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Sanità Pubblica - 12/07/2022 13:58
Dibattito sul decreto ministeriale 77 in tema di sanità territoriale
Che a livello di sanità territoriale ci siano nel nostro servizio sanitario molte criticità non c'era bisogno che ce lo dicesse la pandemia ma sicuramente in questi mesi si sono evidenziate ancora di più.
È prassi naturale che un Ministero della Sanità pensi che i problemi si possano risolvere, o per lo meno attenuare, con un decreto accompagnato anche dalle risorse che il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) da l'opportunità di poter erogare.
Ciò però che crediamo è che le criticità si possono realmente risolvere solo se cambia lo spirito nel SSN, cioè se gli operatori e gli utenti partecipano nuovamente al rinnovamento del sistema e non se semplicemente vedono cambiamenti e novità di cui non sono stati loro stessi i richiedenti. In tal senso preoccupa ad esempio che il decreto sia stato approvato senza l'intesa della Conferenza Stato-Regioni.
Riportiamo qui il link al testo del decreto e dei suoi due allegati, pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale del 22 giugno, che costituiscono le indicazioni operative per un miglioramento del sistema territoriale sanitario.
Vorremmo che si si potesse avviasse su questo blog un dibattito costruttivo a partire da questo decreto e quindi invitiamo a inviare pareri, commenti, proposte, evitando solo le sterili lamentele che, seppur comprensibili, non aiutano a costruire il futuro della nostra sanità.
Il primo intervento che ci è pervenuto è quello della CGIL Sanità che qui di seguito riportiamo e seguiranno gli altri documenti che ci verranno inviati.
Osservazioni CGIL al DM 23/5/22 n.77“Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale”Pubblicato in G.U. – 22 giugno 2022 - il decreto, a firma del Ministro della Salute di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, avvia la Riforma per lo sviluppo dell’assistenza territoriale prevista dal PNRR nella Missione 6 Componente 1 L’atto che rispetta la tempistica del 30 giugno 2022 (milestone M6C1), è stato adottato senza l’intesa della Conferenza Stato Regioni, recepisce in parte le osservazioni del Consiglio di Stato (10 maggio 2022) ma purtroppo la valutazione di merito del testo conferma le criticità già evidenziate dalle nostre osservazioni alla bozza del DM (27 febbraio 2022) aggiungendo ulteriori elementi che risultano poco chiari o carenti. Gli articoli e gli Allegati del DM n.77Il DM è composto di 4 articoli e di 3 Allegati. ▪ l’articolo 1 - Standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza territoriale stabilisce che: ▪ l’articolo 2 - Monitoraggio - la verifica dell’attuazione del Regolamento è considerata adempimento ai fini dell’accesso integrativo al finanziamento per le singole regioni ed è effettuata nell’ambito del Comitato permanente per la verifica dell’erogazione dei LEA ▪ All’articolo 3 - Regioni a statuto speciale e province autonome - stabilisce che l’applicazione del decreto avverrà compatibilmente con i diversi statuti di autonomia e con le relative norme di attuazione; - entro sei mesi, le regioni e Province Autonome devono adottare il provvedimento generale di programmazione dell’Assistenza territoriale ai sensi del DM. - le regioni e PA provvedono ad adeguare l’organizzazione dell’assistenza territoriale e del sistema di prevenzione sulla base degli standard di cui al DM, in coerenza anche con gli investimenti previsti dalla Missione 6 Component 1 del PNRR (qui non sono stabiliti tempi di attuazione) - istituisce il monitoraggio semestrale, da parte del Ministero della Salute tramite una Relazione AGENAS, per verificare lo stato di implementazione del DM in ogni singola regione e PA. Per il monitoraggio degli standard relativamente ai LEA si rinvia all’Allegato 1 (Elenco degli Indicatori LEA) del DM Salute 12.3.2019 per il “Nuovo Sistema di Garanzia LEA”. (Non sono precisati alcuni indicatori per monitorare l’attuazione di parti importanti del DM) ▪ All’articolo 4 - Clausola di invarianza finanziaria - non si prevedono nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica; la riforma trova finanziamenti da risorse già previste dal Fondo Sanitario Nazionale e dal PNRR. Con questa previsione il Finanziamento resta insufficiente. ValutazioniPositiva l’intenzione di spingere le regioni ad adottare in modo uniforme il nuovo modello per assicurare i Livelli Essenziali dell’Assistenza territoriale, indispensabile sia per superare l’attuale frammentazione che per organizzare percorsi di convergenza nelle regioni in difficoltà. Tuttavia, la spinta per l’uniformità dei LEA è indebolita già dall’art. 1 del DM che attribuisce solo valore descrittivo al più completo impianto dei “Modelli e standard per lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale nel SSN” – Allegato - 1 rispetto all’Allegato 2 dal valore prescrittivo. Si lasciano così margini di interpretazione, e libertà di azioni disomogenee, alle singole regioni ben oltre i confini della legittima e necessaria autonomia organizzativa. L’Allegato 2 presenta una grave carenza non prevedendo alcuni degli elementi fondamentali per la concreta realizzazione della riforma e tra loro funzionali: non vengono previste come prescrittive le indicazioni per i Distretti, l’Infermiere di Famiglia o Comunità e i Sistemi Informativi e Qualità. E ancora, non sono previsti standard riferiti a tutte le figure componenti l’equipe multiprofessionale (pur essendo richiamata in più parti, ad es. Tabella 1 capitolo 3, Capitolo Casa della Comunità, ecc). Inoltre, si ribadisce che il livello del finanziamento, sia per il Fondo Sanitario Nazionale che per i diversi fondi Sociali, è inadeguato per assicurare la riorganizzazione e lo sviluppo dell’assistenza sociosanitaria integrata territoriale. In particolare, resta da rimuovere il tetto di spesa per il personale imposto dalla vigente normativa, per consentire un’adeguata definizione dei fabbisogni formativi e dei relativi piani di assunzione compresa la stabilizzazione del personale precario anche in ragione dei processi di reinternalizzazione (ex art.1 c.268 c) L.234/2021). Infatti, la deroga al tetto di spesa per il personale, risultante dai nuovi standard dell’assistenza territoriale, stabilita con la legge di bilancio 2022 (L. 234/2021), richiamata nella premessa del documento, non è finanziata con un incremento del FSN. Si tratta di un’autorizzazione di spesa vincolata, utile ma che deve essere accompagnata da un corrispondente incremento del FSN. Inoltre, particolare attenzione deve essere rivolta al DM (DM ex comma 274 della sopracitata legge di bilancio) che dovrà ripartire tra le regioni tali autorizzazioni di spesa in deroga ai tetti vigenti, per evitare di penalizzare le regioni che dovessero aver già provveduto ad assicurare standard maggiori con risorse ordinarie del FSR. Senza l’assunzione stabile dei professionisti sanitari e sociali le stesse misure per il potenziamento della rete dei servizi territoriali sono inefficaci, e si prelude ad una inaccettabile privatizzazione dell’assistenza. Sui fabbisogni di personale il confronto tra CGIL, CISL, UIL e Ministero della Salute finora non ha prodotto risultati apprezzabili. ALLEGATIA seguire le osservazioni della lettura congiunta dei due allegati: Allegato 1 del DM: “Modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale” che si compone di 16 capitoli e Allegato 2 “Ricognizioni Standard” di 10 capitoli. Non verrà preso in considerazione l’Allegato 3 che contiene solo il glossario degli acronimi utilizzati del DM. L’Allegato 1, oltre ad avere valore descrittivo, presenta rispetto all’ultima bozza una sola modifica agli Standard previsti al punto 11. OSPEDALE DI COMUNITÀ (vedi sotto punto specifico), mentre l’Allegato 2 prescrive gli standard organizzativi, tecnologici e strutturali per: Casa della Comunità; Centrale operativa territoriale; Centrale Operativa 116117; Unità di Continuità Assistenziale; Assistenza Domiciliare; Ospedale di Comunità; Rete delle cure palliative; Servizi per la salute dei minori, delle donne, delle coppie e delle famiglie; Prevenzione in ambito