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E&P 2011, 35 (5 EPdiMezzo) dicembre, p. 3-3
DOI: —
Comunicazione
La notte dell’inquisitore: televisione e telefonini
Riassunto
lo stato d’animo che mi ha sopraffatto alla visione della trasmissione Report di domenica 27/11 sull’uso dei telefoni mobili è simile a quella che mi ha lasciato la lettura di Morte dell’inquisitore di Leonardo Sciascia
Commenti: 2
1.
Istituto Superiore di Sanità
Caro Eugenio,
ho apprezzato il tuo commento al servizio “Onda lunga” curato da Sabrina Giannini e trasmesso nella puntata di Report del 27-11-2011.
L’unica frase che mi lascia perplessa è la seguente: “Il tutto è certamente aggravato dal silenzio - o da risposte tardive - da parte delle Istituzioni preposte che sarebbero chiamate a livello nazionale a esprimere un proprio parere, orientare quindi l’opinione pubblica su questi temi e pronunciarsi sulle eventuali misure di sanità pubblica e precauzione. Una carenza nei confronti dei cittadini che lascia la responsabilità di ogni dichiarazione, pro o contro, a singoli ricercatori per quanto autorevoli e competenti.”
La condivisione delle conoscenze è l’unico metodo che io conosca per sviluppare un dialogo rispettoso e produttivo. Perciò credo che i lettori di E&P abbiano bisogno di qualche informazione in più sull’interpretazione delle evidenze scientifiche sui possibili effetti cancerogeni dell’esposizione a campi elettromagnetici a radiofrequenza (RF) e sulle loro implicazioni di sanità pubblica rispetto a quelle che hanno ricevuto negli ultimi due anni.
Riguardo alle evidenze scientifiche, oltre all’opinione di Angelo Levis e Rodolfo Saracci (al quale mi legano stima e affetto), mi permetto di raccomandare anche i seguenti documenti:
- Ahlbom et al. Epidemiologic evidence on mobile phones and tumor risk: A review. Epidemiology 2009; 20:639-52.
- European Health Risk Assessment Network on Electromagnetic Fields Exposure (EFHRAN). Report on the analysis of risks associated with exposure to EMF: In vitro and in vivo (animals) studies. Report D3 to the European Commission, July 2010 (http://efhran.polimi.it).
- European Health Risk Assessment Network on Electromagnetic Fields Exposure (EFHRAN). Risk analysis of human exposure to electromagnetic fields. Report D2 to the European Commission, July 2010 (http://efhran.polimi.it).
- Verschaeve et al. In vitro and in vivo genotoxicity of radiofrequency fields. Mutat Res 2010; 705:252–268.
- Repacholi et al. Systematic review of wireless phone use and brain cancer and other head tumors. Bioelectromagnetics 2011 Oct 21; doi: 10.1002/bem.20716.
- Juutilainen et al. Experimental studies on carcinogenicity of radiofrequency radiation in animals. Crit Rev Environ Sci Technol 2011; 41:1–32.
- World Health Organization (WHO). Electromagnetic fields and public health: mobile phones. June 2011; http://www.who.int/mediacentre/factsheets/fs193/en/index.html.
- Swerdlow et al. Mobile phones, brain tumours and the Interphone Study: where are we now? Environ Health Perspect 2011; Epub ahead of printing 1 July 2011 http://dx.doi.org/10.1289/ehp.1103693.
- National Cancer Institute (NCI). Cell Phones and Cancer Risk. Fact sheet 3.72 Update 24 October 2011 (http://www.cancer.gov/cancertopics/factsheet/Risk/FS3_72.pdf )
Per quanto riguarda la gestione del rischio, è importante chiarire che questa non è una funzione dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) né di nessun altra agenzia pubblica di ricerca; si tratta di una prerogativa degli organi di governo di ciascun paese.
