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E&P 2011, 35 (5-6) settembre-dicembre, p. 282-291
DOI: —
Disuguaglianze
Situazione sociodemografica e condizioni di salute della popolazione rom di Milano
Sociodemographic and health conditions of the Roma´ population in Milan
Riassunto
Obiettivo: analizzare i dati sociosanitari di persone rom che vivono principalmente in aree non autorizzate.
Disegno: valutazione dei dati sociodemografici e di malattia, raggruppati secondo una classificazione operativa dall’unitàmobile dell’associazione di volontariato Naga (01.09-12.10)
Setting e partecipanti: aree dismesse e insediamenti presenti nella città di Milano, abitati da persone rom.
Risultati: i rom visitati sono stati 1 142 su 14 aree nel comune di Milano (di cui una comunale). La media di anni di scolarità è di 4,9. Il numero medio di figli è 2,8. Su 803 persone di età superiore ai 13 anni, 129 hanno un lavoro (16%). Il 56%delle persone visitate di età superiore o uguale a 12 anni fuma (53% delle donne vs 59%degli uomini), tra queste, poco meno di un quinto (17%) è forte fumatore (22%degli uomini vs 12%delle donne). Le patologie più frequenti sono le malattie respiratorie (21% delle diagnosi), disturbi della macroarea ortopedico-reumatologicatraumatologica (13%), malattie gastroenteriche (10%), disturbi odontoiatrici (8%). La quasi totalità delle persone era senza copertura sanitaria (94%).Tranne nell’unico campo comunale, le 14 aree erano prive di servizi igienici, nella maggior parte dei casi la spazzatura non veniva ritirata e tutte erano in condizioni di sovraffollamento.
Conclusione: le patologie riscontrate sono di scarsa gravità clinica. L’assenza quasi totale dimalattie croniche è da attribuire verosimilmente all’impossibilità di diagnosticare e seguire nel tempo talimalattie. A ciò si aggiunge la difficoltà di ottenere esami o visite specialistiche in strutture di secondo livello per i neocomunitari senza copertura sanitaria. Le condizioni abitative, il basso tasso di scolarità e di occupazione e le difficoltà di accesso ai servizi sanitari, costituiscono potenziali fattori di rischio per la salute di queste persone.
Parole chiave: associazione di volontariato, campi, disuguaglianze di salute, popolazione rom
Abstract
Objective: to analyze the socioeconomic and health status of rom a people mainly living in not authorized settlements in Milan.
Design: evaluation of socioeconomic and healthcare data collected by the mobile unit of Naga, a voluntary association based in Milan, during two years of activity (2009-2010). Healthcare data have been classified using an operational classification.
Setting and participants: settlements located in Milan where rom a people live.
Results: 1 142 rom a people living in 14 settlements of Milan (only one authorized) were visited.Mean schooling years were 4.9. The mean number of children per family was 2.8. Of 803 people older than 13 years, 129 had an occupation (16%). 56%of subjetcs older than 12 years were smokers (53% females vs. 59%males); among smokers, 17%were heavy smokers (12%females vs 22% males). The most frequently reported diseases were: respiratory diseases (21%of total diagnoses), disorders of the orthopedicrheumatologic- traumatology area (13%), gastroenterological diseases (10%) and dental problems (8%). Most residents had no healthcare coverage (94%). Almost all settlements (except the authorized one) had no sanitary facilities, no garbage collection system and were definitely overcrowded.
Conclusion: mild diseases were the most commonly found pathologies, with few chronic diseases reported probably due to difficulties in investigating more complex diseases in the study setting,and to the impossibility to follow the patients over time. Furthermore, the access to healthcare services for diagnostic tests and specialist visits is very very difficult for these patients. Poor living conditions, low educational level, low employment rate, barriers in the access to healthcare services are all risks factors for the health status of rom a people.
