Abstract

In the last two decades, the debate on the meaning of science in relation to societies that create it, nourish it, and benefit from it, focused on civil society’s ability to produce knowledge. This yielded first the concept of participatory science and later the wider concept of participatory research.
Throughout Europe, numerous collective experimentations have generated countless interactions, and new interfaces between the world of research and civil society are constantly being created. But in spite of the proliferation of these experiences, a paradox slows down their acknowledgment and legitimation.
On the one hand, these interactions often go unseen and unrecognized by the institutions, public policies, and even at times their very creators. On the other hand, scientists, are still overwhelmingly wary of civil society and, perceiving only its intellectual deficit and lack of comprehension, they fail to consider the study and development of these interactions as being of primary importance.
The Sciences and Society Alliance, which was recently founded in France, provides a platform where these collaborative experiences can be collected, studied, supported, communicated, and institutionally acknowledged. The launch of this process, which is soon to be European in scope, answers the need to bring science into the democratic path tread by the societies that create it. In its ability to compose diversity, this process is an example of deep democracy.

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Riassunto

Negli ultimi vent’anni, il dibattito sul senso delle scienze, in relazione alle società che le generano, che le nutrono e che ne beneficiano, ha portato la sua attenzione sulla capacità della società civile di produrre conoscenza, generando dapprima il concetto di scienza partecipata, successivamente quello più ampio di ricerca partecipata.
Attraverso l’Europa, numerose sperimentazioni collettive hanno dato vita a una moltitudine di interazioni e sempre nuove interfacce vanno creandosi tra mondo della ricerca e società civile.
Ma di fronte al proliferare di queste esperienze, si assiste a un paradosso che ne rallenta il riconoscimento e la legittimazione. Da una parte, queste interazioni rimangono sovente invisibili e non riconosciute agli occhi delle istituzioni, delle politiche pubbliche e degli attori stessi che le animano. Dall’altra, il mondo scientifico, ancora permeato da un timore diffuso nei confronti della società civile della quale percepisce solo il deficit intellettuale e di comprensione, non considera prioritario né lo studio né lo sviluppo di queste interazioni. L’Alleanza Scienza Società, costituitasi recentemente in Francia, ha strutturato uno spazio in cui queste esperienze collaborative possono convergere per essere studiate, rinforzate, comunicate e riconosciute a livello istituzionale. L’avvio di questo processo, che si accinge a diventare europeo, risponde all’imperativo di portare le scienze sul cammino democratico percorso dalle società che le generano e, per la sua capacità di comporre la diversità, costituisce un esempio di democrazia profonda.

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La capacità di avere aspirazioni e disegnare il futuro

Le idee di futuro, come quelle che riguardano il passato, sono intrinseche alla cultura e si nutrono di essa.1 A livello internazionale è in atto da tempo una riflessione culturale sul senso delle scienze in relazione alle società civili che le generano, le nutrono e ne beneficiano.

Nel 1995, Mark Moore, politologo a Harvard, pubblicava un libro sull’amministrazione pubblica nel quale sviluppava il concetto di «valore pubblico», definito come un modo di misurare i benefici totali – economici e non economici – derivanti dagli investimenti e dalle politiche pubbliche.2

Le idee di Moore attraversarono l’Atlantico e, nel corso degli anni, il concetto di valore pubblico ha guadagnato forza nel dibattito sulla riforma del servizio pubblico, portando alcuni autori a estendere il ragionamento all’ambito scientifico.3 Questa estensione ha posto la questione di quale sia il valore pubblico della scienza e di come potrebbe essere una scienza di pubblico valore. Nel tentativo di rispondere a queste domande, l’attenzione è stata posta sul coinvolgimento della società civile nel processo scientifico, non più solo a valle con l’obiettivo di favorire la comprensione del pubblico, ma in tutte le fasi della ricerca.

