L'evoluzione dell'Osservatorio nazionale screening
L'editoriale di Zappa e Federici porta buone notizie, per il maggiore inserimento dell'Osservatorio nazionale screening (ONS) nel Piano nazionale per la prevenzione. Da oltre un decennio, l'ONS ha contribuito in modo vitale alla razionalizzazione degli screening oncologici e all'intelligenza epidemiologica delle iniziative regionali. Su queste ultime, permangono due elementi di preoccupazione: la limitata partecipazione della popolazione bersaglio e i messaggi mediatici di autorevoli uomini di scienza che raccomandano protocolli diversi da (e non necessariamente più efficaci di) quelli offerti dal Servizio sanitario nazionale. È quindi interessante la riflessione su comunicazione e screening da parte di Cogo e Petrella.
Da anni, l'Associazione internazionale dei medici per l'ambiente (ISDE) propone, soprattutto (ma non esclusivamente) per le malattie oncologiche, il paradigma epigenetico come sostitutivo di quello tradizionale, DNA-mediato. Non è proprio una rivoluzione copernicanama vi si avvicina. Bene fanno quindi Stazi, Nisticò e Serino a distillare per i lettori di E&P i concetti fondamentali dell'epigenetica emersi nel recente numero monografico dell'International Journal of Epidemiology. Gli indicatori di rischio epigenetici sono meno stabili di quelli genetici e di conseguenza i meccanismi dell'associazione con le malattie sono più complessi. Ma i tempi cominciano a essere maturi per andare oltre a considerazioni di ordine generale e per vedere concretamente quanto la ricerca epigenetica può servire per la prevenzione delle malattie.
La corrispondenza su Moniter mi tocca da vicino. Sulle nascite pretermine, però, penso che, nel titolo della rubrica, la parola “incertezza” possa creare equivoci. Silvia Candela porta una massa di elementi per considerare causale (e non “incerta”) l'associazione con la residenza in vicinanza degli inceneritori. Secondo me, l'attenzione va spostata dagli inevitabili caveat che accompagnano ogni procedura di inferenza causale a una (benevola) attesa di conoscere in quale misura le regioni e le provincie italiane terranno conto dei risultati di Moniter nelle loro strategie di gestione dei rifiuti.
Bene fa Rossella Seniori a prendere le distanza dalla proposta di alcuni epidemiologi nordamericani di limitare ai soli ricercatori “disinteressati” il compito di valutare i rischi ambientali per conto di agenzie governative o internazionali. Pensare che la ricerca possa essere “disinteressata” richiama l'irrealistica visione della scienza come regno della razionalità e dell'oggettività, esente dalla “passione”, cui allude Bruna de Marchi nella sua rubrica.
Due “pezzi” apparentemente slegati tra di loro, ma che alludono al riflesso dei movimenti migratori sulla salute (un fondamentale riferimento per la ricerca epidemiologica nel nuovo millennio) sono le considerazioni di Paolo Vineis su cambiamento climatico e malattie trasmissibili e quello di Vallesi et al. sull'esperienza umbra di screening citologico.
E a proposito di screening citologico, l'articolo di Giorgi Rossi et al. dà un quadro sulla prevalenza dell'infezione con HPV in Italia. L'ipotesi che per il rischio di cancro del collo dell'utero “nel Sud sia in corso una rapida transizione epidemiologica” ha una base solida, ma è sconvolgente. Anche se i fattori di rischio e i meccanismi della cancerogenesi sono diversi, l'osservazione ripete quanto constatato per altri tumori e per altra patologia cronica e aumenta la preoccupazione per gli effetti dei cambiamenti del modo di lavorare e di vivere che hanno avuto luogo nell'Italia meridionale negli ultimi decenni.
Benedetto Terracini
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