sanitario, ambientale climatico; Telemedicina e Sistemi di qualità. Non ci sono, nemmeno nella premessa, riferimenti ad alcuni provvedimenti che erano stati annunciati per la riorganizzazione della medicina generale, la salute mentale e le dipendenze, questioni che nel documento non vengono trattate. Come avevamo già evidenziato nelle Osservazioni CGIL a novembre 2021 accanto a elementi positivi per il potenziamento strutturale dell’assistenza territoriale, permangono forti criticità e lacune. Il modello: bisogni, presa in carico, assistenza di iniziativa, progetto di salute e cura▪ Sono condivisibili i contenuti del capitolo 2 del documento “Sviluppo dell’assistenza territoriale nel SSN” e del capitolo 3 “Stratificazione della popolazione e delle condizioni demografiche dei territori come strumento di analisi dei bisogni, finalizzata alla programmazione e alla presa in carico” (qui in specie la parti riferite alla cd “medicina di popolazione”, alla “sanità di iniziativa” e all’articolazione del rapporto fra bisogno e Progetto di salute). Tuttavia, non essendo indicate prescrizioni nell’Allegato 2 per questi primi capitoli, l’adozione di un tale modello non appare vincolante. Così resta un modello teorico/descrittivo. Diventa necessario agire l’azione sindacale affinché i provvedimenti regionali e negli ATS assumano effettivamente il modello indicato. ▪ Nelle parti seguenti non è esattamente precisato quale sia il percorso per il cittadino (cosa deve fare, a chi deve rivolgersi, ecc.) e chi ne sia direttamente responsabile (struttura e personale) per una fattiva “presa in carico” della persona. Requisiti e standard dell’assistenza territoriale per l’uniformità dei LEA stabilita dalla Costituzione▪ Appare scritto in più parti del documento che le regioni “dovrebbero” oppure “possono” attuare indicazioni e gli standard previsti, e ciò lascia margini di scelta che rischiano di riprodurre la frammentazione del nostro SSN e il disuguale accesso ai LEA, ben oltre i legittimi margini di autonomia organizzativa delle singole regioni1. ▪ È bene rammentare le ripetute sentenze della Corte Costituzionale che riguardo ai LEA dispongono che “l’attribuzione allo Stato della competenza esclusiva e trasversale (prevista dalla disposizione costituzionale sui LEA) si riferisce alla determinazione degli standard strutturali e qualitativi di prestazioni che, concernendo il soddisfacimento di diritti civili e sociali, devono essere garantiti, con carattere di generalità, a tutti gli aventi diritto”. - SENTENZE CORTE COSTITUZIONALE: N. 168 E N. 50 DEL 2008, N. 387 DEL 2007 ▪ In questo senso, oltre a quanto già segnalato per il 2° e 3° capitolo dell’Allegato 1, non è accettabile che per l’Assistenza Domiciliare gli standard di personale non siano definiti, rinviando a come si evince dal richiamo tra le norme di riferimento dell’Allegato 2 del DM dell’Intesa 4.8.2021 (rep. 151/2021) sull’autorizzazione e gli accreditamenti per le cure domiciliari. Analogamente le indicazioni sulle modalità di presenza nelle Case della Comunità dei Medici di Medicina Generale lasciano margini discrezionali che prefigurano forti divaricazioni tra i diversi modelli regionali. Il Distretto: funzioni e standard organizzativi▪ Per quanto possa apparire positiva la previsione che il baricentro della riforma per l’assistenza territoriale sia il Distretto sociosanitario quale articolazione dell’Azienda sanitaria locale, il cui riferimento normativo resta il d.lgs. 502/92 come modificato dal d.lgs. 229/99 (decreto Bindi), essa rimane confinata solamente nella parte descrittiva del DM (Allegato 1). ▪ Si tratta dunque di una struttura pubblica che programma, produce e valuta le attività, avvalendosi anche di professionisti e strutture accreditate (come peraltro già accade). Tuttavia, nel documento la definizione di distretto come “committente” (che eroga servizi in forma diretta o indiretta) rischia di preludere ad una esternalizzazione di attività assistenziali che devono invece essere “prodotte” ordinariamente dai professionisti e dai servizi pubblici che fanno parte del