Negli ultimi decenni, numerose sono state le sperimentazioni collettive che, a vario titolo e grado, hanno visto collaborare ricercatori e cittadini: persone che intrecciano professionalità, competenze, saperi e abilità differenti, facendo ricerca in modo diverso, disegnando nuove connessioni, ponendo nuove sfide e collaborando a ridefinire chi, come e in che modo si produce conoscenza. Già nel 1998 Bruno Latour, a proposito del rapporto tra scienza e società, scriveva: «se noi confrontiamo Galileo, solo, nella sua cella, che borbotta “Eppur si muove”, con il recente meeting a Kyoto, dove capi di stato, lobbisti e scienziati erano riuniti insieme nello stesso palazzo per discutere della Terra, noi misuriamo la differenza tra scienza e ricerca. Gli scienziati ora hanno la possibilità di scegliere se mantenere un ideale di scienza concepito nel XIX secolo o elaborare – con tutti noi, gli hoi polloi – un ideale di ricerca meglio adattato all’esperimento collettivo nel quale siamo tutti imbarcati».4 Ma affinché la rielaborazione indicata da Latour si compisse, il contratto sociale tra scienza e società fosse rinnovato, l’attenzione si spostasse dalla scienza partecipata alle interazioni tra attori della ricerca e attori della società civile e le nuove pratiche non rimanessero prerogativa di una élite marginalizzata o respinta dalla scienza ufficiale, dovevano accadere in sequenza alcuni fatti: • occorreva ammettere che le scienze riguardano tutti noi e anche i poteri pubblici, • era necessario che la società civile giocasse il proprio ruolo di contrappeso dei settori pubblici e privati e che questa funzione le fosse riconosciuta, • bisognava elaborare una “politica della pazienza” che strategicamente permettesse di raggiungere gli obiettivi prefissati e, soprattutto, • occorreva comporre quel pluriverso che le interazioni tra mondo scientifico e società civile rappresentano. In questo tracciato si colloca la genesi dell’Alleanza Scienza Società in Francia.

Primo passo verso la consapevolezza: le scienze ci riguardano

Nel 2013, al termine di un percorso durato tre anni, è stato pubblicato in Francia un volume intitolato Les Sciences. Ça nous regarde.5 Nel libro sono state raccolte 53 storie, raccontate da autori specialisti nel loro campo, frutto dell’incontro tra scienziati, giornalisti e attori dei movimenti sociali. Esse avevano l’obiettivo di pacificare i rapporti tra società civile e scienze moderne, nella consapevolezza che queste ultime rappresentano raffinati strumenti di conoscenza, ma anche di potere. Soprattutto, queste storie intendevano ricollocare le scienze in un contesto democratico, richiamando la società civile al suo ruolo, in quanto le scienze, come tutti i poteri, necessitano di essere consapevoli e sensibili all’apporto scientifico di tutti gli attori. Non si trattava di sfiducia né di rifiuto della scienza e nemmeno d’irrazionalismo, ma di pensiero critico. E autorizzare il pensiero critico è un’esigenza politica, ma anche epistemologica, perché le scienze si nutrono e prosperano nella pluralità e nell’apertura.

Rafforzare la capacità della società civile di discutere, contestare, partecipare in modo critico e di essere riconosciuta in grado di produrre conoscenza

Albert Hirschman, nel suo ormai classico lavoro sulle relazioni tra le differenti forme d’identificazione e soddisfazione collettive,6 aveva designato con i termini «lealtà», «defezione» e «protesta» un’ampia gamma di rapporti che gli esseri umani possono intrattenere nelle aziende, nelle organizzazioni e negli Stati. Affinché gli attori della società civile, come quelli del mondo della ricerca, possano maturare la capacità di avere aspirazioni e di prendere parte, orientandosi, alla definizione delle traiettorie di ricerca, è necessario che rafforzino anche la loro abilità di esercitare la protesta, intesa come capacità critica di discutere, di contestare e di contrapporre indicazioni che riflettano i propri bisogni, priorità e ambizioni.