Due diverse attività, invece, sono in linea con le funzioni di enti pubblici di ricerca quali l’ISS:
1. la divulgazione delle conoscenze scientifiche [esaustiva, obiettiva, scientificamente argomentata e (difficoltà immensa) efficace nel raggiungere i diversi destinatari e nel modularsi in modo appropriato alle specificità cognitive, emotive e lessicali di ciascuno di loro];
2. le valutazioni scientifiche dei diversi approcci alla risk governance in condizioni di incertezza scientifica e di elevata percezione del rischio.
Negli ultimi 15 anni mi sono occupata in modo estensivo dei possibili effetti a lungo termine dell’esposizione a RF, in particolare della loro eventuale cancerogenicità. Ho partecipato direttamente alla ricerca epidemiologica in questo ambito e ne ho seguito gli sviluppi, ma ho anche studiato il problema della comunicazione, della percezione del rischio e dell’analisi sociologica sull’impatto di diversi tipi di intervento.
In questi settori di ricerca, “non strettamente-epidemiologici”, è stato fatto molto, seppure non ancora abbastanza.
A partire dalla seconda metà degli anni ’90, la Commissione Europea ha finanziato numerosi progetti collaborativi sulla comunicazione delle evidenze scientifiche sulle RF, un'area caratterizzata da elevata percezione del rischio (COST 244, COST 244bis, COST 281, EMF-NET, fino ad arrivare a EFHRAN ancora in corso). Contemporaneamente, alcuni stati Europei (es. Inghilterra, Germania, Austria, Svizzera) hanno dedicato una quota non indifferente del budget per la ricerca sugli effetti sanitari dell’esposizione a RF al tema della comunicazione, percezione e gestione del rischio. Lo stesso Ministero della Salute italiano ha sponsorizato un progetto di questo tipo (CAMELET), al quale ho partecipato.
L’Agenda OMS delle priorità di ricerca sulle RF pubblicata nel 2010 (http://www.who.int/peh-emf/research/agenda/en/index.html) dedica il capitolo più esteso ai “Social science research needs” (pp.23-25).
Rimandando all’Agenda per le priorità indicate per il prossimo futuro, voglio riportare due brani che si riferiscono agli studi che, in base alle priorità indicate nel 2006, hanno valutato (a) l’impatto delle misure di precauzione sul livello di preoccupazione nella società; (b) il livello di percezione del rischio ed i meccanismi di formazione delle opinioni e delle sensazioni riguardo alla relazione tra esposizione a RF e salute.
Brano (a): “The research has mostly explored the question of whether or not awareness of a precautionary approach has the effect of attenuating or intensifying public concern. Several research groups have addressed this question, suggesting that precautionary approaches tend to intensify rather than attenuate perceptions of risk (Barnett et al., 2007 & 2008; Schütz, Wiedemann & Clauberg, 2007; Timotijevic & Barnett, 2006; Wiedemann & Schütz, 2005; Wiedemann et al., 2006). Conceptual scientific considerations of precaution from a social perspective can be found in the work of Hom et al. (2009) and Stilgoe (2007).”
Brano (b): “The studies published in this area since 2006 can best be characterized as exploring the psychological processes that underline responses to risk, using EMF as an exemplar hazard. Siegrist, Keller & Cousin (2006) demonstrate the importance of emotion in responses to EMF. Siegrist, Cousin & Frei (2008) identify biases that help explain why lay assessments of risk differ from professional risk assessments. For example, confidence was greater in studies that showed a risk, compared to those showing no risk. Confidence was also greater when risk estimates were in line with prior attitudes, compared to those at variance with prior attitudes. Finally, White et al. (2007) explored the variability of risk estimates depending on who is identified as the target of the risk (e.g. self, others or children). Most notably they demonstrated that preferences for handset regulation were predicted by perceptions of risk to others, along with perceived benefits to self.”
Judy Barnett et al. (2007), ad esempio, hanno documentato l’impatto negativo delle raccomandazioni espresse nel 2000 dal Chairman dell’Independent Expert Group on Mobile Phones and Health (IEGMP), Sir William Stewart, sia sulla percezione del rischio, sia sulla fiducia nella sanità pubblica.
