COVID-19 ha messo in evidenza le fragilità di una società complessa e interconnessa come la nostra. Pare evidente che per uscire da eventi totalizzanti come le pandemie – che richiedono una gestione non solo scientifica, ma anche politica, economica e sociale – sia richiesto alla scienza e alla società un approccio diverso, così come descritto dalla post-normal science (PNS).1 Già all’inizio degli anni Novanta, Silvio Funtowicz e Jerry Ravetz  ritenevano ascrivibili alla scienza post-normale quelle situazioni in cui «i fatti sono incerti, i valori in discussione, le poste in gioco alte, le decisioni urgenti».2 La pandemia di COVID-19 ha tutte le caratteristiche per essere letta con la lente della PNS: un’incertezza radicale, con conoscenze da costruire in itinere durante l’emergenza; una difficile conciliazione tra libertà individuale e bene comune; lo scontro tra diritti fondamentali come quello al lavoro, all’istruzione e alla salute, che porta la società a dividersi sulle priorità; un eccezionale carattere d’urgenza nella gestione degli eventi.
Per queste situazioni, la scienza post-normale offre non soltanto una risposta epistemologica, ma anche metodologica e gestionale. I temi che ricadono in PNS, quindi, si dovrebbero affrontare con trasparenza, interdisciplinarità, democrazia, sostenibilità, allargamento dell’expertise. Tutte queste caratteristiche devono essere proprie anche dei sistemi di policy e comunicazione scientifica, che dovrebbero essere perciò strutturati, dialoganti e aperti, in modo da costruire un solido sistema di fiducia tra cittadino e istituzioni. Tutto ciò, però, non può certamente essere improvvisato durante un’emergenza pandemica. Serve dunque una preparedness adeguata, una consuetudine di dialogo tra scienza, politica e cittadini che permetta un coinvolgimento attivo di tutta la società nell’attuazione delle buone pratiche anti-contagio e nella gestione dei momenti di crisi.3 Per costruire armonia e fiducia tra istituzioni e cittadini servono tempo, pratica, volontà e soprattutto consapevolezza. E in Italia qualcosa è mancato.

Quale science policy?

«Chiedo alla comunità scientifica, senza polemica, di darci certezze inconfutabili e non tre o quattro opzioni per ogni tema. Chi ha già avuto il virus, lo può riprendere? Non c’è risposta. Lo stesso vale per i test sierologici. Pretendiamo chiarezza, altrimenti non c’è scienza. Noi politici ci prendiamo la responsabilità di decidere, ma gli scienziati devono metterci in condizione di farlo».4
Queste dichiarazioni, rilasciate al Corriere della Sera ad aprile 2020, durante il lockdown, dall’allora ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia mettono in luce la difficoltà delle istituzioni politiche – ma in verità anche di molti scienziati – nel relazionarsi con l’incertezza, la sua gestione e la sua comunicazione. Ma sottolineano anche una concezione del rapporto tra expertise e policy maker del tutto unidirezionale, con lo scienziato speaking truth to power.5 La science policy che traspare dalle dichiarazioni dell’ex ministro è ascrivibile a un modello moderno,6 in cui la fiducia nella verità della scienza è totale e alla politica spetta il ruolo di convertire le certezze scientifiche in leggi.
Questo sembra essere stato l’indirizzo di science policy durante la prima ondata pandemica (da febbraio a maggio 2020), quando il ruolo del Comitato tecnico-scientifico (CTS) è risultato determinante per la gestione dell’emergenza e la creazione di un sistema di regole da seguire durante il periodo di lockdown. L’importanza del CTS non è però rimasta costante, soprattutto nella percezione del cittadino. Con l’evoluzione della pandemia, i provvedimenti, che inizialmente sembravano essere presi solo sotto consiglio del Comitato, hanno cominciato ad assumere una matrice più politica. Si pensi alla decisione dell’estate 2020 di riaprire le discoteche nonostante varie voci di esperti ne sottolineassero l’assoluta pericolosità. Un caso di questo tipo costituisce un repentino declassamento della credibilità dell’expertise, che va a incidere fortemente sul cittadino, poiché non permette di capire completamente chi sia il reale decisore finale e quale sia l’iter di approvazione delle regole.
Dopo l’estate 2020, lo stagliarsi della seconda ondata pandemica ha messo la politica di fronte a un altro problema: determinare un nuovo sistema di regole che venisse incontro alle necessità economiche del Paese. Il rapporto tra consulenti scientifici del CTS e politica è cambiato ancora, in direzione di un confronto maggiore, per permettere al Paese di continuare l’attività produttiva senza chiusure drastiche come quelle della primavera. L’impossibilità di poter attuare un altro lockdown totale ha portato il governo a un’affannosa rincorsa della curva epidemica durante il mese di ottobre, all’inizio della seconda ondata. E i quattro DPCM emanati in venti giorni a partire dal 13 ottobre 2020 sembrano proprio dimostrare questo.7 Il risultato, oltre a un nuovo indirizzo di science policy, è stato il decreto del 3 novembre, che ha diviso l’Italia per fasce di colore in base al rischio e ha stabilito i 21 parametri di controllo: un compromesso tra il tentativo di tutelare la salute dei cittadini e quello di continuare a lavorare.
Con il nuovo anno, si è arrivati anche a un nuovo governo, un CTS sfoltito e rinnovato e un nuovo approccio alla gestione della pandemia. È il 16 aprile 2021 quando il presidente del Consiglio Mario Draghi si assume la responsabilità delle aperture previste per il 26 aprile, dichiarando: «Il governo si è preso un rischio ragionato».8 Rischio fondato sui dati, secondo il premier, ma che ha scatenato le polemiche soprattutto di una parte di esperti, molto attivi mediaticamente, da sempre su linee più prudenziali rispetto alle aperture in pandemia.
Nel volgere di un anno, quindi, il legame tra expertise e decisori politici non si è mantenuto costante, passando da “verità che parla al potere” nel primo lockdown a un continuo mutare dei rapporti tra consulenti scientifici e policy maker in relazione alla fase della pandemia e all’umore socioeconomico del Paese. Tra i vari cambiamenti di linea nella science policy è mancata un’adeguata comunicazione che potesse rendere conto ai cittadini dei processi decisionali. È possibile costruire un rapporto di fiducia tra cittadino e istituzioni se alla base manca la necessaria chiarezza?