La costituzione dell’Alleanza Scienza Società è stata preceduta da dieci anni di sperimentazioni collettive, rese possibili dalla confluenza di due reti di attori, diverse e complementari tra loro. Da una parte, c’è la rete di laboratori universitari facenti capo all’Institut Francilien Recherche Investissement Société (IFRIS), riconosciuta dallo Stato francese come rete di eccellenza e per questo dotata di un budget e di un programma finalizzati ad azioni educative, formative e di ricerca attorno alle questioni di scienza e società e sociologia della scienza. Dall’altra, troviamo l’Association Française des Petits Débrouillards (AFPD), organizzazione attiva nel campo dell’educazione alle scienze e alla tecnologia, a sua volta capofila di reti di educazione non formale. Entrambe sostenute dal Programma «Investissements d’avenir», avevano tra i loro obiettivi la costruzione di relazioni con attori esterni alle rispettive realtà.

Il punto di partenza concreto e di raccordo fra queste due organizzazioni è consistito nell’avviare, durante l’anno accademico 2011-2012, un’azione formativa, a cura del Conservatoire National des Art et Metiers (CNAM), a favore degli educatori dell’AFPD sul tema dei problemi della ricerca in Europa. Si è trattato di un primo passo, frutto di un accordo lungimirante fra i coordinatori e di una convergenza fra interessi intellettuali e obiettivi programmatici delle due reti, che ha dato l’avvio nei partecipanti a un’evoluzione profonda della consapevolezza del proprio ruolo e a una nuova concezione della cultura scientifica in termini di rapporti tra ricerca e società. Questo sviluppo ha generato una prima idea: riunire una varietà di attori dell’educazione non formale e della ricerca sociale e motivarli a riflettere su questa nuova e più complessa concezione di cultura scientifica. La seconda idea è stata domandarsi: che cosa possiamo fare insieme?

Un tale serbatoio d’idee, di progettualità e di risorse intellettuali ha permesso di dare l’avvio a due azioni, entrambe basate su pratiche già in essere: un’analisi dell’interazioni tra ricerca e società di tipo qualitativo e quantitativo e la creazione di un osservatorio permanente degli attori coinvolti.

Dal lavoro di osservazione è emerso che, nel mondo sociale, il rapporto con la conoscenza non è dibattuto e che gli attori sociali sovente non sono consapevoli di contribuire alla costruzione di conoscenza. Questa mancanza di consapevolezza determina la tendenza degli attori sociali a oscillare tra lealtà e defezione nei confronti della scienza, rinunciando alla loro capacità di protesta. È stata, pertanto, avviata una ricognizione delle interazioni già esistenti tra ricerca e società. Questa indagine ha consentito di procedere al conteggio delle ricerche in corso, del numero di associazioni coinvolte e di persone implicate, con l’obiettivo di rendere manifesto il ruolo giocato dalla società civile e misurabile il suo impatto. Infatti, palesare la capacità delle organizzazioni della società civile di fare da contrappeso nel processo di costruzione della conoscenza costituisce il presupposto per il riconoscimento di questa categoria di attori.

L’importanza del riconoscimento e la necessità di un nuovo lessico

Un altro elemento emerso durante la fase di analisi è il timore diffuso da parte del mondo scientifico nei confronti della società civile, della quale è percepito spesso solo il deficit intellettuale e di comprensione. Ne consegue che lo sviluppo delle interazioni tra ricerca e società non sia prioritario per le istituzioni scientifiche e che gran parte delle strategie elaborate tendano solo a colmare il difetto di conoscenza attraverso comunicazione, divulgazione ed educazione. Questo pone la questione se le scienze nutrano un sentimento di fiducia nella società civile, che è un prerequisito per la comprensione interculturale ovvero per l’attribuzione di una considerazione morale e per la legittimazione di coloro che hanno una visione del mondo profondamente differente dalla propria.7