Keywords: volunteer association, settlements, health inequalities, rom population
Introduzione
I rom sono svantaggiati per reddito, condizioni abitative e istruzione e, come in ogni altro Paese in cui si trovano a vivere, sono emarginati, come sottolinea in una recente risoluzione il Parlamento europeo, che esprime preoccupazione per le discriminazioni di cui i rom sono vittime nei settori dell’istruzione, dell’alloggio (si parla nel testo di espulsioni forzate, condizioni di vita indegne, spesso ghetti), dell’occupazione e della parità di accesso ai sistemi di assistenza sanitaria e ai servizi pubblici.1-2
Di fronte alle sollecitazioni a compiere azioni concrete contro queste discriminazioni, gli organi di governo e le amministrazioni locali hanno risposto finora con una politica di allontanamento dal territorio che ha il solo risultato di peggiorare le condizioni abitative di queste persone, aumentandone i rischi per la salute.
Questo aggrava la condizione di disuguaglianza mostrata dai dati disponibili in letteratura,3-12 che indicano un’aspettativa di vita molto inferiore secondo alcuni studi di oltre 10 anni e una mortalità infantile molto maggiore in alcuni Paesi fino al triplo rispetto alle popolazioni di riferimento.Gli studi pubblicati si concentrano per la maggior parte sulla diffusione delle malattie infettive, sulla salute riproduttiva dei rom e sulla salute dei bambini,3,7,12 pochi trattano di malattie croniche e altre patologie. I bambini rom che nascono sottopeso sono più numerosi rispetto agli altri bambini,3,12 alcuni studi hanno mostrato maggiore frequenza di casi di avvelenamento, ustioni, incidenti domestici dati compatibili con l’associazione a rischi ambientali.3 Alcuni studi riportano una maggiore frequenza di malattie infettive tra i bambini rom rispetto agli altri (per esempio morbillo, poliomielite), sottolineando la mancanza di copertura vaccinale.6,12 Studi su donne rom in gravidanza hanno mostrato alti livelli di infezioni da epatite A, B e C.3,9
Da alcuni studi sugli adulti sono stati rivelati ipertensione arteriosa, malattie cardiovascolari, diabete, malattie a trasmissione sessuale, dolori muscoloscheletrici, disturbi gastrici, infezioni alle vie urinarie, dermatiti, carie, disagio psichico.3,12-14 Questi dati risentono dei limiti di studi condotti su gruppi poco numerosi, e soprattutto eterogenei tra loro.7,11 I rom in Italia sono stimati tra i 130 000 e i 150 000,15,16 secondo alcune fonti 170 000.15 La metà ha cittadinanza italiana, l’altra metà proviene per il 50 per cento dalla ex Jugoslavia e i restanti provengono soprattutto dalla Romania.15
In Italia rom e sinti sono presenti in tutte le regioni (sinti piemontesi e lombardi, rom abruzzesi, rom pugliesi, camminanti siciliani). Dagli anni Sessanta sono arrivate le prime comunità rom dalla ex Jugoslavia, e il flusso si è intensificato all’inizio degli anni Novanta con la guerra civile. Dai diversi Paesi sono arrivate persone appartenenti a differenti gruppi e religioni (da regioni meridionali e centrali khorahané di religione islamica, dalla Serbia i dasikané cristianoortodossi). Verso la metà degli anni Novanta, con la caduta dei regimi comunisti nei Paesi dell’Est europeo, molti rom rumeni e bulgari sono emigrati in Italia. Solo una piccola percentuale è nomade (23%), si tratta di gruppi sinti giostrai e rom kalderasha, quasi tutti di nazionalità italiana.15
Gli studi che si occupano di condizioni di salute e di vita dei rom sono anch’essi eterogenei e le condizioni abitative e di vita di alcuni gruppi studiati rendono difficile raccogliere i dati sanitari secondo un metodo rigoroso. Per quanto riguarda l’Italia, i dati disponibili sono pochi e spesso riferiti a chi vive in aree comunali e autorizzate. I bambini rom si ammalano di malattie respiratorie in numero maggiore rispetto ai loro coetanei italiani. I bambini che vivono in condizioni abitative peggiori si ammalano di asma di più dei bambini rom che vivono in condizioni migliori. I fattori che aumentano il rischio di queste malattie sono il numero di anni trascorsi nel campo, il sovraffollamento, la condizioni della casa, l’uso di stufe a legna, la presenza di ratti, le condizioni delle fognature e dei servizi igienici.17-19 Ancora più scarsi sono i dati sulle condizioni di chi vive in aree dismesse non autorizzate, aree su cui si concentra l’attività del Naga. Il Naga, associazione di volontariato nata a Milano nel 1987, per mezzo dell’unità mobile di Medicina di strada da oltre dieci anni presta assistenza sanitaria agli immigrati che vivono in aree dismesse. L’obiettivo è prestare assistenza, ma soprattutto promuovere e tutelare il diritto alla salute, facendo da ponte con l’ambulatorio medico del Naga (con sede a Milano, in via Zamenhof) e con gli altri servizi sanitari disponibili sul territorio cittadino. Negli ultimi anni in queste aree il gruppo incontra prevalentemente persone rom.