distretto. Per quanto il distretto sia già normato, la scelta di non prevederlo nella parte prescrittiva del DM, cioè nell’Allegato 2, potrebbe indurre a svilire la struttura e fa apparire ancor più concreti gli spazi di possibile esternalizzazione e privatizzazione delle funzioni/attività. Processo già in atto in alcune regioni che ha evidenziato in modo oggettivo la riduzione di governance del soggetto pubblico. ▪ Lo standard (descritto nell’Allegato 1 ma non prescritto nell’Allegato 2) che definisce il rapporto di 1 distretto ogni 100mila abitanti sembra lasciare alla programmazione regionale spazi di superamento dimensionale; possibilità di sovradimensionamento esplicitata a pagina 28 negli standard delle Centrali Operative Territoriali. Riteniamo un errore la possibilità di creare distretti troppo grandi e siano da evitare. In alcune aree del nostro paese sarà opportuno, con l’azione sindacale, cercare di determinare dimensione distrettuali inferiori ai 100 mila abitanti. ▪ Gli altri standard delle strutture e dei servizi offerti dal distretto sono in via generale condivisibili, salvo alcuni riferiti al personale (il confronto con il Ministero della Salute per il tramite di AGENAS non ha prodotto esiti apprezzabili) e salvo alcune precisazioni rintracciabili nelle osservazioni che seguono (in specie sui Medici di Medicina Generale). Inoltre, non sembrano congrui gli standard indicati per il distretto rispetto a quelli assegnati alle diverse strutture e setting assistenziali (Case della Comunità, COT, Ospedali di Comunità, ecc.). Resta quindi aperta la necessità di verificare i fabbisogni effettivi come rimane da chiarire che gli organici non possono essere comprensivi anche del personale integrativo per le sostituzioni a vario titolo. ▪ Da evidenziare perplessità sull'assistenza psicologica, assicurata e governata in ciascuna Azienda Sanitaria Locale dall’Area Funzionale di Psicologia, senza riferimento al Dipartimento di Salute Mentale. L’integrazione sociosanitaria▪ Il documento contiene ripetute affermazioni condivisibili e alcune indicazioni a sostegno dell’integrazione sociosanitaria. In particolare, nella Casa della Comunità l’integrazione con i Servizi Sociali e il Punto Unico di Accesso sono stabiliti come obbligatori (vedi Tabella 4 Allegato 1 e Tabella “Servizi CdC” Allegato 2). Anche il richiamo alle recenti norme introdotte dalla legge di bilancio 2022 (L. 234/2021 commi da 159 a 171), sui Livelli Essenziali delle Prestazioni Sociali e della non autosufficienza, sui Punti Unici di Acceso, la presa in carico integrata da parte delle equipe sociosanitarie tra Ambiti Territoriali Sociali (ATS) e Distretti sanitari nelle Case della Comunità, è positivo. Tuttavia, ancora una volta la piena operatività dell’integrazione è rinviata all’adozione dell’Intesa Stato Regioni prevista dalla stessa legge di bilancio 234/2021 (comma 161) e dell’Accordo Stato Regioni previsto dall’art. 21 del DPCM sui LEA del 2017. Per questo occorre che tali atti siano adottati con la massima urgenza. In attesa dei provvedimenti nazionali, quelli regionali devono essere orientati ad attuare gli strumenti dell’integrazione sopracitati. ▪ Inoltre, manca un vincolo ad un lavoro comune, realmente innovativo e incisivo, per una effettiva integrazione tra ambito sociale e sanitario che coinvolga tutti i soggetti istituzionali responsabili. I progetti di investimento M6C1 e M5C2, devono trovare la necessaria integrazione e armonizzazione tra loro e con la legge della non autosufficienza che deve essere approvata entro la fine della legislatura e la cui base di partenza deve essere la proposta presentata dal Ministro LPS Orlando “Interventi sociali e politiche per la non autosufficienza” detta “proposta Turco”. ▪ Infine, le pur condivisibili affermazioni e previsioni per alimentare l’integrazione fra sanità e sociale, non sono sostenute da adeguate misure riferite ai professionisti del sociale. Case della ComunitàIl modello e le funzioni attribuite alla Casa della Comunità appaiono coerenti con un modello di salute comunitaria ad alta integrazione