Il caos AstraZeneca

Il vaccino Vaxzevria di AstraZeneca ha sofferto fin da subito di una cattiva comunicazione istituzionale, ma anche di una difficoltà di coordinamento tra istituzioni politiche e scientifiche, tra expertise e politica nazionale e regionale: una vicenda che sottolinea una volta di più la mancanza di una science policy adeguata e strutturata nel nostro Paese. Il vaccino adenovirale di AstraZeneca viene approvato dall’EMA il 29 gennaio 2021.9 In quel momento, l’agenzia sottolinea come i dati forniti dai trial riguardino principalmente una popolazione under 55, ma il vaccino è comunque approvato indistintamente per tutti i soggetti sopra i 18 anni. Il 30 gennaio 2021 anche AIFA dà il nulla osta all’utilizzo di Vaxzevria in Italia per gli over 18, ma ne consiglia l’utilizzo preferenziale per gli under 5510 che, qualche settimana dopo, diventano under 65.11
Nel mese di marzo, le prime segnalazioni di possibili effetti avversi del vaccino scatenano panico e confusione a tutti i livelli. Il 14 marzo 2021, per rispondere alla crescente preoccupazione della popolazione verso il vaccino AstraZeneca, AIFA comunica: «I casi di decesso verificatisi dopo la somministrazione del vaccino AstraZeneca hanno un legame solo temporale. Nessuna causalità è stata dimostrata tra i due eventi. L’allarme legato alla sicurezza del vaccino AstraZeneca non è giustificato».12 Il giorno dopo, però, in risposta a segnalazioni provenienti dalla Germania su una possibile correlazione tra il vaccino AstraZeneca e alcuni rari casi di trombosi che hanno colpito giovani donne, l’Italia decide di seguire i governi tedesco e francese e di sospendere in via precauzionale la vaccinazione con Vaxzevria fino a un pronunciamento di EMA. Nel giro di 24 ore, quindi, AIFA passa da un comunicato di assoluta rassicurazione a uno di sospensione del vaccino,13 al quale non seguono opportune spiegazioni da parte del governo italiano. Una grave mancanza comunicativa delle nostre istituzioni che alimenta la paura dei cittadini nei confronti del vaccino.
Il 7 aprile 2021, in seguito all’accertamento del Pharmacovigilance Risk Assessment Committee (PRAC) di EMA di rarissimi casi di trombosi in soggetti under 60, vengono aggiornate le raccomandazioni per il vaccino Vaxzevria. Su parere di AIFA, l’uso di AstraZeneca viene indicato preferenzialmente per gli over 60: il bilancio benefici/rischi è, infatti, segnalato in aumento col crescere dell’età.14 Alla luce di tutte queste informazioni, appare un controsenso il parere del CTS del 12 maggio 2021 in relazione ai cosiddetti open day: «Il CTS non rileva motivi ostativi a che vengano organizzate dalle differenti realtà regionali o legate a provincie autonome, iniziative, quali i vaccination day, mirate a offrire, in seguito ad adesione/richiesta volontaria, i vaccini a vettore adenovirale a tutti i soggetti di età superiore ai 18 anni».15
Da questo nuovo indirizzo per i vaccini adenovirali sono nate ulteriore confusione e mancanza di linearità nella policy. L’Italia si è di fatto ritrovata divisa in ventuno entità locali, ognuna delle quali libera di somministrare o meno AstraZeneca agli under 60. Ovviamente, allargando la platea di vaccinabili con Vaxzevria, il verificarsi della rara trombosi in un soggetto giovane è stata solo una questione di tempo. Il caso di Genova del giugno 2021 – prevedibile grazie alle statistiche che avevano spinto AIFA a consigliare precauzionalmente la somministrazione di AstraZeneca a over 60 – ha suscitato una reazione emotiva immensa. Reazione emotiva totalmente comprensibile e giustificata da parte dei cittadini, che così poco hanno potuto capire della gestione pandemica e della science policy italiana. Reazione