Obiettivi
Analizzare i dati sociosanitari riguardanti le persone rom che vivono principalmente in aree non autorizzate.
Materiali e metodi
Nella presente indagine sono stati analizzati i dati socioanagrafici e i dati medici raccolti da Medicina di strada nel corso di due anni di attività, da gennaio 2009 a dicembre 2010.
L’unità mobile organizza uscite serali servendosi di un camper adibito ad ambulatorio medico. Il gruppo di volontari che partecipa all’uscita è composto da un medico, una mediatrice culturale e alcune persone che raccolgono informazioni da inserire nella cartella sociosanitaria di chi chiede di essere visitato. Nel caso in cui la persona non voglia comunicare queste informazioni, la cartella non viene compilata integralmente dall’accoglienza, e si procede con la visita medica. I dati socioanagrafici raccolti comprendono tra gli altri: età, sesso, scolarità, stato civile, tipo di lavoro, numero di figli, data di arrivo in Italia.
Una volta compilata questa parte, la cartella viene poi passata al medico, che durante la visita compila la parte in cui vengono riportati: abitudine al fumo, numero di gravidanze e di interruzioni di gravidanza (volontarie e spontanee), motivo della visita, ipotesi diagnostiche, terapia, eventuali invii ad altre strutture per visite più approfondite o esami. Le diagnosi (confermate o presunte) raccolte secondo una classificazione operativa sono state riviste a posteriori e aggregate prima per categorie e successivamente in macroaree. Tali aree non rispecchiano necessariamente la suddivisione per organi e apparati, ma seguono una classificazione decisa arbitrariamente per rendere più semplice l’interpretazione dei dati.
Tutti i dati sono stati tabulati e analizzati in forma anonima per mezzo di Microsoft Excel. Nell’analisi dei dati socioanagrafici, le percentuali riportate sono riferite al numero di soggetti che hanno risposto alle domande specifiche e non al totale delle persone visitate. I dati medici sono stati analizzati per numero di diagnosi effettuate. Durante le uscite vengono inoltre raccolte alcune caratteri stiche delle aree dismesse, chiedendo informazioni alle per sone in attesa, o in seguito a una visita dell’area. Le carat teristiche raccolte sono da considerarsi quindi indicative.
Risultati
Le persone rom visitate sono state 1 142 (tabella 1) di cui 618 donne (54,1%) e 524 uomini (45,9%) e corrispondono a circa il 54% dei rom presenti a Milano secondo quanto dichiarato dal Prefetto di Milano in seguito al censimento effettuato a ottobre 2008 (2.128 rom abitanti a Milano in aree autorizzate e non).20
Per la maggior parte sono rom rumeni (n. 1 099, 96%), abitanti in 14 aree dismesse e campi non autorizzati sul territorio del comune di Milano. L’unica eccezione è rappresentata dal campo di Triboniano, che nel 2007 è diventato campo autorizzato. L’età media delle persone visitate è 25 anni (range 073, mediana 24).
Sono state eseguite 1 358 visite. La media di visite per persona è di poco superiore a uno: l’86% delle persone sono state visitate una volta sola, l’11 % due volte, il resto delle persone da tre a cinque volte.