fra sociale e sanità (pur con i limiti appena sopra indicati per realizzare una effettiva integrazione). Si dichiara che “la CdC è una fondamentale struttura pubblica del SSN” ma rappresenta una grave carenza non ritrovare tale indicazione nell’Allegato 2. ▪ Nell’ambito delle Case della Comunità, accanto al numero di Infermieri di Comunità, è stata prevista la presenza di assistenti sociali e personale sociosanitario e amministrativo ma non sono indicati standard riferiti agli altri professionisti della sanità e del sociale, ridimensionando la prospettiva di interdisciplinarietà e il lavoro d’equipe multiprofessionale (vale anche per l’ADI e in generale per le cure primarie previste nei LEA Distrettuali). ▪ Positivo l’obbligo di presenza nella Casa dei Medici di Medicina Generale (che possono comunque operare anche nei loro studi associati per assicurare una maggiore capillarità delle cure primarie). Rimane un limite l’assenza dell’obiettivo, nemmeno riferito ai nuovi ingressi, per il loro passaggio alle dipendenze del SSN. Permane così il rischio concreto di un modello differenziato di Casa della Comunità a seconda delle soluzioni adottate nelle singole regioni in forza degli accordi con i MMG. Per questo la soluzione organizzativa contenuta nell’Allegato 1 e cioè: “Nelle CdC hub e spoke, inoltre, è garantita l’assistenza medica H12 - 6 giorni su 7 attraverso la presenza dei MMG afferenti alle AFT del Distretto di riferimento. Tale attività ambulatoriale sarà aggiuntiva rispetto alle attività svolte dal MMG nei confronti dei propri assistiti e dovrà essere svolta presso la CdC hub e spoke”, è insufficiente, perché di fatto non va nella direzione di inserire i MMG nell’organico delle case di comunità. Infatti, nelle Case Hub, non è prevista la presenza permanente di almeno una équipe di MMG delle cure primarie a rapporto orario e non a quota capitaria. Così non si favorisce il graduale passaggio ad un rapporto di lavoro di dipendenza (cui si affiancheranno i MMG presenti a rotazione) per consentire quel lavoro interdisciplinare dell’équipe multiprofessionale che caratterizza il lavoro del Distretto e in questo della Casa della Comunità. ▪ Gli standard della Casa della Comunità hub sono fissati in una ogni 40-50mila abitanti, mentre non sono precisati per le Case spoke lasciando la possibilità di attivare queste ultime solo in alcune realtà. Gli standard per il personale delle Case di Comunità hub prevedono 7-11 Infermieri, 1' assistente sociale, 5-8 unità di Personale di Supporto (Sociosanitario, Amministrativo) e non si indicano standard per le CdC spoke. La grave carenza di precise prescrizioni non favorisce la costruzione di una rete territoriale omogenea e non aiuta a superare le evidenti disparità già oggi esistenti nell’erogazione dei servizi tra regioni. ▪ Poco coerente a quanto previsto nell’obiettivo di sviluppo delle CdC, e scarsamente rispondente ai bisogni di alcune fasce di popolazione, è l’aver lasciato facoltà ad ogni singolo territorio di prevedere la presenza nella struttura di servizi fondamentali. Ci riferiamo ai servizi di Attività consultoriali e attività rivolte ai minori; Interventi di salute pubblica (incluse le vaccinazioni per le fasce 0-18); Programmi di screening; Servizi di salute mentale, le dipendenze patologiche e la neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza; Medicina dello sport. Una scelta organizzativa che non sembra tener adeguatamente in considerazione quanto avvenuto in questi ultimi due anni soprattutto su minori e adolescenti. Infermiere di Famiglia o Comunità▪ L’Infermiere di Famiglia o Comunità è la figura professionale indicata come riferimento che assicura l’assistenza infermieristica ai diversi livelli di complessità. Positivo che l’IFoC venga individuato come il professionista responsabile dei processi infermieristici in ambito familiare e comunitario che, attraverso una presenza continuativa e proattiva nell’area/ambito o comunità di riferimento, assicura l’assistenza infermieristica in collaborazione con tutti i professionisti presenti nella comunità (MMG/PLS, assistente