emotiva del tutto fuori luogo, però, da parte del nostro sistema scientifico e politico-istituzionale, che così confusamente ha gestito il vaccino AstraZeneca e la comunicazione del rischio e dell’incertezza, non solo per quanto riguarda la vaccinazione. Troppo spesso, infatti, si sono preferite rassicurazioni paternalistiche ai cittadini, piuttosto che puntuali spiegazioni sulle complessità degli argomenti.16 Il caos che ha circondato tutta la vicenda ha portato all’inevitabile rinuncia a vaccinare con Vaxzevria, ormai segnato irreparabilmente agli occhi dell’opinione pubblica, oltre a dare argomentazioni utili a pericolose speculazioni sulla sicurezza di tutti i vaccini che abbiamo a disposizione per limitare i rischi di COVID-19.

I dubbi sulla composizione del CTS

Per costruire un rapporto di fiducia tra le istituzioni politiche, quelle scientifiche e i cittadini, sono indispensabili dialogo, partecipazione e trasparenza. La fiducia, però, si crea con il tempo: servono una science policy consolidata, istituzioni scientifiche ed esperti riconoscibili e abituati a rapportarsi con il cittadino, task force i cui membri siano consapevoli di agire come public officer. Questi elementi sono presenti negli Stati Uniti, ma ancora scarsi in Italia.17
Tenuto conto che la concezione di science policy americana basata su un approccio science-based non è riproducibile in un contesto sociale come quello europeo e italiano, nel 2001 la Commissione europea ha proposto un nuovo modello di governance. Il Libro bianco delinea un percorso di democratizzazione delle istituzioni che tenga conto del diritto del cittadino a partecipare alle decisioni ed essere informato. Nel testo si prende altresì atto della crisi di fiducia verso l’expertise e della confusione che si genera quando non è chiaro se decisioni importanti per la salute pubblica e l’ambiente siano prese dagli esperti o, invece, passino anche per una più ampia valutazione politica. Tra le soluzioni tratteggiate, risultano importanti l’allargamento dell’expertise e la trasparenza nel processo di selezione dei consulenti scientifici.18 Il Libro bianco è stato un tentativo dell’Unione europea di rispondere a un grave moto di sfiducia dei cittadini verso le istituzioni politiche e scientifiche  – in seguito a complesse problematiche come il caso della cosiddetta mucca pazza in Gran Bretagna – ma i suoi consigli sulla governance sono stati completamente disattesi nel nostro Paese, come dimostra proprio il CTS.
Il CTS, istituito sotto l’egida del Dipartimento della Protezione civile il 5 febbraio 2020,19 è stato integrato con nuove figure durante il primo lockdown e, alla fine del durissimo periodo di quarantena, contava venti membri. Perplessità e critiche sulla composizione del CTS sono però iniziate fin da subito. In particolare, si segnalano la totale assenza di donne fino al 15 maggio 2020, quando sono state aggiunte sei figure femminili, e la mancanza di apertura verso la società – la comunità estesa di pari secondo la PNS – con esponenti che riescano a dare letture degli avvenimenti che vadano oltre il solo ambito sanitario. Ogni parere del CTS ha, infatti, un impatto economico e sociale di cui bisognerebbe tener conto.
Tutte le criticità rimangono evidenti anche nel CTS nominato dal nuovo governo con ordinanza del 17 marzo 2021.20 Dodici membri, due sole donne e un’enorme difficoltà per il cittadino nel capire i criteri di selezione del Comitato. Si ricorderà, infatti, la grande polemica sul nome di Alberto Giovanni Gerli e sui suoi modelli previsionali che lo hanno portato a essere indicato – non si sa bene da chi – come membro del CTS. Polemiche così pesanti che hanno determinato le sue immediate dimissioni.

