Processo ETERNIT: una prescrizione che fa riflettere
L'editoriale “forte” in questo numero è quello di Rosalba Altopiedi. L'inaspettata, inumana e discutibile sentenza della corte di Cassazione ha frustrato l'attesa di giustizia da parte delle vittime della Eternit, forti di una ventennale azione di massa condotta con coraggio, intelligenza, umiltà e perseveranza (qualità che persistevano ammirevolmente nell'assemblea popolare post-sentenza a Casale Monferrato il 21 novembre). È inquietante la coincidenza tra questo episodio di ingiustizia italiana a favore della multinazionale Eternit e il trentesimo anniversario del disastro indiano di Bhopal (2 dicembre 1984) per il quale la multinazionale Union Carbide non ha mai pagato per avere avvelenato e ucciso decine di miglia di residenti. Gli epidemiologi che si riconoscono in questa rivista sono poi sconcertati dal contrasto tra la nozione della lunghissima latenza delle malattie causate dall'amianto e una tagliola che scagiona qualsiasi inquinatore da responsabilità per gli effetti che si verificano oltre dieci anni dopo il suo crimine.
Ma questo numero di E&P tratta anche di altre ingiustizie. Differenze sociali tra gli italiani nella fruizione del diritto alla salute sono documentate e quantificate nel libro bianco curato da Giuseppe Costa, insieme ad altri, e qui presentato da egli stesso. Il rapporto mette a fuoco la povertà come fattore di rischio per la salute degli italiani. È un richiamo importante. In tutto il mondo, la ricerca epidemiologica mostra un (comprensibile) privilegio per lo studio dell'inquinamento ambientale come causa di malattia. Con poche eccezioni (come il gruppo di Costa) si preferisce considerare il livello socioeconomico come uno scomodo confondente da standardizzare con i metodi più adeguati, piuttosto che un modificatore d'effetto delle esposizioni ambientali nonché un fattore di rischio di per sé. Il grossolano indicatore bibliometrico che è Medline dice che la combinazione di parole chiave “ambiente, salute e Italia” produce 20 volte più citazioni della combinazione “povertà, salute e Italia”. Se si sostituisce l'Italia con il Regno Unito, il corrispondente rapporto scende a 6:1.
Mi unisco ad Andrea Micheli nel sollecitare all'epidemiologia e alla sanità pubblica italiana un maggiore impegno per l'epidemiologia della riabilitazione, iniziando con la definizione di indicatori per descrivere quantità e qualità dell'impegno in tal senso. Una buona base di partenza è costituita dalla Monografia AIRTUM allegata a questo fascicolo di E&P, dedicata alla prevalenza dei tumori in Italia e, per la prima volta, alla quantifcazione delle persone con pregressa esperienza di tumore che possiamo considerare guarite.
Il manifesto multisocietario «per chiudere una volta per tutte con il tabacco» è un'ottima idea, ma la sua efficacia dipenderà dalla capacità delle società scientifiche che lo propongono di interagire con i politici della sanità. Anche io invito tutti a firmarlo. Raccomando poi alle società scientifiche (AIE per prima) di tenere informati i non addetti ai contatti con le autorità sanitarie sui passi che verranno compiuti per convincere lo Stato italiano a definire una tobacco endgame strategy.
Approvo pienamente l'invito di Bruna deMarchi a riflettere sulle condizioni necessarie per un coordinamento produttivo tra operatori della salute pubblica e i professionisti della comunicazione. La mia esperienza si basa su episodi di epidemiologia ambientale, nei quali il coordinamento è stato efficace quando gli obbiettivi erano chiari e condivisi con le vittime dell'episodio. In altre circostanza le cose possono essere più complicate. I “casi” si verificano quasi tutti i giorni e un primo passo potrebbe essere quello di raccoglierli e sistematizzarli.
Benedetto Terracini
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La grande guerra degli italiani
Dal caso Boffetta alcune riflessioni generali su cos’è oggi l’attività scientifica
Ancora troppo diffusi gli stili di vita non salutari fra persone con comorbidità
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