Gli Annali AMD: un modello di monitoraggio sistematico e miglioramento continuo della qualità dell'assistenza diabetologica
Epidemiologia & Prevenzione inaugura la sua nuova stagione, e il nuovo anno, con un numero variegato. L'eterogeneità dei contenuti, e le nuove rubriche solleticano il pensiero. Sono stato particolarmente stimolato dai contributi di Dolores Catelan, curatrice, insieme a Biggeri e Barbone, della rubrica “Con metodo” e da quello di Bruna De Marchi, dedicato alla comunicazione. Condivido pienamente la cautela invocata da Dolores nell'uso dell'intervallo di confidenza. Personalmente, nel dialogo con il mondo reale (quello che usa l'epidemiologia ma non la fa, come i tribunali, le associazioni di malati e di persone a rischio, i giornalisti eccetera), cerco di usare il meno possibile il termine “statisticamente significativo” e non posso fare a meno di notare che spesso viene usato in modo ambiguo, per non dire mistificatorio.
Dalla esibizione dei risvolti intimi della ricerca epidemiologica, è breve il passo ai “Rischi della comunicazione” segnalati da Bruna De Marchi. Bruna fa bene a polarizzarsi sulle contraddizioni (e i rischi) del modo in cui l'informazione al pubblico è stata affrontata nelle successive versioni della direttiva Seveso sugli impianti industriali. È giusto ricordare che la direttiva Seveso parte dal principio che a recepire l'informazione debba essere un «soggetto di diritto» piuttosto che un «soggetto di bisogno». In verità, in Italia, la prima affermazione del diritto degli esposti a rischi ambientali a essere informati è contenuta nel DPR 303 del 1956, sulla sicurezza dell'ambiente di lavoro, là dove vincola i datori di lavoro - molti anni prima della più nota Legge 626 del 1994 - a informare i lavoratori della natura degli agenti cui vengono esposti in fabbrica e dei loro effetti nocivi. È grazie a questo DPR che oggi viene data giustizia a molte vittime di malattie professionali. Condivido la comprensione di Bruna per gli imbarazzi dei sindaci ad applicare la direttiva Seveso, ma sarebbe anche utile studiare i comportamenti dei sindaci di fronte alle stime di danno alla salute causate dall'inquinamento ambientale.
DUE I TEMI AL CENTRO DI QUESTO NUMERO:
- IL DIABETE, A CUI SONO DEDICATI UNA RUBRICA, UN ARTICOLO E L'EDITORIALE.
- LA RICERCA EPIDEMIOLOGICA ITALIANA CHE PRIMEGGIA IN EUROPA.
Un altro passo breve è quello che dalla condivisione dei rischi e dei risultati della ricerca porta alla questione delle possibili distorsioni indotte nei risultati degli studi epidemiologici a seconda della natura degli sponsor. È uno dei due temi trattati da Susanna Lagorio e Paolo Vecchia - l'altro, quello dei rapporti tra magistrati ed epidemiologi, è già aperto per discussione in E&PdiMezzo, la parte di Epidemiologia e Prevenzione dedicata ai dibattiti che trovate sul sito. Susanna e Paolo rispondono al timore, sollevato da più parti, che gli studi finanziati dall'industria, in quanto tali, non siano affidabili. A dire il vero, il timore è in parte giustificato. Rassegne degli studi epidemiologici sui rischi occupazionali, sulle malattie iatrogene, sugli effetti del fumo di tabacco, hanno coerentemente dimostrato che, nel complesso, la ricerca finanziata dall'industria tende a negare o minimizzare gli effetti nefasti legati alla industria stessa. Ma una posizione aprioristica che neghi la validità di qualsiasi studio che non sia finanziato da enti indipendenti corrisponde al noto bambino che viene buttato via con la bacinella. Negli anni recenti, l'Agenzia internazionale per le ricerche sul cancro (e non solo lei) ci ha insegnato che vi sono strumenti per prevenire interferenze indebite nella conduzione e interpretazione di studi epidemiologici supportati, anche parzialmente, dall'industria privata. È comunque un tema sul quale i lettori di Epidemiologia & Prevenzione sono chiamati ad esprimersi.
Per chiudere, un commento al pezzo di Enzo Merler sul fondo per le vittime dell'amianto, che condivido pienamente. Nella migliore delle ipotesi si tratterà di una beffa pessimamente gestita, iniqua e inequa. Basti pensare che di fronte a una previsione per il fondo , in Italia, di qualche decina di milioni di Euro, l'equivalente stanziamento in Francia è di 500 milioni di Euro.
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Riportare e interpretare l’incertezza in uno studio epidemiologico
Cibo e cambiamento climatico
OCCAM: uno strumento per chi opera nei servizi di prevenzione e sicurezza degli ambienti di lavoro (SPSAL)
Rischi di incidenti rilevanti. Qualcosa è cambiato?
Attenzione a come si misura la deospedalizzazione
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