L’attività di medicina di strada si svolge prevalentemente in aree non autorizzate e si rivolge a persone senza copertura sanitaria: la quasi totalità delle persone visitate (850 persone su 907 di cui è disponibile il dato; 94%) non è iscritta al Servizio sanitario nazionale né in possesso di Tessera europea di assicurazione medica (TEAM) o altra assicurazione sanitaria.
Il 90% delle persone visitate ha dichiarato la data di arrivo in Italia, da cui è stata calcolata la permanenza di anni in Italia (valore medio in anni: 16; mediana: 3 anni, figura 1). Poco meno del 7% delle persone (n. 78) è nato in Italia, la maggior parte sono bambini al di sotto dei 3 anni di età (figura 1).
La maggior pare delle persone è sposata o convivente (666 persone su 806 di età superiore ai 12 anni di cui è disponibile il dato, pari all’83%), il 15% è single (n.117), l’1,7% è divorziato o separato (n. 14), l’1% vedovo (n. 9). La persona più giovane che ha dichiarato di essere sposata ha 13 anni di età.
Scolarità
La media di anni di scolarità delle persone dai 6 ai 75 anni di età è di 4,94 (su 901 persone, 79% delle persone visitate). Di questi, il 25,9% non è mai andato a scuola (tabella 2), per la maggior parte si tratta di donne (68%). In particolare si osserva che un terzo delle donne (159 su 497, 32%) e un quinto degli uomini (75 su 404, 19%) non sono mai andati a scuola. Nella fascia di età tra 6 e 14 anni, le media degli anni di scolarità è di 3,5 (su 113 persone, ovvero l’82% delle persone visitate in questa fascia). In questa fascia, le persone con zero anni di scolarità sono 22 (19,5%).
Numero di figli, interruzioni di gravidanza, contraccezione
Il numero medio di figli è 2,8 (su 762 persone dai 15 anni di età di cui è disponibile il dato, pari al 94,9% del totale delle persone di questa classe di età). La media dei figli cresce da 1,2 dai 15 ai 25 anni di età, fino a 3,6 dai 36 ai 45 anni di età. Su 453 donne che hanno compiuto i 14 anni di età, 146 (32%) hanno avuto almeno un’interruzione di gravidanza (volontaria o spontanea), con una media di 3,8 per donna. Tra 216 donne che hanno compiuto i 14 anni di età di cui è disponibile il dato, solamente 17 (pari all’8%) usano tecniche contraccettive.
Abitudine al fumo
Per quanto concerne l’abitudine al fumo, il 56% delle persone visitate di età superiore o uguale a 12 anni dichiara di fumare. Di queste persone, la metà fuma dalle 11 alle 20 sigarette al giorno (184/372; 49,5%), e poco meno di un quinto (62/372; 17%) fuma oltre 20 sigarette al giorno. Mentre la distribuzione dei fumatori è pressoché uguale tra uomini e donne (53% delle donne di età superiore ai 12 anni di cui è disponibile il dato n. 193 su 363vs 59% degli uomini della stessa classe di età – n. 179 su 302) i forti fumatori sono più frequenti tra gli uomini (22% vs 12%). Ulteriori dettagli sull’abitudine al fumo per classe di età sono riportati in tabella 3.
Lavoro
Su 803 persone di età superiore ai 13 anni di cui è disponibile il dato, 129 hanno un lavoro (16%). Di queste, 22 sono donne (5% delle donne di questa classe di età, n. 432) e 107 uomini (29% degli uomini di questa classe di età, n. 371). 59 persone hanno specificato di avere un lavoro saltuario (45,7%). La persona più giovane che ha dichiarato di lavorare ha 13 anni di età. Tutte le altre persone hanno compiuto i 16 anni di età. Delle 83 persone che hanno dichiarato la loro professione, 29 lavorano come muratori, 10 come addetti alle pulizie, 9 lavorano come operai in settori non specificati, 4 sono meccanici, i restanti lavorano come: magazziniere, autista, idraulico, agricoltore, imbianchino, giardiniere, commerciante, domestico, autista di trattori, badante, studente, buttafuori, parrucchiere, carpentiere, sarto, carrettiere, posatore, carpentiere, corriere, traslocatore. è più frequente che abbiano un lavoro le persone dai 26 ai 35 anni di età (il 20,5% dichiara di lavorare), seguite dalle persone dai 36 ai 45 anni di età (18% dichiara di lavorare), 1525 anni di età (16%), 4655 anni di età (15%), 5665 anni (10%), e infine 6675 anni (8,3%).