Le conoscenze acquisite spiegano perché l’OMS, il National Cancer Institute (NCI) la Food and Drug Administration (FDA) e altre agenzie governative negli Stati Uniti, in Europa e altrove, non forniscono più suggerimenti prudenziali, ma si limitano ad informare sulle modalità d’uso dei telefoni cellulari utili a diminuire l’assorbimento di energia durante le chiamate vocali.
L’altra notizia che vorrei comunicare ai lettori di E&P riguarda i retroscena dell’intervista che ho concesso alla redattrice di Report. Avrei volentieri rifiutato quell’intervista, perché Report non è un forum di divulgazione scientifica, ma ci sono state pressioni istituzionali e così ho accettato.
Il giorno in cui ho rilasciato l’intervista (11-11-2011) né io, né il Direttore del CNESPS sapevamo che l’ISS aveva risposto ad una richiesta del Consiglio Superiore di Sanità (CSS) riguardo all’opportunità di introdurre misure precauzionali a seguito della valutazione della cancerogenicità delle RF effettuata dalla IARC nel maggio 2011. Il parere, che suggeriva di adottare misure di prudent avoidance, era stato redatto dai Dipartimenti Tecnologie e Salute e Ambiente e Prevenzione Primaria dell’ISS e trasmesso al Ministero della Salute il 13 ottobre 2011. Mentre io e la D.ssa Salmaso abbiamo ricevuto copia di questo parere il 2 dicembre 2011, la giornalista ne era probabilmente già al corrente il giorno della mia intervista.
Nel servizio della Giannini, infatti, c’è questa strana sequenza di battute:
- S. LAGORIO: E quello che è importante forse è informare le persone sui livelli di esposizione.
- S. GIANNINI: No, sulle precauzioni da prendere, essendo forse cancerogeno.
- S. LAGORIO: Non lo fa l’Oms, finora non lo fa neanche l’Istituto.
Quest’ultima frase è un esempio riuscito di cosa si può ottenere da una persona adottando la tecnica di ripetere anche dieci volte una domanda variandone le sfumature, ignorando sistematicamente le risposte dell’intervistato e mettendo a durissima prova la sua serenità e capacità di autocontrollo.
Per chiarire, riporto la sequenza del dialogo originale.
SG: Lei è d’accordo con il Dr. Wild [il Direttore della IARC] che sia opportuno raccomandare ulteriori studi e l’adozione di misure di precauzione specialmente per i bambini?
SL: Le affermazioni del Dr. Wild riportate nella press release 208/2011 con cui la IARC annunciava la classificazione delle RF sono certamente autorevoli ma personali. Le monografie della IARC non includono mai indicazioni per la ricerca futura, né misure di sanità pubblica conseguenti alle valutazioni effettuate. Sarà l’OMS ad entrare nel merito di queste implicazioni nella valutazione complessiva dei rischi sanitari da esposizione a RF annunciata per il 2012. Al momento attuale l’OMS, in accordo alla prassi per cui la classificazione di un agente nel gruppo 2B della IARC non comporta di per sé l’adozione di nessuna particolare misura di sanità pubblica, non ritiene necessaria una revisione degli attuali standard di esposizione, né suggerisce l’adozione di misure di precauzione.
SG: Ma qual è la posizione ufficiale dell’ISS?
SL: Su che cosa? Sulle evidenze scientifiche relative al rischio di tumori in relazione all’uso del cellulare?
SG: No, sulle precauzioni da prendere, essendo forse cancerogeno.
SL: Non mi risulta che l’ISS abbia espresso una posizione ufficiale su questo argomento.
SG: Ma lei ritiene che l’ISS dovrebbe suggerire l’adozione di misure di precauzione?
SL: L’ISS è un ente pubblico di ricerca e non svolge funzioni di gestione del rischio. Queste funzioni spettano al governo, al ministero della sanità.
SG: Cioè l’istituto non si sente di dare nel frattempo anche ai giovani, ai bambini che se lo tengono sotto il cuscino la notte, di dire almeno, visto che può essere cancerogeno non tenetelo sotto il cuscino, usate l’auricolare… cioè: non è che sia difficile darle queste misure precauzionali, sono cose banali.