sociale, professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione, ecc.) perseguendo l’integrazione interdisciplinare sanitaria dei servizi e dei professionisti e ponendo al centro la persona. Aver previsto negli standard il rapporto di 1 IFoC per 3000 abitanti, inteso come numero complessivo di personale impiegato nei diversi setting assistenziali, non sembra essere adeguato all’enfasi data al profilo e di conseguenza all’auspicato sviluppo della rete territoriale. Non è chiaro se il rapporto 1/3000 comprende il personale infermieristico previsto per Unità di Continuità Assistenziale e Centrale Operativa. Unità di Continuità Assistenziale (UCA)▪ Positiva la volontà di una équipe mobile distrettuale per la gestione e il supporto della presa in carico di individui, o di comunità, che versano in condizioni clinico-assistenziali di particolare complessità e che comportano una comprovata difficoltà operativa. ▪ Lo standard che fissa 1 Medico e 1 Infermiere ogni 100.000 abitanti, per quanto specificato non essere a sostituzione ma a supporto di altri professionisti, fa sembrare l’organico sottostimato in ragione degli obiettivi attribuiti. Centrale Operativa territoriale▪ Per svolgere la funzione di coordinamento della presa in carico della persona e raccordo tra servizi e professionisti coinvolti nei diversi setting assistenziali è prevista una Centrale Operativa Territoriale (COT) per 100.000 mila abitanti. Gli standard per il personale prevedono 1 Coordinatore Infermieristico, 3-5 Infermieri, 1-2 unità di Personale di Supporto per ogni COT. La valutazione sulla consistenza dell’organico previsto è la medesima delle UCA. Centrale Operativa 116 117▪ È la sede del Numero Europeo Armonizzato (NEA) per le cure mediche non urgenti, offre un servizio telefonico gratuito alla popolazione attivo 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 per tutte le presta- zioni sanitarie e sociosanitarie a bassa intensità assistenziale. Viene prevista 1 Centrale Operativa NEA 116117 ogni 1-2 milioni di abitanti o comunque a valenza regionale. Già nel 2013 erano state individuate a livello nazionale con l’Accordo Stato-Regioni del 7/02/2013 e successiva- mente con l’Accordo Stato-Regioni del 24 novembre 2016 sono state individuate le “Linee di indirizzo sui criteri e le modalità di attivazione del Numero Europeo armonizzato a valenza so- ciale 116117”. È opportuno chiedere alle Regioni gli esiti delle sperimentazioni avviate per avere un completo qua- dro nazionale. Assistenza DomiciliareTutte le strutture e le attività finanziate dalle risorse pubbliche ordinarie e del PNRR comportano che le strutture e le attività in esse svolte debbano avere ordinariamente natura pubblica (salvo casi in cui si renda necessario l’apporto integrativo di soggetti accreditati). Per questo è del tutto inadeguato e preoccupante quanto descritto per l’Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) sia nell’Allegato 1 che nell’Allegato 2. L’ADI è il pilastro dell’assistenza territoriale e il principale investimento dello stesso PNRR nella Missione 6C1 (4 miliardi, di cui 1 mld per la Telemedicina). Il documento, al contrario di quanto accade per gli Ospedali di Comunità che contengono indicazioni ben più dettagliate, è del tutto lacunoso sugli standard di personale (a pagina 40 si scrive: “La dotazione di personale da definire nell’ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, sia in termini numerici che di figure professionali coinvolte, deve essere proporzionata alla tipologia di attività erogata, in particolare: medici, infermieri, operatori delle professioni sanitarie, della riabilitazione, operatori sociosanitari, e altri professionisti sanitari necessari a rispondere ai bisogni assistenziali individuati nel PAI/PRI”. ) Non solo, si prefigura l’affidamento del servizio a soggetti accreditati privati. La recente Intesa Stato Regioni del 4.8.2021 che fissa requisiti e standard per l’accreditamento dei soggetti che svolgono assistenza domiciliare rischia di diventare paradossalmente strumento di mera privatizzazione