Con l’approfondirsi dell’analisi, è emerso che la ricerca non aveva ancora preso in esame in modo sistematico la complessa rete di relazioni che sostiene le pratiche di interazione tra scienza e società. Per colmare questa lacuna, sono state classificate le forme di cooperazione già in essere, definendole, catalogandole ed elaborando un nuovo lessico che ne permettesse il riconoscimento. Infatti, i termini precedentemente coniati – «scienze partecipate», «scienze cittadine» e «scienze collaborative» – definiscono pratiche che ruotano attorno al mondo scientifico. In questo tipo di pratiche gli attori del mondo della ricerca governano il processo e il grado di partecipazione dei cittadini. La realtà, però, è più complessa e le interazioni tra attori della ricerca e della società civile sono andate oltre questo primo modello, diversificandosi. I termini «ricerca partecipata», «ricerca cittadina» e «ricerca collaborativa» meglio descrivono questi processi, spostando l’asse dell’attenzione al cuore dell’interazione e ridistribuendo “pesi” e ruoli degli attori che vi prendono parte. L’Alleanza Scienza Società si è in questo modo strutturata come uno spazio di cooperazione aperto in cui si sono dirette istituzioni dell’insegnamento superiore e della ricerca, organizzazioni della società civile, associazioni dell’educazione popolare, fondazioni, imprese, alcuni poteri pubblici e rappresentanti eletti.

La “politica della pazienza” e la costituzione dell’Alleanza Scienza Società

Il passaggio dalla fase liquida alla fase che ha cristallizzato, dandole corpo, l’Alleanza Scienza Società è stato possibile accoppiando a dieci anni di lavoro in rete attraverso l’Europa una “strategia della pazienza”, intesa come politica a lungo termine.

L’Alleanza è stata costituita nel secondo semestre del 2012 e ha colto la sua prima opportunità di entrare nel dibattito parlamentare in occasione delle Assise dell’insegnamento superiore e della ricerca. Organizzate dall’omonimo Ministero francese, le Assise avevano, infatti, lo scopo di avviare una consultazione pubblica sulla nascente Legge per l’insegnamento superiore e la ricerca.

Configurata come un gruppo di riflessione collettiva, prospettica e proattiva, l’Alleanza Scienza Società ha deciso di contribuire all’elaborazione della legge affinché mettesse in luce l’importanza delle relazioni fra ricerca e società civile. Si è trattato di un lavoro molto accurato, supportato economicamente da IFRIS e AFPD, e sintetizzato in un fascicolo, che è stato portato all’attenzione dell’Assemblea nazionale il 21 marzo 2013 durante un colloquio organizzato dall’Alleanza Scienza Società. In parallelo, continuava il lavoro volto a costruire e a strutturare l’Alleanza: costituzione dell’associazione, definizione di filosofia e principi, elaborazione di una carta, redazione di obiettivi programmatici.

Fino a quel momento, gli elementi della “politica della pazienza”, attuata da questo raggruppamento inaspettato e capace di attivarsi attraverso i confini con modalità orizzontali nuove, erano stati il coinvolgimento delle istituzioni governative, il dialogo con i decisori politici, il collegamento con le fonti di finanziamento. Occorreva ora aggiungere un momento fondatore e l’orizzonte internazionale.

Comporre la complessità, intrecciare i confini, costruire ponti tra ricerca e società in Europa

Il lungo lavoro in rete che aveva preceduto la costituzione dell’Alleanza Scienza Società aveva permesso di prendere atto del moltiplicarsi e dell’intensificarsi delle forme d’interazione tra ricerca e società civile, mettendo in evidenza una grande pluralità e complessità, che necessitava ora di essere riordinata. Nel contempo, aveva reso manifesto il fatto che paradossalmente le interazioni sono tanto numerose quanto invisibili agli occhi delle istituzioni, delle politiche pubbliche e persino degli stessi attori che le animano. Dopo avere contribuito alla Legge per l’Insegnamento superiore e la ricerca, l’Alleanza Scienza Società ha cominciato a progettare l’organizzazione di un’iniziativa che potesse consentire di comporre la complessità di quel pluriverso, rendendolo visibile e intellegibile e creando le premesse di un processo a lungo termine.

Il colloquio-forum «Reinventare l’Alleanza Scienza Società»,8 organizzato a Parigi nei primi giorni del gennaio 2015, ha raccolto la sfida di andare oltre il colloquio accademico per divenire un evento prodotto collettivamente da attori del mondo della ricerca e della società civile, con l’obiettivo di cominciare a elaborare un programma a lungo termine articolato e condiviso.