Visite mediche
Le patologie più frequentemente riscontrate sono le malattie respiratorie (secondo la classificazione riportata in tabella 4) che rappresentano il 21% delle diagnosi totali, macroarea che raggruppa al suo interno tutte le infezioni delle alte vie respiratorie e le infezioni otorinolaringoiatriche, che da sole rendono conto del 52% delle diagnosi comprese in quest’area. Seguono come frequenza (176 diagnosi sul totale di 1 394, 13%) i disturbi che sono stati aggregati nella macroarea ortopedico-reumatologica-traumatologica (ORT). Per la maggior parte sono dolori osteomuscolari localizzati alla colonna vertebrale (68%), i restanti sono dolori localizzati agli arti conseguenza di traumatismi più o meno recenti, e ferite.
Seguono le malattie gastroenteriche (10% del totale). All’interno di questa macroarea sono stati raggruppati tutti i disturbi dell’apparato gastroenterico di natura infettiva, che rappresentano il 16% di tutte la diagnosi gastroenterologiche, e tutti i dolori addominali localizzati in epigastrio, compatibili clinicamente con il sospetto di malattia peptica (52% delle diagnosi). I disturbi dell’area odontoiatrica (carie, ascessi, gengiviti, dolori dentari in genere) rendono conto dell’8% del totale delle diagnosi, le malattie della cute (allergiche e infettive, e tra queste i casi di scabbia sono solamente 5 su 84 diagnosi) il 6%, e le infezioni delle vie urinarie il 4% (tabella 4).
Sono molti i disturbi aspecifici che vengono riferiti durante le visite mediche (malessere, astenia, capogiri, classificati come inappetenza, disturbi dell’umore, cefalea): rappresentano il 20% del totale dei sintomi lamentati. Tra questi la cefalea è il più frequente, tanto che da sola rappresenta il 9% del totale delle diagnosi poste.
Sono molto rari i casi riscontrati di epatopatie (3 casi), diabete mellito (5 casi) e malattie cardiovascolari (65 casi, 5%). Trenta donne sono state visitate per problematiche riguardanti la gravidanza. Le diagnosi di patologie riguardanti l’apparato genitale, sia maschile sia femminile, sono state 57, 14 di queste (24%) erano malattie infettive sessualmente trasmesse.
Le diagnosi che riguardano bambini di età inferiore o uguale a 14 anni sono 398 (29% del totale), la maggioranza riguarda malattie respiratorie: 47% nei bambini fino ai 5 anni, 36% dai 6 ai 14 anni di età. Le malattie gastroenteriche nei bambini fino ai 14 anni di età sono l’8% del totale delle diagnosi, mentre negli adulti rappresentano l’11% delle diagnosi poste nella fascia di età tra 15 e 75 anni. Le malattie della macroarea ORT sono invece meno rappresentate nei bambini (2,5% del totale delle diagnosi dei bambini fino ai 14 anni di età, 17% del totale delle diagnosi per la fascia di età 1575; tabella 5).
Dall’ambulatorio mobile i pazienti possono essere inviati presso altre strutture per eseguire visite specialistiche, accertamenti diagnostici di secondo livello o semplici rivalutazioni cliniche. La percentuale di invii effettuata è del 23% (314 su 1 358 visite effettuate). La struttura dove più spesso vengono indirizzati i pazienti è l’ambulatorio centrale del Naga (147 invii, pari al 47% del totale), seguono nell’ordine l’Ospedale San Carlo (47 invii, 15%), ove si trova un centro di ascolto per donne immigrate e un ambulatorio di pediatria di base per stranieri, e all’Opera San Francesco (38 invii, 12%) che fornisce un servizio gratuito di odontoiatria.
