Riassunto

Siamo tutti diversamente abili nel comunicare. Prima di tutti lo siamo noi, tecnici della sanità, che per mandato dovremmo farci capire dai nostri interlocutori, e invece spesso parliamo e scriviamo pensando ai nostri dirigenti, o alla nostra insegnante delle medie. D’altra parte, nelle scuole di medicina nessuno ci ha ancora insegnato a fare il contrario.Ma a fare le spese della nostra limitata competenza comunicativa, la maggior parte delle volte sono proprio coloro che ne hanno più bisogno. Infatti le persone che hanno meno accesso alle cure e ai servizi spesso hanno anche una insufficiente alfabetizzazione linguistica e sanitaria. Negli screening oncologici, la nascita di gruppi di lavoro sulla comunicazione ha portato, negli ultimi dieci anni, a progettare in modo più mirato materiali informativi, rapporti, siti, corsi e seminari. Ma ha anche portato la consapevolezza che la comunicazione sugli screening “avviene” comunque, e solo parzialmente è gestita da noi che ci lavoriamo. Per questo, da una parte è essenziale che continuiamo a dialogare con il “non screening” nella sanità e nella società civile, dall’altra, che impariamo a fare meglio quello che facciamo, familiarizzando con strumenti di altre discipline e coinvolgendo professionisti di altri settori. Il tutto è reso più arduo dal fatto che, a parte alcune eccezioni, la comunicazione pubblica in Italia non è ancora diventata “sistema”, misurando le proprie parole sui destinatari e sulle proprie finalità comunicative.

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Abstract

Over the last ten years, Italian work groups of communication within The National Centre for Screening Monitoring have been working on various aspects of communication in screening: quality surveys, information materials, guidelines,websites, and training.This has been done taking into account that good quality information must be clear, accessible, up to date, evidence based, clear about its limitations and capable of indicating further sources of information. Whenever possible, information has been developed in collaboration with the target groups: citizens but also health professionals. However, if good quality information must be clear about benefits and harms, the communication of quantitative information is particularly complex in cancer screening. Moreover, receiving more information on risks and benefits does not seem to modify participation. In addition, more balanced information does not entail that a person will include it in the decision process.Throughout several focus groups, citizens have made it clear that the information received from the programmes was only a part of the decisional process in which other elements were just as, if not more, important: trust in doctors, family and friends, perception of health authority efficiency, personal experiences, inconsistencies in information or public disagreements with other credible sources. Such elements can be seen as an opportunity to strengthen partnerships with professional and advocacy groups and to cooperate more efficiently with media and specialists from different fields.

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