Così come per descrivere le interazioni tra ricerca e società era stato necessario coniare un nuovo lessico, per questo evento era necessario creare uno spazio di dibattito che non esprimesse l’identità di una sola delle sue parti. Per tale ragione, è stata messa a punto una scenografia mirante a conciliare le diverse anime del colloquio-forum ed è stato creato uno spazio di confronto neutrale.

Durante il colloquio-forum, per facilitare la comprensione e rendere visibile ai diversi attori la grande diversità e ricchezza, le interazioni sono state classificate secondo quattro grandi famiglie di interfaccia presentate sotto forma di scambi di esperienze sul campo:

  • ricerca/politica,
  • ricerca/economia,
  • ricerca/educazione,
  • ricerca/cultura.

Questo confronto si è rivelato utile anche per tessere nuove alleanze fra i partecipanti. Gli scambi, sotto forma di conferenze, tavole rotonde, tavole di controversie e workshop, hanno anche offerto la possibilità di condividere dei quadri di analisi delle interazioni e la formulazione di diagnosi sul loro funzionamento e sul ruolo che giocano nella produzione di conoscenza all’interno della società. Il caucus europeo e il caucus internazionale hanno, invece, rappresentato un terzo piano di lavoro. Si è trattato di sessioni a porte chiuse, durante le quali i partecipanti, figure-chiave dell’interfaccia fra ricerca e società a livello internazionale, hanno riflettuto collettivamente su una concezione più evoluta e complessa di cultura scientifica e tecnica in Europa e sulla possibilità di avvalersi del Programma Horizon 2020.

Le prime reazioni del mondo istituzionale

Sebbene il mondo politico sia rappresentato da gente tradizionalista, l’Alleanza Scienza Società ha trovato in Francia l’ascolto e il favore di alcuni deputati e senatori. Da alcuni anni, infatti, agisce sul mondo politico una certa pressione, che spinge i rappresentanti politici a sostenere una relazione più stretta e coordinata tra ricerca e società. Il colloquio-forum «Reinventare l’Alleanza Scienza Società» ha mostrato loro che esiste un soggetto che non si può ignorare: l’interfaccia tra mondo della ricerca e società civile. Ha messo sulla tavola una questione che ha una dimensione politica e sociale, cioè come gestire tale interfaccia. E ha reso evidente che le politiche scientifiche devono tenere conto della domanda che è stata posta.

In seno alle istituzioni di ricerca, la reazione è stata eterogenea: i presidenti di istituzioni come l’Institut National de la Recherche Agronomique (INRA) e il Centre de Cooperation International en Recherche Agronomique (CIRAD) hanno partecipato con grande apertura al colloquio-forum «Reinventare l’Alleanza Scienza Società» e numerose sono le esperienze collaborative che i loro ricercatori hanno riportato. Molteplici sono state anche le esperienze di ricerca collaborativa in campo biomedico narrate dai loro protagonisti. All’altro capo, invece, un’istituzione come il Commissariat à l’Energie Atomique et aux Energies Alternatives (CEA) si è mostrata molto chiusa al dibattito. Tra questi due estremi si sono collocate reazioni di varia intensità.

Per quanto riguarda i singoli ricercatori, molti non sembrano essere interessati alla questione, una quota quantitativamente meno importante segue la discussione con attenzione e solo una minoranza sperimenta forme di ibridazione. Le ragioni di questa partecipazione non massiva sono certamente molteplici, ma non possiamo non sottolineare che oggi i ricercatori soffrono una pressione enorme dovuta alle priorità e ai ritmi dei progetti in cui sono coinvolti, alla competizione permanente e al succedersi di riforme che ne destabilizzano il ruolo. In questo contesto, sollecitarli a riflettere sulle questioni poste dall’Alleanza significherebbe sottoporli a una tensione ulteriore. Il tempo e nuove direzioni delle politiche di ricerca potranno mostrargli che esistono nuove dimensioni da esplorare e rendere attive.

