Editoriali minuti di lettura
E&P 2021, 45 (3) maggio-giugno, p. 140-141
DOI: https://doi.org/10.19191/EP21.3.P140.055
Comparabilità Sistema Sanitario
Prevenzione e Servizio sanitario nazionale: un’integrazione da rifondare nel prossimo decennio
Prevention and the Italian National Health Service: an integration to rebuild in the next decade
All’inizio di aprile alla domanda (del sito Va Pensiero): «Quale sarebbe la prima cosa che cercherebbe di fare come ministro della salute italiano?» ho risposto: «Riempire urgentemente le falle aperte dal COVID-19 nel Servizio sanitario nazionale (SSN). Quanto alle riforme, debbono partire dal franco riconoscimento che, quantunque “le cose sarebbero potute andare anche peggio”, siamo di fatto di fronte a un colossale fallimento della sanità pubblica (dei sistemi, non delle persone) e prima di tutto della prevenzione: qualunque riforma sarà futile se non è indirizzata a correggere radicalmente questo fallimento di sistema».1
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR),2 documento pilota delle politiche italiane 2021-2026 e condizione vincolante dell’accesso ai fondi speciali dell’Unione europea (EU), delinea ora un insieme di misure atte a riempire le falle aperte dal COVID-19 nel SSN, molte già preesistenti allo stato di crepe di varia larghezza. Nella sezione n. 6 dedicata alla salute, il piano è, invece, attualmente silente quanto a correzioni radicali e a un deciso orientamento del sistema verso la prevenzione, per la quale viene solo indicata «la definizione entro la metà del 2022, a seguito della presentazione di un disegno di legge alle Camere, di un nuovo assetto istituzionale per la prevenzione in ambito sanitario, ambientale e climatico, in linea con l’approccio one health».
Fino a dove questa definizione possa arrivare va visto nell’attuale contesto generale, italiano ed europeo, del PNRR. I piani di rilancio europeo possono essere interpretati, stante le loro notevoli dimensioni, come il segno di un ritorno in forza dello stato nell’economia, dopo decenni di privatizzazioni. Un articolo de Le Monde3 ammoniva che si tratta di investimenti di natura ben diversa da quella degli anni 1945-1975 che miravano al controllo del mercato attraverso nazionalizzazioni o sovvenzioni, mentre gli investimenti attuali si pongono obiettivi generali (come la transizione ecologica) affidandosi per la realizzazione ai meccanismi di mercato entro i quali incoraggiano progetti da parte di attori privati con prospettive di rendimento finanziario. In Francia, un recente rapporto4 commissionato dal governo, e non irrilevante per l’Europa, sottolinea il carattere contingente all’epidemia degli investimenti, mentre ribadisce l’ortodossia di bilancio e l’obiettivo primario della riduzione del debito pubblico da realizzare a carico della spesa corrente e della redistribuzione sociale. Nel settore sanitario, la riduzione complessiva dei letti ospedalieri è finora mantenuta e gli aumenti salariali al personale ospedaliero sono stati, anche in piena epidemia, modesti. In Italia, le cifre del Documento di economia e finanza (DEF) 20215 raccontano una storia simile per il comparto sanitario. Al di fuori degli investimenti del PNRR, che permetteranno l’aumento dei letti di terapia intensiva e subintensiva, il finanziamento di attrezzature ospedaliere e di importanti strutture della medicina territoriale, la spesa pubblica per il SSN in percento del PIL, aumentata bruscamente dal 6,5% del 2019 al 7,5% del 2020, è programmata in discesa progressiva al 7,3% nel 2021, 6,7 % nel 2022, 6,6% nel 2023 e 6,3% nel 2024 (meno che nel 2019): in milioni, si passa dai 115.710 del 2019 ai 123.474 del 2020 e ai 124.410 del 2024.
Con questi vincoli, una reimpostazione complessiva del SSN in tempi brevi, modificandone la rotta nella direzione della prevenzione, appare chimerica. In linea di principio, dovrebbe invece essere possibile nell’ambito degli investimenti del programma Next Generation EU (di cui il PNRR costituisce il segmento principale) l’avvio della reimpostazione, centrato selettivamente su un aspetto ineludibile, il piano di preparazione e risposta alle emergenze sanitarie, in primo luogo alle pandemie. Nel gennaio scorso è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il nuovo “Piano strategico operativo di preparazione e risposta a una pandemia influenzale (PanFlu) 2021-23”,6 considerato nell’introduzione come il precursore «di un piano pandemico nazionale che comprenda tutte le patologie respiratorie ad alta trasmissibilità e patogenicità». A livello europeo, la Commissione europea ha appena terminato la fase consultativa per un progetto legislativo comunitario istituente una nuova agenzia, la European Health Emergency Preparedness and Response Authority (HERA), destinata, come discusso in una lettera a The Lancet,7 a coordinare i diversi aspetti di preparazione e risposta dei Paesi dell’EU, dalle dotazioni in mezzi materiali (dispositivi protettivi, medicinali, vaccini) ai meccanismi di monitoraggio delle epidemie, all’armonizzazione delle politiche di intervento, tutti aspetti di cui il COVID-19 ha messo crudamente in luce l’attuale inadeguatezza.