anziché, come dovrebbe, di qualificazione delle attività. Inoltre, l’articolo 1 comma della Legge di Bilancio 2022, che autorizza una spesa aggiuntiva per il personale necessario a rispettare i nuovi standard dell’assistenza territoriale in deroga al tetto vigente, non ha calcolato la spesa per l’ADI con personale dipendente del SSN. Per di più, non è ancora stato presentato il progetto per l’investimento relativo all’assistenza domiciliare: l’unico della Missione 6 che finanzia spesa per il personale (2,7 miliardi fino al 2026). Rimane il timore che tali fondi servano ad acquistare prestazioni AD da strutture-personale privati. Infine, è indispensabile una completa ricognizione, sull’utilizzo dei finanziamenti ex DL 34/2020 (e leggi seguenti) finalizzati all’assunzione di personale destinato all’assistenza territoriale, per verificare quali regioni abbiano preveduto alle assunzioni e quali no. Ospedale di ComunitàNodo importante della rete di assistenza territoriale, svolge una funzione intermedia tra il domicilio e il ricovero ospedaliero. Ha la finalità di evitare ricoveri ospedalieri impropri, di favorire dimissioni protette. ▪ È previsto 1 Ospedale di Comunità dotato di 20 posti letto ogni 100.000 abitanti. I posti letto per 1000 abitanti sono lo 0,2 da attuarsi in modo progressivo secondo la programmazione regionale. Da ricordare che la bozza di DM indicava 0,4 posti letto per 100 mila abitanti. Il dimezzamento dello standard da una parte risulta più coerente con la dotazione di 20 posti letto ogni 100 mila abitanti, dall’altra sembra più la scelta di limitare la programmazione regionale, una misura di contenimento della spesa. ▪ Lo standard di personale è indicato in 7-9 infermieri (di cui 1 Coordinatore infermieristico), 4-6 Operatori Sociosanitari, 1-2 unità di altro personale sanitario con funzioni riabilitative e un Medico per 4,5 ore al giorno 6 giorni su 7 per ogni O.d.C. La dotazione di personale fa sembrare l’organico sottostimato in ragione degli obiettivi attribuiti. Inoltre, non è chiaro se gli organici integrativi, deputati alle sostituzioni a vario titolo, sono aggiuntivi o ricompresi in tali numeri. Rete delle Cure PalliativePositive le previsioni, tuttavia ancora una volta rimane in capo alle regioni la definizione degli standard del personale. Servizi per la salute dei minori, delle donne, delle coppie e delle famiglieIl capitolo è privo di prescrizioni vincolanti per le regioni, salvo il richiamo all’art. 24 del DPCM del 2017 sui LEA e allo standard di 1 consultorio ogni 20mila abitanti (10 mila nelle aree interne e rurali). L’assenza nel DM di prescrizione di questo servizio nelle C.d.C., e ancor più la mancanza di indicazioni di standard strutturali e di personale per le C.d.C. spoke, rappresenta una grave carenza organizzativa e limita il possibile miglioramento del soddisfacimento dei bisogni di salute. È verosimile presumere che in ragione della nuova composizione della domanda di salute indotta dai cambiamenti demografici e sociali diverrà un ambito su cui investire maggiormente. Prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climaticoIl Dipartimento di Prevenzione (DP), ha il compito di promuovere azioni volte a individuare e rimuovere le cause di nocività e malattia di origine ambientale, umana e animale, mediante iniziative coordinate con i distretti e con i dipartimenti dell'azienda sanitaria locale e delle aziende ospedaliere, prevedendo il coinvolgimento di operatori di diverse discipline. ▪ Positivo aver previsto un limite dimensionale. Indicazione che risulta apprezzabile per la “necessità di mantenere efficienza organizzativa e conoscenza del territorio che ha identità, omogeneità culturale e socioeconomica imprescindibili nell’azione preventiva”. Tuttavia, 500.000 abitanti per ogni D.P. potrebbero portare altre pressioni su lavoratrici e lavoratori in contesti che negli ultimi anni non sono certo stati caratterizzati da investimenti. Ricordiamo che non si è voluto prevedere un criterio analogo per porre un tetto alla popolazione afferente al distretto; limite che avrebbe sicuramente