Fondare la science policy

Molti altri esempi potrebbero essere fatti per mettere in evidenza la mancanza di una linea coerente di science policy in Italia. Ciò che, a livello generale, COVID-19 ha messo in luce è una profonda inconsapevolezza. Innanzitutto, quella delle istituzioni politiche e scientifiche, che non hanno compreso l’importanza di un’interfaccia tra scienza e politica trasparente, lineare ed efficace, che possa ispirare fiducia nei cittadini e agevolare l’accettazione e l’attuazione di buoni comportamenti per prevenire il contagio. Poi un’inconsapevolezza rispetto ai ruoli, come nel caso degli esperti chiamati a dare risposte sui media, che non hanno capito del tutto quale fosse il proprio ruolo e hanno provocato nel cittadino una confusione accentuata dalla cacofonia di voci differenti.
Nonostante le mancanze nel campo della science policy e della comunicazione, nonostante un’incapacità nella gestione dell’incertezza e nella sua corretta comunicazione al pubblico, nonostante un sistema politico e scientifico spesso paternalista nei confronti dei cittadini, va sottolineata la disciplina degli italiani nei periodi complessi, come il lockdown. Inoltre, è notevole notare come a dicembre 2021 l’Italia sia tra i Paesi UE con maggior copertura vaccinale,21 anche se preoccupa la percentuale di over 50 ancora scoperta.22 I cittadini hanno dimostrato di poter essere un interlocutore serio per la politica e la scienza. Ora spetta alle istituzioni intraprendere il cammino della fiducia, costruendo una science policy forte, inclusiva e trasparente.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Bibliografia e note

