E&P 2012, 36 (2) marzo-aprile

Parole diversamente abili

Carla Cogo, Marco Petrella

Siamo tutti diversamente abili nel comunicare. Prima di tutti lo siamo noi, tecnici della sanità, che per mandato dovremmo farci capire dai nostri interlocutori, e invece spesso parliamo e scriviamo pensando ai nostri dirigenti, o alla nostra insegnante delle medie. D’altra parte, nelle scuole di medicina nessuno ci ha ancora insegnato a fare il contrario.Ma a fare le spese della nostra limitata competenza comunicativa, la maggior parte delle volte sono proprio coloro che ne hanno più bisogno. Infatti le persone che hanno meno accesso alle cure e ai servizi spesso hanno anche una insufficiente alfabetizzazione linguistica e sanitaria. Negli screening oncologici, la nascita di gruppi di lavoro sulla comunicazione ha portato, negli ultimi dieci anni, a progettare in modo più mirato materiali informativi, rapporti, siti, corsi e seminari. Ma ha anche portato la consapevolezza che la comunicazione sugli screening “avviene” comunque, e solo parzialmente è gestita da noi che ci lavoriamo. Per questo, da una parte è essenziale che continuiamo a dialogare con il “non screening” nella sanità e nella società civile, dall’altra, che impariamo a fare meglio quello che facciamo, familiarizzando con strumenti di altre discipline e coinvolgendo professionisti di altri settori. Il tutto è reso più arduo dal fatto che, a parte alcune eccezioni, la comunicazione pubblica in Italia non è ancora diventata “sistema”, misurando le proprie parole sui destinatari e sulle proprie finalità comunicative.