giovato alla qualità dei servizi erogati e a migliorare la capacità di presa in carico della persona. TelemedicinaLa telemedicina è una modalità di erogazione di servizi e prestazioni assistenziali sanitarie sociosanitarie a rilevanza sanitaria a distanza, abilitata dalle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, e utilizzata da un professionista sanitario per fornire prestazioni sanitarie agli assistiti (telemedicina professionista sanitario – assistito) o servizi di consulenza e supporto ad altri professionisti sanitari (telemedicina professionista sanitario – professionista sanitario). Fondamentale per raggiungere della presa in carico del 10% della popolazione over 65. Il capitolo, pur essendo inserito nell’Allegato 2 (dal valore prescrittivo) è privo di indicazioni vincolanti. Per i requisiti minimi e gli standard di servizio si rinvia alle “Indicazioni nazionali per l’erogazione di prestazioni in telemedicina”, approvate in Conferenza Stato Regioni il 17 dicembre 2020” senza nemmeno citare il cronoprogramma del PNRR, fissato dal DM MEF 6.8.2021, e non si richiamano le Linee Guida per la Telemedicina (G.U. 24.5.2022) “Approvazione delle linee guida organizzative contenenti il - Modello digitale per l’attuazione dell’assistenza domiciliare”. Per la rilevanza della trasformazione che tale innovazione tecnologica determinerà, serve avviare un confronto immediato a tutti i livelli, soprattutto per supportare le necessarie innovazioni/modifiche dell’organizzazione del lavoro, per il personale e per l’utenza. Sistemi informativi e di qualitàIL DM prevede che per tutte le unità operative territoriali che compongono i Distretti devono essere dotate di soluzioni digitali idonee ad assicurare la produzione nativa dei documenti sanitari in formato digitale: ciò al fine di consentire di realizzare servizi in rete pienamente integrati. Si tratta, quindi, di rendere disponibili a ciascun Distretto, anche nell’ambito dei sistemi regionali, infrastrutture tecnologiche ed informatiche integrate e interoperabili sia con i sistemi dell’ecosistema di sanità digitale nazionali (ANA, NSIS, TS, PAGOPA, SPID, etc.) e regionali (FSE, CUP, etc.) nonché con le soluzioni di telemedicina. È un passo importante per il miglioramento di tutto il SSN. Va segnalato che il capitolo rimane nella parte descrittiva del DM, cioè nell’Allegato 1 e si trova integrato con il capitolo della Telemedicina nell’Allegato 2. I punti organizzativi che non sono contenuti nell’Allegato 2 e non acquisiscono forza prescrittiva sono- DISTRETTO: FUNZIONI E STANDARD ORGANIZZATIVI - INFERMIERE DI FAMIGLIA O COMUNITÀ - ALCUNE FIGURE DELL’EQUIPE MULTIPROFESSIONALI ▪ Sono punti strettamente correlati l’uno all’altro. Il distretto deve rappresentare lo snodo fondamentale per il modello e lo sviluppo dell’assistenza territoriale in un servizio sanitario pubblico e dal valore universale. La scelta di non richiamarlo nell’Allegato 2, la volontà di non inserirlo come punto forza e protagonismo della rete territoriale è da ritenersi una grave mancanza. ▪ Analogo ragionamento per l’IFoC che deve essere fortemente integrato alla governance pubblica del distretto. ▪ Per le equipe multiprofessionali è indispensabile indicare gli standard di tutte le figure coinvolte così come previsto per infermieri, medici, oss, ecc... favorendone la prospettiva di interdisciplinarietà. A livello regionale e territoriale occorre che la nostra organizzazione avvii, prosegua e intensifichi i confronti con i livelli istituzionali e le direzioni generali delle aziende sanitarie per orientare la declinazione del modello per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nella direzione di superare i limiti organizzativi, tecnologici e strutturali presenti. I prossimi sei mesi saranno decisivi prima dell’adozione dei provvedimenti generali di programmazione dell’Assistenza territoriale. Roma, 29 giugno 2022 |
1.
Segnalo un articolo di R.Balduzzi
vorrei segnalare un interessante articolo di Renato Balduzzi in argomento:
http://www.cortisupremeesalute.it/wp-content/uploads/2022/06/Balduzzi.pdf