I motivi più frequenti di invio a strutture sul territorio sono per visita ginecologica (25%), odontoiatrica (12%) e pedia trica (10%) (tabella 6).
Alcune caratteristiche delle aree dismesse sono state raccolte tramite il diario di bordo compilato durante le uscite. La metà di queste aree era composta da tende e baracche co struite con materiali di scarto recuperati (legno, lamiere, plastica…), sei insediamenti erano costituiti principalmente da strutture in muratura (ex fabbrica, cascine e deposito abbandonati), l’unico campo comunale considerato (Triboniano) era costituito da container prefabbricati. A esclusione di Triboniano, le aree considerate in questo studio erano quasi tutte prive di servizi igienici e con luce elettrica disponibile grazie a generatori di corrente. L’acqua potabile non era presente in 5 aree su 14, nelle altre poteva essere reperita nelle vicinanze e solamente 3 aree erano dotate di allacciamento alla rete idrica. Nella maggior parte dei casi la spazzatura non veniva ritirata dalla municipalità e tutte le aree erano in condizioni di sovraffollamento.
Discussione e conclusioni
Questa indagine ha diversi limiti. La raccolta dei dati socioanagrafici è a volte incompleta, sia per le condizioni in cui vengono effettuate le uscite – di sera, spesso con molte persone che chiedono di essere visitate – sia per la variabilità nella compilazione delle cartelle da parte dei volontari. Vengono riportati i dati raccolti tra le persone che chiedono di essere visitate, è possibile pertanto che alcune informazioni non siano precise, o che le persone diano informazioni non corrette per paura, per timore di un giudizio, per disattenzione, per differenza di interpretazione della domanda posta. I continui sgomberi a cui sono sottoposte queste persone oppure errori nella trascrizione del nome della persona rendono difficile identificare con certezza i pazienti. Per quanto riguarda la visita medica, il livello di accuratezza non può essere paragonabile a quello che si osserva nell’ambulatorio di un medico di medicina generale. Gli strumenti diagnostici sono di fatto molto limitati, la mancanza di continuità nel rapporto di cura non permette di rilevare malattie croniche o alcuni fattori di rischio, la comunicazione tra il medico e il paziente può essere difficoltosa, per motivi di lingua o di interpretazione dei sintomi che il paziente lamenta. Nonostante i dati non possano essere rappresentativi dello stato di salute dell’intera popolazione rom milanese, aggiungono un tassello significativo e originale ai dati già disponibili. Questo studio, infatti, pur analizzando i dati raccolti durante visite mediche volte alla risoluzione di problemi di lieve entità, presenta alcuni fattori di rischio relativi alle condizioni di vita e di lavoro, alla scolarità, all’abitudine al fumo e all’accesso ai servizi sanitari.
Riguardo agli anni di scolarità, è da sottolineare che i bambini fino ai 14 anni di età che chiedono di essere visitati rappresentano una percentuale limitata dei bambini che abitano nelle aree dismesse in questione. Dalle informazioni raccolte durante le uscite e durante le attività del Naga risulta che molti bambini rom presenti in queste aree hanno frequentato la scuola. A nostra conoscenza non sono disponibili dati esaustivi e affidabili sulla frequentazione scolastica di questi bambini.