SL: Neppure l’OMS al momento suggerisce l’adozione di misure di precauzione. Non lo fa l’Oms finora, non lo fa neanche l’Istituto.
Quest’ultima frase è balorda, me ne rendo conto. Volevo ribadire che, visto che l’OMS sta aspettando di concludere la sua attività di valutazione delle evidenze scientifiche prima di considerare le varie opzioni in materia di azioni da intraprendere, non mi sembrava strano che l’ISS si comportasse in maniera analoga. Ma ero esausta ed è andata così.
Comunque, io non credo alle coincidenze e non penso sia un caso se tutte le principali testate italiane all’indomani della puntata di Report riportavano la notizia che il CSS, il 24-11-2011, aveva trasmesso al Ministero della Salute quanto deliberato nella seduta del 15-11-2011 e in particolare (in accordo al parere dell’ISS del 13-10-2011) i suggerimenti di:
- promuovere semplici comportamenti individuali quali l’utilizzo di sistemi “a mani libere”, un’autolimitazione delle telefonate non necessarie, l’utilizzo di messaggi di testo, in quanto può contribuire a limitare le esposizioni ai campi elettromagnetici a radiofrequenza emessi dai telefoni cellulari;
- precisare che l’adozione di tali misure riveste carattere del tutto prudenziale in quanto, stante l’incertezza sui possibili effetti dell’esposizione alle RF emesse dai telefoni cellulari, rimane dubbio il beneficio sanitario derivante dall’uso del telefono cellulare medesimo;
- sottolineare l’opportunità che i bambini siano educati e sensibilizzati a un utilizzo non indiscriminato del telefono cellulare, che non dovrebbe essere loro proposto come un oggetto di uso comune, ma limitato alle situazioni di necessità.
Dopo la puntata di report del 27-11-2011, l’ISS ha ricevuto la lettera di un avvocato (datata 28-11-2011) che chiedeva di smentire ufficialmente le mie dichiarazioni poiché, in assenza di smentita, e laddove a carico del suo organismo si fossero verificati danni a seguito dell’uso non regolamento e/o guidato dei telefoni cellulari, avrebbe fatto valere i suoi diritti risarcitori nei confronti del Ministero della Salute. Questo avvocato non è un cittadino preoccupato; è un professionista specializzato in diritto ambientale, in danni alla persona e in class actions.
Ora, io sono co-autrice di un articolo [Lagorio S, Vecchia P. An Italian Court recognizes the occupational origin of a trigeminal neuroma in a mobile telephone user: a case-study of the complex relationships between science and laws. Med Lav 2011; 102: 144-162] che potrebbe porre qualche problema alla difesa del ricorrente contro l’INAIL nel terzo livello di giudizio (ricorso in Cassazione da parte dell’INAIL), fase in cui il procedimento si trova attualmente.
Voglio sottolineare che né io, né Paolo Vecchia abbiamo avuto alcun ruolo in questo procedimento.
Tuttavia, non è difficile capire quali vantaggi possa sperare di ottenere un professionista specializzato in class actions dallo screditamento morale e professionale di un ricercatore e - per estensione – dalla perdita di credibilità delle sue pubblicazioni agli occhi di un magistrato.
In conclusione, in “Onda lunga”c’è qualcosa di più minaccioso che non la semplice pseudo-inchiesta scientifica a tesi preconfezionata che “umilia il dibattito scientifico”.
Perciò, cari colleghi e amici, smettiamola di credere e far credere che le evidenze scientifiche sui possibili danni a lungo termine dell’esposizione a RF e le loro implicazioni di sanità pubblica siano semplicemente argomenti scientifici controversi, da affrontare in modo trasparente secondo i dettami del “respectful disagreement’. In gioco ci sono interessi economici, professionali e individuali che di scientifico non hanno assolutamente nulla.