Obiettivi generali e prospettive future

Il colloquio-forum ha rappresentato un momento cruciale del processo, in quanto ha consentito ai partecipanti di comporre progressivamente il quadro che oggi caratterizza le relazioni tra ricerca e società a livello territoriale. Ha mostrato loro che le collaborazioni s’instaurano in molteplici forme, con gradi di collaborazione e di complementarità diversi, e che le questioni scottanti, le polemiche e le controversie non rappresentano che una piccola quota delle interazioni che si sviluppano. Soprattutto, ha indicato campi di applicazione, prospettive e possibili direzioni di ricerca.

Concluso il colloquio-forum, rimane oggi uno spazio in cui gli attori del mondo della ricerca e della società civile possono convergere per lavorare insieme e sperimentare nuove forme di collaborazione. Rimane un’Alleanza Scienza Società ormai visibile e che si va rinforzando, la quale ha trovato ascolto presso il Senato francese e ha suscitato l’interesse delle istituzioni europee. Rimane un processo che è cominciato e che si prospetta di lunga durata. Rimangono prospettive comuni da promuovere e costruire insieme in un percorso delicato e fragile, che si delineerà strada facendo. Soprattutto, rimane una grande diversità di approcci, di metodi, di visioni, di percorsi, vitale per affrontare le nuove sfide che si profilano all’orizzonte.

Les Levidow, ricercatore presso la Open University nel Regno Unito, che ha partecipato al colloquio-forum di gennaio, spiega che a livello europeo ci si attende di lavorare su tre assi principali:

  1. ricavare lezioni dalle esperienze che hanno impegnato il mondo della ricerca a fianco delle organizzazioni della società civile, con l’obiettivo di rinforzare l’applicazione dei risultati e di rispondere ai problemi della società;
  2. elaborare proposte in merito a come le istituzioni di ricerca e gli enti finanziatori dovrebbero cambiare per promuovere gli obiettivi sopra descritti e per resistere ai programmi di riforma degli strumenti di mercato e degli indicatori di rendimento;
  3. istituire in Europa una piattaforma per scambiare esperienze, formulare proposte strategiche e pianificare interventi collettivi, come consultazioni H2020 o la partecipazione alla COP21 a Parigi.

Conclusioni

La presente narrazione si riferisce a un’esperienza nata e sviluppatasi in Francia, che va affacciandosi in Europa.9 Forse si rafforzerà, si articolerà e giungerà anche in Italia. O forse no. Ciò che si evince e che si profila essere un nuovo possibile paradigma è l’osservazione che i membri dell’Alleanza Scienza Società hanno stili, strategie, caratteristiche funzionali diverse e hanno sviluppato percorsi esperienziali differenti, ma sono tutti impegnati in un’impresa collettiva basata su un’ideologia di rischio, di fiducia, di apprendimento e di negoziazione condivisa, che sta generando un’esperienza di democrazia profonda.

Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.

Bibliografia

  1. Appadurai A. Il futuro come fatto culturale. Milano, Raffaello Cortina Editore, 2014.
  2. Moore MH. Creating Public Value: Strategic Management in Government. Cambridge, Harvard University Press, 1995.
  3. Wilsdon J, Wynne B, Stilgoe J. The public value of science. Or how to ensure that science really matters. London, Demos, 2005.
  4. Latour B. From the World of Science to the World of Research? Science 1998;280 (5361): 208-9.
  5. Larqué L, Pestre D. Les Sciences, ça nous regarde. Paris, Editions La Decouverte, 2013.
  6. Hirschman AO. Lealtà, defezione, protesta. Rimedi alla crisi delle imprese, dei partiti e dello Stato. Milano, Bompiani, 1982.
  7. Habermas J, Taylor C. Multiculturalismo. Lotte per il riconoscimento. Milano, Feltrinelli, 1998.
  8. Reinventing the Science and Society Alliance. A democratic imperative. Programma del symposium-forum tenutosi il 7-9 gennaio a Parigi. Parigi 2015. Disponibile all’indirizzo: http://alliance-sciences-societe.fr/iriss/eng/wp-content/uploads/sites/3/2014/04/program_reinventing-the-science-and-society-alliance1.pdf
  9. Bonneuil C, Joly PB. Sciences, techniques et société. Paris, La Découverte, 2013.
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