Le modalità di disegno del prossimo piano pandemico nazionale e la sua concretizzazione, dalle riserve di mezzi materiali alla disponibilità e formazione permanente del personale, sono doppiamente rilevanti: in se stesse e come primo test in scala naturale della fattibilità di rifondare radicalmente l’integrazione della prevenzione nel SSN, facendone il centro e principio del sistema che ne regola le priorità (“prima la prevenzione”)8 e il conseguente dispiegamento di mezzi sia interni al sistema sia intersettoriali ed esterni. L’“imperativo prevenzione”9 deriva dalla considerazione che i molteplici effetti patologici delle emergenze sanitarie, in particolare delle pandemie, così come la molteplicità delle malattie croniche “sindemiche”10 o “socialmente trasmissibili”11 – caratterizzate da determinanti comuni localizzati nell’ambiente personale, che dipende dai comportamenti individuali, o nell’ambiente generale, materiale e sociale – possono essere affrontate con due strategie alternative. La prima privilegia l’approccio che tratta ciascun effetto e malattia individualmente in un’espansione permanente delle forme patologiche e dei mezzi di diagnosi e cura. La seconda le attacca a livello dei determinanti comuni. Centrare un sistema sanitario su questa opzione risponde direttamente all’esigenza di base che «è meglio essere sani che malati o morti»,12 mentre privilegiare la prima alternativa implica tra le altre conseguenze un’inarrestabile crescita della domanda di servizi sanitari e del carico del lavoro su quelli disponibili, dilatando i costi in modo non sostenibile nel medio-lungo termine.
Questa dinamica, sospinta nei Paesi ad alto e medio-alto reddito dai progressi della biomedicina e dall’invecchiamento delle popolazioni, è in atto da decenni e induce misure di contenimento dei costi. Nel clima economico iniziato dal 1980, i servizi sanitari pubblici, sottoposti a riduzioni dei finanziamenti, hanno o delegato dei compiti al settore privato o adottato forme gestionali del settore privato, incrementando la produttività attraverso l’aumento delle prestazioni e la diminuzione dei costi, principalmente del personale. Questo funzionamento fa prevalere la competizione e il corto termine sulla cooperazione, l’integrazione e il lungo termine necessari alle strategie e pratiche di prevenzione.
In questo quadro generale, in cui 4 P medicine significa non solo predictive, preventive, personalized, participative, ma anche privatise and push productivity for profit,13 il cammino per rifondare la prevenzione al centro del SNN si presenta quindi lungo – è irrealistico stimarlo in meno che decennale – e tutto in salita. Per intraprenderlo, sono attualmente disponibili. accanto a documenti centrati sulle epidemie,6,14,15 un articolo di origine accademica16 e due densi documenti ministeriali (con non rare ridondanze): il PNRR2 con un allegato17 e il Piano nazionale della prevenzione 2020-2025,18 del quale si attende l’articolazione nei piani regionali. Manca a questo stadio anzitutto una chiara indicazione delle priorità, necessariamente – per non cadere nel velleitario – in numero limitato e scaglionate nel tempo, e degli impegni di risorse. Un lungo cammino in salita, che ambisce a ricentrare il SSN, non può essere né intrapreso né sostenuto senza essere approfonditamente pensato e senza il supporto permanente della comunità scientifica così come della società civile.
Due concetti sono fondamentali: primo, la prevenzione, come il COVID-19 mostra ogni giorno, è irrealizzabile senza la partecipazione cosciente e attiva dei cittadini; secondo, non è possibile che la salute sia un obiettivo trasversale in tutte le politiche e nell’approccio one health se per cominciare la prevenzione non è al centro del sistema sanitario. Il modo ottimale per iniziare il cammino è organizzare, mentre si realizza il piano pandemico nazionale, una “Conferenza per la prevenzione” che riunisca due componenti: scientifica e tecnica (rappresentanti di un ventaglio di discipline, professioni e strutture ministeriali) e civile (associazioni, ONG, imprese), con lo scopo di far emergere priorità socialmente condivise e concretizzabili nel loro contenuto e nei percorsi per realizzarlo. Mi auguro che l’Associazione italiana di epidemiologia sappia farsi promotrice di questa iniziativa, disegnandone la fisionomia.
Conflitti di interesse dichiarati: nessuno.
Bibliografia
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- Quotidiano sanità. Def 2021. Boom spesa sanitaria nel 2020-2021 ma dal 2022 il rapporto spesa/Pil inizia a calare. Disponibile all’indirizzo: http://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=95007 (ultimo accesso: 04.06.2021).
- Ministero della salute. Piano strategico-operativo nazionale di preparazione e risposta a una pandemia influenzale (PanFlu) 2021-2023. Disponibile all’indirizzo: https://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italiano&id=3005 (ultimo accesso: 04.06.2021).
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