In questo quadro, presentare come ricercatori persone che nell’ambito specifico (non su altri temi, cui possono aver dato e continuare a dare importanti contributi) sono membri di advocacy groups (con tutto il rispetto per le motivazioni che hanno guidato questa scelta), significa fare il gioco di chi persegue questi tipi di interesse e non quelli dello sviluppo delle conoscenze e della tutela della salute pubblica.
2.
Dipartimento Tecnologie e Salute, Istituto Superiore di Sanità
Cara E&P
sono uno dei ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) che ha partecipato alla stesura del parere per il Ministero della Salute, relativo alla classificazione IARC dei campi elettromagnetici a radiofrequenza, citato da Susanna Lagorio nel commento precedente.
Ritengo necessario effettuare alcune precisazioni su quanto dichiarato da Susanna in merito a questo parere, ma non posso farlo senza premettere alcune considerazioni sulla trasmissione Report e anche su come questa trasmissione è stata commentata sul sito di E&P. Nella mia personale scala di valori, infatti, prevale su ogni altra considerazione la solidarietà più totale con Susanna per il trattamento indegno che le è stato riservato per confezionare un servizio “giornalistico” che Benedetto Terracini in un altro commento pubblicato su questo sito dichiara avere un “grande pregio”, consistente nel richiamo alla necessità di limitare l’uso dei cellulari e di educare i nostri figli in tal senso.
La visione del servizio di Report sui telefoni cellulari ha lasciato in me l’impressione di un servizio spregevole (altro che “grande pregio”!) per gli stessi motivi qui esposti da Eugenio Paci, ma anche dallo stesso Terracini che però mi sembra parlarne quasi come se fossero degli aspetti secondari. Richiamare alla necessità di limitare l’uso dei cellulari da parte dei bambini utilizzando i metodi della caccia alle streghe è inaccettabile, e quindi non può essere pregevole, come sono inaccettabili le affermazioni di chi, come Franco Berrino sempre su questo sito, si dichiara “favorevole ad un po’ di inquisizione sui conflitti di interesse negli studi epidemiologici” perché tanto “chi è senza peccato saprà difendersi”.
Vorrei far notare che tutto ciò non causa un danno a soggetti impersonali come le compagnie telefoniche, ma neanche ai suoi strapagatissimi manager che chi ha visto il servizio di Report avrà notato non farsi problemi a dichiarare tranquillamente, e senza quel minimo di competenza che possa giustificare tali prese di posizione, che è questione di buon senso dire che l’uso prolungato dei telefoni cellulari può causare danni alla salute.
I danni di questo clima di caccia alle streghe li subiscono invece i ricercatori che fanno onestamente il loro lavoro, e che se ritengono non sussistere motivi scientifici per ritenere che esista un rischio connesso all’utilizzo dei telefoni cellulari, lo dichiarano apertamente, senza porsi il problema che questa loro opinione possa renderli impopolari, o addirittura renderli destinatari di lettere anonime con insulti e minacce come è successo a Susanna, la quale ha omesso di farlo presente in questa sede, forse per non prestarsi ad accuse di vittimismo. Spero che mi scusi per averlo fatto io.
Ma non solo i singoli ricercatori sono danneggiati dal clima di caccia alle streghe, ne risente la stessa ricerca scientifica nel campo della salute pubblica, e quindi la salute pubblica stessa. A che pro finanziare ricerche scientifiche sui possibili fattori di rischio per la salute se l’unico verdetto ammesso è quello di condanna? E quale ricercatore che non abbia l’idea preconcetta che un dato agente chimico, fisico o biologico sia pericoloso per la salute potrà essere interessato ad effettuare le sue ricerche sui possibili rischi per la salute di questo agente per il solo desiderio scientifico di sapere come stanno effettivamente le cose? Come definire infine una scala di priorità negli interventi di prevenzione se l’elemento principale per decidere non è una valutazione obiettiva dei rischi, ma è se la data esposizione ambientale è più o meno funzionale agli interessi delle multinazionali?