Anche riguardo all’attività lavorativa i dati raccolti potrebbero sottostimare la situazione reale: solo il 16% delle persone che hanno risposto alla domanda dichiara di lavorare, mentre dall’esperienza dell’unità mobile e dai rapporti e le conversazioni con le persone che abitano in queste aree risulta che molte persone lavorano. Si tratta spesso di lavori non in regola, attività saltuarie o periodiche. è possibile che alcune persone non abbiano risposto alla domanda o abbiano detto di non avere un lavoro per timore di dichiarare un lavoro non regolare. A nostra conoscenza non sono disponibili dati di riferimento in merito. Secondo i dati ISTAT nel 2009 il tasso di occupazione della popolazione italiana tra i 15 e i 64 anni era pari al 57,5%. In particolare, meno di una donna ogni due era occupata (46,4%), a fronte del 68,6% degli uomini. 21 Dal presente studio risulta che una donna ogni 20 è occupata, mentre lavora il 29% degli uomini. Il numero medio di figli è 2,8, mentre per le donne italiane è di circa 1,4.21,22
Il bassissimo tasso di utilizzo di metodi anticoncezionali può spiegare in parte il ricorso all’interruzione volontaria di gravidanza come estremo rimedio per evitare una gravidanza non desiderata. è possibile inoltre che l’uso di metodi contraccettivi non venga dichiarato, per vergogna e come conseguenza di una pressione sociale e familiare contro l’uso di metodi per evitare la gravidanza. Anche per questo l’uso della contraccezione è molto basso.
Anche tra gli uomini, sebbene non sia stato possibile ottenere dati precisi su questo aspetto, si ha l’impressione che l’utilizzo del preservativo sia occasionale e venga concepito unicamente come modo per evitare di esporsi al rischio di malattie sessualmente trasmesse. Dai dati raccolti emerge che la gran parte delle persone vengono visitate una sola volta dall’unità mobile. Questo, almeno in parte, potrebbe essere spiegato dal fatto che i rom sono da anni vittime di continui allontanamenti dalle aree dove fortunosamente riescono a ritagliarsi uno spazio vitale. è plausibile pensare che le stesse persone vengano visitate più volte nel corso degli anni, ma siano registrate sulle cartelle mediche come pazienti differenti.
La mancanza di continuità rende difficile la creazione del rapporto di fiducia che dovrebbe contraddistinguere la relazione medicopaziente, limitando il numero di informazioni che vengono fornite al medico nel corso della visita. Le informazioni che riguardano la sfera sessuale, per esempio, sono riportate con difficoltà al medico, nonostante la presenza della mediatrice culturale permetta spesso di superare questo ostacolo.
Le patologie riscontrate sono in maggioranza di scarsa gravità clinica, come è atteso da un ambulatorio di medicina generale, per le patologie più serie e per le emergenze i rom si rifanno ai servizi di pronto soccorso. Spesso la visita medica effettuata sull’unità mobile è mirata alla soluzione del problema contingente che ha portato il paziente a rivolgersi al Naga. I disturbi riferiti durante le visite sono per la maggior parte sintomatologie dolorose o che comunque limitano la possibilità di una vita attiva regolare, e più frequentemente riguardano l’apparato respiratorio, muscoloscheletrico e la salute dentale, come risulta anche da altri studi.3,12-14
L’assenza quasi totale tra le persone visitate di casi di epatopatie, neoplasie, diabete mellito o malattie cardiovascolari è un’altra conseguenza importante del contesto in cui si svolge l’attività dell’unità mobile, da attribuire verosimilmente all’impossibilità di diagnosticare e seguire nel tempo tali malattie. A questo si aggiunge la difficoltà di ottenere esami o visite specialistiche presso strutture di secondo livello per i neocomunitari senza copertura sanitaria. Nelle aree dismesse capita frequentemente di visitare giovani madri con i loro figli. L’obiettivo della medicina di strada in questi casi è quello di prestare le prime cure e poi raccomandare alle mamme di portare i figli negli ospedali o nei consultori, dove possano ricevere adeguata assistenza. Questo spiega perché nella nostra casistica i bambini sono meno rappresentati rispetto alla reale presenza di minori nelle aree dismesse.
