopea della Chemie Grünenthal, la piccola azienda tedesca nata dalle macerie della Seconda guerra mondiale, che, grazie a una politica fortemente market-driven, si inserì prima nel florido mercato degli antibiotici, poi, con la scoperta nel 1954 della molecola talidomide, in quello molto remunerativo dei sedativi. Vedremo come e quando sono nati i primi sospetti sulla sicurezza del farmaco. Arriveremo ai casi di focomelia e alla drammatica scoperta – praticamente in contemporanea – del dottor William McBride in Australia e del professor Widukind Lenz in Germania: il farmaco spacciato come assolutamente sicuro, è in realtà un pericoloso teratogeno. Cercheremo di andare alle radici della scoperta della molecola e di saggiare la pochezza scientifica delle sperimentazioni animali e umane che hanno portato alla sua commercializzazione. Apriremo una finestra sugli Stati Uniti, uno dei mercati più appetibili per un sedativo come il talidomide – considerando i 181 milioni di abitanti e l’ampia diffusione di rimedi per dormire come i barbiturici. Parleremo, quindi, della caparbietà di una donna straordinaria, Frances Kelsey, ufficiale medico della Food and Drug Administration che, non piegandosi alle pressioni dell’industria farmaceutica, ha evitato che il farmaco entrasse in commercio negli Stati Uniti. Vedremo come questa immensa tragedia abbia portato a trial di sperimentazione più seri e a una valutazione puntuale sull’efficacia e la sicurezza dei prodotti farmaceutici e come la vicenda abbia influito sulla nascita della moderna farmacovigilanza. Parleremo dei processi giudiziari nei vari Paesi e del grande silenzio italiano. Nel nostro Paese, nulla di concreto è stato fatto per i talidomidici prima del 2009: 47 anni di attesa, tra silenzi e verità negate. Ma vedremo anche come non per tutte le persone con sindrome da talidomide la vicenda si possa dire conclusa positivamente. Per i nati prima del 1958, per esempio, non è previsto un indennizzo, anche se non si può escludere la circolazione di farmaci in attesa di registrazione. Non risulta che l’argomento sia mai stato finora oggetto di indagini storiche a taglio scientifico che possano rendere loro giustizia. Concluderemo il nostro racconto con le nuove prospettive che il talidomide ha dato ai malati di ENL, una forma di lebbra, e ai malati di mieloma multiplo, a sottolineare una volta di più come il talidomide sia il perfetto esempio di Pharmakon: per alcuni rimedio, per altri veleno.

Bibliografia

  1. Sjostrom H, Nilsson R, Maccacaro GA, Belfiore F, Belfiore AW. Il talidomide e il potere dell’industria farmaceutica. Milano, Feltrinelli, 1973.
  2. Il libro di Sjostrom e Nilsson è disponibile solo in poche biblioteche. La prefazione di Giulio A. Maccacaro, «E in Italia?», è comunque disponibile sul sito di Epidemiologia&Prevenzione all’indirizzo: https://epiprev.it/page/giulio-a.maccacaro-il-talidomide-in-italia (ultimo accesso: 07.07.2021).
  3. Brynner R, Trent S. Dark remedy. The impact of thalidomide and its revival as a vital medicine. New York, Basic Book, 2001.

ASSOCIAZIONI ITALIANE VITTIME DEL TALIDOMIDE

In Italia sono state istituite diverse associazioni di patologia che si occupano delle istanze dei soggetti nati negli anni Cinquanta e Sessanta con un’embriopatia da talidomide.

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