Abstract

Accurate, relevant and timely public health information is paramount in a humanitarian crisis: it can help to identify needs and priorities, guide decisions on interventions and resource allocation, monitor trends, evaluate the effectiveness of the response, support advocacy for human rights, and extract lessons that could be relevant in similar contexts. The present review shows, however, that the public health information available in humanitarian crises is, in general, inadequate and that its application is secondary to reasoning and incentives of a political nature, thus contributing to the recurrent failings of humanitarian action. This article reviews the causes of this state of affairs – cultural, political/institutional/methodological and ethical – that hinder the production, dissemination, and use of information for determining which interventions should be implemented or modified. Traditional epidemiological skills and methods are poorly suited to humanitarian contexts. The approaches and tools that have been introduced in crisis contexts require validation and improvement. There is a need for more field “barefoot epidemiologists” who are able to collaborate with anthropologists, demographers, and sociologists to better understand the priorities to be addressed in a crisis. Evidence, however, is not enough per se: it is political will that is the key factor in the use, or not, of information in decision-making concerning humanitarian resources and interventions.

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Riassunto

Un’informazione di sanità pubblica accurata, pertinente e tempestiva è essenziale nelle crisi umanitarie: può aiutare a definire necessità e priorità, guidare le decisioni sugli interventi e l’allocazione delle risorse, monitorare le tendenze, valutare l’efficacia della risposta, difendere i diritti umani ed estrarre lezioni che si possano applicare in contesti simili. Questa rassegna mostra, però, come, nonostante la crescente richiesta di dati per giustificare gli investimenti in assistenza umanitaria, l’informazione di sanità pubblica disponibile nelle crisi umanitarie sia, in generale, carente e secondaria a logiche e incentivi di carattere politico, contribuendo così ai ripetuti fallimenti che affliggono l’azione in questi contesti.
L’articolo passa in rassegna le cause culturali, politico/contestuali, metodologiche ed etiche che ostacolano la produzione, la circolazione e l’uso di informazioni per decidere quali interventi sanitari mettere in atto o modificare. Le competenze e i metodi epidemiologici classici sono poco adatti in un contesto umanitario e gli approcci e strumenti che sono stati introdotti richiedono di essere validati e raffinati. C’è bisogno di un maggior numero di “epidemiologi scalzi”, con esperienza sul campo e che sappiano lavorare con demografi, antropologi e sociologi per capire meglio le necessità prioritarie alle quali dare risposta in una crisi. L’evidenza di per sé, però, non è sufficiente: a essere determinante nell’uso o meno dell’informazione per le decisioni sulle risorse e gli interventi umanitari è la volontà politica.

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