Effetto degli sgomberi
Le condizioni di vita e di salute delle persone che abitano nelle aree dismesse sono minate dai continui sgomberi a cui sono sottoposte, che recidono i legami che faticosamente si formano col territorio, primo tra tutti l’inserimento scolastico dei bambini. Il tipo di abitazioni diventa più precario a ogni sgombero (per alcune aree si è passati dalla baracca alla tenda, smontata di giorno e rimontata di notte) e i luoghi sempre più impervi e meno visibili. La stessa attività di Medicina di strada ha subito le conseguenze di questa politica. In seguito a una richiesta proveniente dalle persone abitanti in un’area stabile, è stato organizzato nel 2006 un incontro nel campo in cui si è parlato di malattie infettive, in particolare malattie sessualmente trasmesse, metodi contraccettivi, vaccinazioni e altri argomenti posti dalle persone presenti. Il tentativo di organizzare incontri successivi su questi temi si è infranto sul susseguirsi degli sgomberi.
Nuovi comunitari senza diritto di comunità
Il livello di assistenza sanitaria previsto dalle normative per i cittadini romeni è paradossalmente diminuito dopo l’ingresso nell’Unione Europea della Romania. A un cittadino straniero non comunitario viene infatti assegnato il codice STP (Straniero temporaneamente presente), che dà diritto alle cure mediche urgenti ed essenziali, previste per legge.23 Per urgenti si intendono le cure che non possono essere differite senza pericolo per la vita o danno per la salute della persone, per cure essenziali si intendono le prestazioni sanitarie diagnostiche e terapeutiche relative a patologie non pericolose nell’immediato e nel breve termine, ma che nel tempo potrebbero determinare maggiore danno alla salute o rischi per la vita (complicanze, cronicizzazioni o aggravamenti). Un cittadino comunitario proveniente dalla Romania o dalla Bulgaria può iscriversi al Servizio sanitario nazionale solo a particolari condizioni (per esempio se lavoratore, familiare di lavoratore, familiare di cittadino italiano, se in possesso di attestazione di soggiorno permanente, disoccupato iscritto alle liste di collocamento o a un corso di formazione). Altrimenti può richiedere la Tessera europea di assicurazione malattia (TEAM), che viene rilasciata a chi ha pagato 5 anni di contributi nel Paese di origine, oppure a chi ha un lavoro regolare in Italia, ma in ogni caso dalle autorità sanitarie di riferimento in Romania.21 Tutti coloro che non hanno questi requisiti di iscrizione, hanno diritto alle prestazioni urgenti e indifferibili. Per quanto riguarda le cure essenziali, la circolare ministeriale che riporta queste indicazioni24 non nomina esplicitamente il diritto a questo tipo di cure per i cittadini neocomunitari, lasciando di fatto la decisione alla discrezionalità delle Regioni. Per esempio Piemonte, Lazio, Marche, Puglia estendono ai neocomunitari il diritto alle cure essenziali, mentre la Regione Lombardia no.25-29 Le persone rom che incontriamo durante le uscite, pertanto, non potendo usufruire dell’assistenza sanitaria di baseche rientra nelle cure definite essenzialisi rivolgono principalmente al pronto soccorso, e in alcuni casi ai consultori o agli ambulatori ospedalieri dedicati. Questo è il motivo per cui il Naga si occupa di fornire assistenza di primo livello ai rom presenti sul territorio di Milano: di fatto, ci troviamo di fronte a nuovi comunitari senza diritto di comunità. In questo contesto, il Naga invia i pazienti ad altre associazioni del privato sociale che forniscono servizi specifici (come l’Opera San Francesco per quello che riguarda l’odontoiatria), oppure presso alcuni ospedali del territorio milanese che accettano gli invii dall’associazione. Per quanto riguarda l’invio ai consultori per motivi legati alla gravidanza, è sempre più frequente incontrare donne rom che riferiscono di non essere state visitate. Gli ospedali dove è stato effettuato il maggior numero di invii dall’unità mobile di Medicina di strada sono il San Carlo e San Paolo, dove l’accesso alle cure è facilitato dalla presenza di ambulatori dedicati all’assistenza degli stranieri. In conclusione, questo studio presenta dati sulle condizioni sociosanitarie dei rom, ma soprattutto riporta alcuni tra i fattori di rischio che possono incidere pesantemente sul loro stato di salute, elementi da considerare per poter definire ambiti di intervento e disegnare ulteriori indagini che ne valutino la portata e gli effetti.
Conflitti di interesse dichiarati: nessuno
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