Vengo adesso alle mie precisazioni all’intervento di Susanna, ricordando in primo luogo che l’ISS con il suo parere non ha risposto al Consiglio Superiore di Sanità (CSS), ma al Ministero della Salute che aveva chiesto un analogo parere anche al CSS. Il parere dell’ISS inviato al Ministero della Salute è stato da quest’ultimo trasmesso per conoscenza al CSS, il quale, anche (ma non solo) sulla base del parere dell’ISS, il 15 novembre ha emesso il proprio parere che è stato infine inviato al Ministero della Salute. Il Ministero della Salute ha quindi pubblicato, il giorno successivo alla messa in onda del servizio di Report, un comunicato stampa in cui veniva diffusa l’informazione dell’esistenza del parere del CSS.
La mia precisazione fondamentale a quanto dichiarato da Susanna è che nel suo parere l’ISS non “suggerisce” di adottare misure di precauzione o comunque di prudent avoidance. Il parere richiesto dal Ministero all’ISS infatti era relativo, oltre che ad una valutazione dello stato delle conoscenze scientifiche, alle misure precauzionali già suggerite dal Direttore della IARC che aveva dichiarato, secondo quanto riportato nel comunicato stampa della stessa IARC relativo all’avvenuta classificazione dei campi elettromagnetici a radiofrequenza nel gruppo 2B, che “è opportuno incoraggiare l’adozione di semplici misure pratiche, come l’utilizzo dell’auricolare o l’impiego della messaggistica, per ridurre l’esposizione”.
Nel parere ISS si legge: “inoltre, questo Istituto ritiene che semplici misure precauzionali come l’utilizzo di sistemi a “mani libere”, come auricolari e sistemi viva-voce, un’autolimitazione delle telefonate non necessarie, l’utilizzo di messaggi di testo al posto delle conversazioni telefoniche, possono essere consigliate per limitare le esposizioni ai campi elettromagnetici a radiofrequenza emessi dai telefoni cellulari, purché sia sempre tenuto presente, e correttamente comunicato alla popolazione, che si tratta di semplici inviti alla prudenza, in quanto resta dubbio il corrispondente beneficio sanitario consistente in una riduzione dei potenziali rischi per la salute”.
Al Ministero che chiedeva un parere circa l’opportunità di tali semplici misure per ridurre le esposizioni come consigliato dal Direttore della IARC, quindi, l’ISS rispondeva che tali misure (ai quali abbiamo aggiunto l’autolimitazione delle telefonate non necessarie per completare ciò che può avere senso fare per ridurre le esposizioni, ammesso che si vogliano ridurre le esposizioni) potevano essere consigliate, purché ne venisse ben compreso il carattere prudenziale a fronte di un dubbio beneficio sanitario.
È comprensibile che chi non è a conoscenza del quesito del Ministero possa equivocare, e credere che sia lo stesso ISS a farsi promotore di tali inviti alla prudenza. In realtà l’ISS aveva posto l’accento sull’incertezza della stessa esistenza di un beneficio sanitario, ma per quanto riguarda gli inviti alla prudenza rivolti alla popolazione generale da parte, eventualmente, del Ministero della Salute, l’ISS si è espresso non opponendovisi (“possono essere consigliate” invece di “non devono essere consigliate”), ma neanche dichiarandone la necessità (“possono essere consigliate” invece di “devono essere consigliate”): in accordo con quanto scritto da Susanna, l’ISS si occupa di valutazione dei rischi, non della loro gestione.
Non mi è poi chiaro da cosa deduca Susanna che la giornalista era a conoscenza del parere dell’ISS. Tutto è possibile ovviamente ma, anche sulla base di quanto riporta Susanna, a me sembra che la giornalista volesse evidenziare al massimo il cinico comportamento dell’ISS che non vuole neanche dire ai bambini una cosa così semplice come quella di non tenere il cellulare sotto il cuscino, perché è evidente che secondo la giornalista le misure precauzionali, anzi, vere e proprie misure di prevenzione (dubito però che ne conosca la differenza), devono necessariamente essere prese per tutelarsi dai rischi ormai quasi certi (sempre secondo la giornalista) connessi all’utilizzo di telefoni cellulari. Tra l’altro, se la giornalista fosse stata a conoscenza del parere dell'ISS, o anche quello del CSS, perché avrebbe dovuto utilizzare quest’argomento dei cellulari da non tenere sotto il cuscino (abbastanza ridicolo per chi sa qualche cosa delle emissioni dei telefoni cellulari) di cui non c’è traccia in nessuno dei due pareri?