  1. Waltner-Toews D, Biggeri A, De Marchi B et al. Pandemie post-normali. Perché CoViD-19 richiede un nuovo approccio alla scienza. Recent Progr Med 2020;111(4):202-04.
  2. Funtowicz SO, Ravetz JR. Science for the post-normal age. Futures 1993;25(7):739-55.
  3. Tallacchini M. Preparedness e coinvolgimento dei cittadini ai tempi dell’emergenza. Per un diritto collaborativo alla salute. Epidemiol Prev 2020;44(2):114-19.
  4. Guerzoni M. Coronavirus, Boccia: chi vuole riaprire ne sarà responsabile. E ora gli scienziati diano risposte chiare. Corriere.it, 13.04.2020. Disponibile all’indirizzo: https://www.corriere.it/politica/20_aprile_13/boccia-chi-vuole-riaprirene-
    sara-responsabilee-ora-scienziati-diano-risposte-chiare-bd518522-7dc6-11ea-bfaa-e40a2751f63b.shtml (ultimo accesso: 29.10.2021)
  5. Wildavsky A. Speaking Truth to Power. Boston, Little Brown and Co., 1979.
  6. Per una descrizione di vari modelli di relazione tra expertise e policy maker si rimanda a Liberatore e Funtowicz in un numero speciale di Science and Public Policy: Liberatore A, Funtowicz SO. ‘Democratising’ expertise, ‘expertising’ democracy: what does this mean, and why bother? Science and Public Policy 2003;30(3):146-50.
  7. Per una lista dei DPCM del 2020: AdnKronos. Covid, 2020 anno del Dpcm: tutti i decreti del presidente. 29.12.2020. Disponibile all’indirizzo: https://www.adnkronos.com/covid-2020-anno-del-dpcm-tutti-i-decreti-del-presidente_4xlQnxyIe6kdD1yq3wfbVo?refresh_ce (ultimo accesso: 29.10.2021).
  8. La conferenza stampa di Mario Draghi del 16.04.2021 è disponibile all’indirizzo: https://www.youtube.com/watch?v=T8S4SJ4ecR8 (ultimo accesso: 29.10.2021).
  9. L’autorizzazione di EMA del vaccino di AstraZeneca è disponibile all’indirizzo: https://www.ema.europa.eu/en/news/ema-recommends-covid-19-vaccine-AstraZeneca-authorisation-eu (ultimo accesso: 29.10.2021).
  10. Il comunicato di AIFA sull’autorizzazione del vaccino di AstraZeneca è disponibile all’indirizzo: https://www.aifa.gov.it/-/aifa-autorizzato-vaccino-astrazeneca (ultimo accesso: 29.10.2021).
  11. Il documento di estensione agli under 65 di AstraZeneca è disponibile all’indirizzo: https://www.aifa.gov.it/
    documents/20142/1314153/Circolare_Ministero_Salute_22022021.pdf (ultimo accesso: 29.10.2021).
  12. Il comunicato stampa di AIFA sull’ingiustificato allarme verso AstraZeneca è disponibile all’indirizzo: https://www.aifa.gov.it/-/aifa-ingiustificato-allarme-sulla-sicurezza-del-vaccino-astrazeneca (ultimo accesso: 29.10.2021).
  13. Il comunicato di AIFA sulla sospensione precauzionale di AstraZeneca è disponibile all’indirizzo: https://www.aifa.gov.it/-/aifa-sospensione-precauzionale-del-vaccino-astrazeneca (ultimo accesso: 29.10.2021).
  14. Il documento sull’uso preferenziale di AstraZeneca sulla popolazione over 60 è disponibile all’indirizzo: https://www.aifa.gov.it/documents/20142/0/79629_1.pdf (ultimo accesso: 29.10.2021).
  15. Il verbale del CTS del 12 maggio 2021 è reperibile all’indirizzo: https://emergenze.protezionecivile.gov.it/it/
    sanitarie/coronavirus/verbali-comitato-tecnico-scientifico (ultimo accesso: 29.10.2021).
  16. Tallacchini M. Tessere nel puzzle della pandemia: per una comunicazione istituzionale secondo complessità. Epidemiol Prev 2021;45(3):135-39.
  17. Forgione F. La science policy radicata: il science advisor negli Stati Uniti e l’esperienza Covid-19. Epidemiol Prev 2021;45(6):453-56.
  18. Commissione delle Comunità Europee. La governance europea. Un libro bianco. 25.07.2001. https://ec.europa.eu/transparency/regdoc/rep/1/2001/IT/1-2001-428-IT-F1-1.Pdf (ultimo accesso: 22.10.2021).
  19. Il decreto di istituzione del CTS è disponibile all’indirizzo: https://www.protezionecivile.gov.it/static/173e16f4799eaac11b720a17afb66c47/Decreto_CD_371_del_5_febbraio_2020.pdf (ultimo accesso: 22.10.2021).
  20. La composizione del nuovo CTS è disponibile all’indirizzo: https://www.salute.gov.it/portale/nuovocoronavirus/dettaglioContenutiNuovoCoronavirus.jsp?lingua=italiano&id=5432&area=nuovoCoronavirus&menu=vuoto (ultimo accesso: 29.10.2021).
  21. I dati europei si possono trovare sul sito di AGENAS: https://www.agenas.gov.it/covid19/web/index.php (ultimo accesso: 29.10.2021).
  22. I dati del 16.12.2021 elaborati da Gimbe parlano di una media italiana del 7,2% di over 50 non ancora vaccinati. Dati aggiornati all’indirizzo: https://coronavirus.gimbe.org/vaccini.it-IT.html (ultimo accesso: 16.12.2021).456_att3.pdf
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