Non c’è poi bisogno di credere nelle coincidenze per spiegarsi il perché la stampa abbia dato notizia del parere del CSS il giorno dopo la trasmissione: è stato il Ministero della Salute infatti a pubblicare il giorno dopo un comunicato stampa che ne dava notizia. Perché lo abbia fatto proprio il giorno dopo la trasmissione può essere materia di interessanti discussioni, che non riguardano però direttamente l’ISS, tranne il fatto che l’ISS, e Susanna in particolare, non sono stati trattati con molto riguardo (e secondo me neanche lo stesso Ministero ci ha fatto una bella figura, visto che ha legittimato chiunque a pensare – Berrino docet! - che si sia mosso solo per via del servizio di Report, quando in realtà tutto il processo che si è concluso con il parere del CSS è cominciato mesi prima).
A questo proposito Susanna cita quanto riportato dalle principali testate italiane, cioè che i contenuti del parere del CSS, compresi tre “suggerimenti” per il Ministero, sarebbero stati definiti in accordo con il parere dell’ISS. In realtà le cose non stanno esattamente così, come cercherò di spiegare suggerimento per suggerimento.
Primo suggerimento: “promuovere semplici comportamenti individuali quali l’utilizzo di sistemi “a mani libere”, un’autolimitazione delle telefonate non necessarie, l’utilizzo di messaggi di testo, in quanto può contribuire a limitare le esposizioni ai campi elettromagnetici a radiofrequenza emessi dai telefoni cellulari”; come già discusso, non si tratta di un suggerimento dell’ISS, che si è limitato a fare presente di non opporsi a semplici misure per la riduzione dell’esposizione, mentre si tratta di un suggerimento del CSS.
Secondo suggerimento: “precisare che l’adozione di tali misure riveste carattere del tutto prudenziale in quanto, stante l’incertezza sui possibili effetti dell’esposizione alle RF emesse dai telefoni cellulari, rimane dubbio il beneficio sanitario derivante dall’uso del telefono cellulare medesimo”; qui viene riportato esattamente quanto espresso nel parere dell’ISS, per cui può essere considerato un suggerimento dell’ISS: si tratta infatti di valutazioni che rientrano appieno nei compiti dell’ISS.
Terzo suggerimento: “sottolineare l’opportunità che i bambini siano educati e sensibilizzati a un utilizzo non indiscriminato del telefono cellulare, che non dovrebbe essere loro proposto come un oggetto di uso comune, ma limitato alle situazioni di necessità”; questo suggerimento non trova alcun riscontro nel parere dell’ISS, nel quale si parla di bambini solo a proposito delle lacune ancora esistenti nelle conoscenze scientifiche, ma non in relazione alle possibili misure di precauzione. Personalmente mi sembra ragionevole che, una volta deciso che l’uso del telefono cellulare sia meritevole di particolari precauzioni per via di possibili rischi per la salute, considerazioni etiche possano spingere a considerare opportuno un maggior livello di cautela per i bambini, ma queste considerazioni sono al di fuori dell’ambito di competenza del mio Istituto, e per questo non hanno trovato spazio nel parere ISS.
Le mie precisazioni finiscono qui, le posizioni assunte dall’ISS possono essere oggetto di discussioni e anche di critiche ovviamente, ma mi sembra importante che tali eventuali discussioni e critiche si svolgano sulla base di ciò che è effettivamente successo e delle posizioni effettivamente espresse.
Concludo sottolineando che, come forse la stessa Susanna non si è resa completamente conto, la sua posizione, comprese le sue parole effettivamente andate in onda, non è così distante dalle altre riscontrabili all’interno del nostro Istituto, come incomprensioni varie e servizi giornalistici malevoli potrebbero far credere.
Cordiali saluti
Alessandro Polichetti